9. Aspettando La Tempesta

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La calma gelida che l'aveva caratterizzata nelle ultime ore era svanita, stava impazzendo, camminava avanti e indietro nella sua camera in modo frenetico, era nervosa, in ansia.

Mille pensieri le affollavano la mente e se avesse potuto disattivare il cervello per sempre non avrebbe esitato un singolo secondo, ma non poteva, non finché non avesse risolto il problema.

Aveva saltato tutte le lezioni della giornata, non succedeva da quando si era ammalata di vaiolo del drago due anni prima, una malattia molto contagiosa tra i maghi che le aveva procurato un colorito della pelle verdastro, al solo pensiero le tornavano i brividi.

Uscita dalla sala grande aveva raggiunto la sua stanza più velocemente di un bolide intento a colpire la sua vittima.

Non avrebbe sopportato gli sguardi dei compagni un secondo in più; era abituata a essere guardata, tutti i giorni, costantemente, ma oggi, se possibile, erano ancora più insistenti.

I mormorii degli studenti, prima esili bisbigli tra i corridoi, ora sembravano essere urlati da ogni angolo della scuola.

Aveva ripensato a Jacques, non lo faceva da due anni, dopo ciò che era successo si era obbligata a dimenticarlo, ma evidentemente quel ricordo era semplicemente stato segregato in una parte nascosta della sua mente e ora stava riaffiorando, ferendo come l'affilata lama di un coltello a contatto con la pelle.

Un dolore sopportabile, non acuto, ma costante, senza fine.

Quel tipo di dolore che provi quando ripensi al tuo passato e rimpiangi di essere nel presente.

Nostalgia, questa è la parola che più si avvicina all'emozione provata dalla ragazza.

E Rose era molto nostalgica.

Nostalgica di Jacques e di Parigi, nostalgica di ciò che era e che poteva essere, nostalgica della felicità che provava e che probabilmente non avrebbe più provato.

Tra il trambusto dei suoi pensieri non si era nemmeno accorta che qualcuno era entrato nella sua stanza e si stava avvicinando a lei senza presentarsi per non distrarla dai suoi pensieri.

Arrivato dietro di lei Scorpius la strinse allacciandole le braccia al ventre, bloccando così la sua frenetica camminata.

La ragazza sussultò, poi iniziò a tranquillizzarsi coccolata dal profumo di lui, profumo di serenità.

Scorpius era la sua ancora, l'ultimo filamento della corda rotta della sua vita che le impediva di cadere a terra e rompersi definitivamente, come un vaso di cristallo appesso ad un esile filo di raso.

-Devi riposarti Rose- gli sussurrò all'orecchio causandole leggeri brividi sulla pelle.

-Se mi risposo non risolverò niente-

-Non risolverai niente nemmeno continuando a rimuginare su ciò che è successo, per una volta lascia che siano gli altri ad occuparsi di te-

La ragazza esitò a rispondere.

Non doveva essere difficile lasciare che qualcuno si occupasse di lei, allora perché non ci riusciva?

-Non ne sono capace-

-Per questo ci sono qui io-

La rossa finalmente si girò verso di lui, alzando il mento in modo da poterlo guardare negli occhi.

-Non sapevo di aver ordinato un cavaliere dai capelli bianchi per cena-

Disse ironicamente lei per smorzare la tensione creata dalle parole non dette, ma urlate nel loro silenzio.

-Invece eccomi qui, hai altri due desideri-

-Mhh avrei un po' fame, puoi fare qualcosa per questo?-

Il ragazzo guardò l'orologio pensoso, poi annuì.

Nemici, Amanti e... - ScoroseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora