11. Vicolo cieco

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"Siete una massa di ignoranti. Non mi importa quanto mi supplicherete alla fine dell'anno, io all'esame di maturità non ammetterò nessuno di voi" cantilena il professor Lombardi, con il dolce sottofondo della campanella che continua a suonare.

Simone lo ascolta a malapena perché, mentre i suoi compagni sfrecciano veloci fuori dalla classe, la tracolla del suo zaino rimane incastrata sotto uno dei piedi della sedia, e ci impiega qualche secondo di troppo a liberarsene. Si ritrova ad essere l'ultimo a lasciare la classe.

"Balestra" lo richiama il suo insegnante, porgendogli il libro da cui ha provato a leggere qualche paragrafo agli alunni, durante la lezione. "Riporta questo libro in biblioteca, lontano da quelle capre dei tuoi compagni. Che vergogna."

A questa richiesta, Simone esita qualche secondo prima di rispondere. "Uh, sì, certo. Arrivederci."

Percorre il corridoio che lo separa dalla biblioteca con il cuore in gola e, quando mette finalmente piede al suo interno, lo fa non prima di aver preso un respiro profondo.

"Ciao."

Mimmo, che stava posando un libro sullo scaffale, si gira di scatto appena riconosce la sua voce. Lo guarda con occhi grandi e pieni di sorpresa.

"Simo. Ciao."

"Ciao" ripete Simone, schiarendosi la voce. L'ultima volta che ha visto Mimmo in questa stanza, è stato l'ultimo momento che hanno passato insieme prima della sua partenza, quando entrambi erano in lacrime e determinati a provare quel sentimento per sempre. Gli fa così tanto effetto rivederlo qui, ma prova ancora a fare finta di niente. "Il prof Lombardi mi ha chiesto di consegnare questo."

Mimmo fa scivolare lo sguardo sul libro che gli sta porgendo. "Uh, sì, lo ha preso stamattina. Grazie" risponde, avvicinandosi per riprenderselo. "Sono - sono contento di rivederti. Cioè, grazie per avermelo riportato tu, il tuo professore m fa nu poc paur."

Simone si lascia andare ad un mezzo sorriso comprensivo. "Be' e pensa che sta per diventare mio nonno, tipo. O una cosa del genere."

"Che dici? Lui e tua nonna si sposano?"

"Oddio, no. Non ancora, almeno" risponde Simone, terrorizzato alla sola idea di assistere ad un matrimonio del genere. "Però mio padre sì. Cioè, lui si sposa. Infatti devo andare, oggi io, lui e Manuel andiamo a comprare gli abiti per la cerimonia, perciò..."

"Simò?"

Ecco, appunto.

Simone si gira a guardare Manuel che, sulla porta, li sta fissando con aria sospettosa.

"Annamo? Prima facciamo 'sta cosa, prima ce leviamo er pensiero."

"S-sì, arrivo" risponde Simone, riportando lo sguardo su Mimmo che sembra dispiaciuto di doverlo già salutare. Si sente così tanto in colpa. "Devo andare, noi..."

"Ci vediamo?" la butta lì Mimmo, tirando fuori un coraggio che neanche sapeva di avere. "Se non hai da fare, stasera. Potremmo... potremmo andare sul muretto vicino al Colosseo, ti ricordi? Io, te e un paio di birre."

Dio, Simone certo che se lo ricorda. Il posto in cui Mimmo lo ha baciato per la prima volta. Era così incredulo e facile quel giorno, non gli sembrava vero di provare finalmente qualcosa per una persona che lo ricambiasse. E ora, a distanza di un anno da quel momento, si sente un perfetto stupido perché sta lasciando andare l'unica cosa vera di tutta la sua vita.

"Va bene, Mì. A stasera, allora."

E il sorriso enorme che gli rivolge Mimmo lo fa sentire davvero in colpa.

"A stasera, Simo."

Raggiunge Manuel che lo sta aspettando sulla porta e gli fa cenno di andare. Ovviamente, però, non se lo fa bastare e comincia a riempirlo di domande come al solito, mentre percorrono il corridoio che porta alle scale.

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