Tutti i miei ricordi

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Tutti i miei ricordi
saranno tuoi
da te non mi difendo

Mahmood

Alla fine, Ghali voleva invitarmi a un pranzo insieme a tutti gli altri concorrenti. Qualcosa di "semplice", cosí aveva detto.

Adesso che entro nel ristorante, non mi sembra tanto semplice come cosa. I cantanti sono seduti attorno a un taaolo rettangolare e tra il grande gruppo vedo anche Amadeus. Una domanda mi sorge spontanea ma la nascondo, anche da me stesso.

Il passato deve rimanere passato e ora ho bisogno di concentrarmi sul presente. Inspiro e mi avvicino ad Emma. l
Come ogni cara amica, si è subita il racconto doloroso della mia "non-storia" con quello stronzo di Marco Mengoni. All'inizio voleva ucciderlo, ma adesso credo lo voglia solo picchiare. In ogni caso, lo odia a morte.

In fondo, mi dispiace. Una parte di me sa che Marco non è una persona orribile, ma ciò che è successo l'ha modellato con i lineamenti affilati e con il volto da stronzo.

Mi avvicino piano ad Emma, sorridendo per la felicità che vedo nei suoi occhi. Adesso, anche io sono felice e non c'e niente di meglio della serenità interiore.

Mi blocco d'un tratto. Il sangue mi si gela nelle vene. I respiri si incastrano nella gola, faccio fatica a respirare normalmente.

Lui è qui.

Marco è qui e anche se è girato di spalle, la sua presenza è come una doccia fredda. Lo sento dappertutto, il suo profumo, la sua voce. Mentirei se dicesso che non mi è mancato.

Mi avvicino lentamente alla tavola imbandita e subito mi viene incontro Emma. Ho legato molto con lei, sopratutto dopo quello che c'è stato con Marco. È stata un punto di riferimento, una spalla su cui piangere e un amica con cui ridere.

«Ale!» mi saluta, stringendomi in un abbraccio caloroso.
«Come stai, tesoro?» chiede, prendendomi per mano e facendomi sedere su una sedia. Lei a sua volta si siede alla mia destra, guardandomi con occhi sereni.

«Proprio come stavo ieri sera, quando ci siamo visti» rispondo con tranquillità. A volte posso sembrare rude, quasi scortese, ma con lei posso permetterlo: sa che ė solo il mio modo di essere.

Pian piano tutti si siedono attorno al tavolo, mantenendo l'aria pieno di chiacchericci. L'unica sedia rimasta vuota è quella alla mia sinistra.
«Manca qualcuno?» domando a Emma, curioso e al contempo indifferente della risoosta.

«No.» risponde una voce alle mie spalle, che mi vibra nel petto. La sedia striscia sul pavimento e prende posto niente meno che lui.

Dio mio, cosa ho fatto di male?

Mi volta dall'altra parte, puntando lo sguardo su Emma che come sempre sembra infastidita dalla presenza di Marco. Con lo sguardo le chiedo aiuto ma lei fa spallucce.

«Allora Marco» inizia Stash, dall'altro capo del tavolo. Cerco di ascoltare il discorso senza sembrare troppo ovvio e riesco a sentire alcune parole.
"Concerto", "duetti", "casa nuova", "fidanzato". La conversazione si ferma proprio su quest'ultimo punto e io mi faccio più attento.

«No, non c'è nessuno».
«Come no? -strilla BigMama-, sei cosí bello e bravo. Se nessuno ti vuole ti prendo io». Il commento attira su di sè l'attenzione generale e la sala si riempe di risa.

Marco si aggiunge e quel suono cristallino mi porta indietro nel tempo, a mesi fa.

«E invece tu, Ale?» chiede lui. Lo guardo di sottecchi, scoccandogli un occhiataccia degna del nome. Io? Io ho messo da parte l'amore per dedicarmi alla mia musica. Dopo Marco non c'e stato nessuno.

«Sí, Ale! Ho sentito che ti frequenti con quel modello... com'è che si chiamava?» aggiunge Angelina, rivolta ad Annalisa. Lei scuote la testa in visibile difficoltà. Non mi piace che si parli della mia vita privata, anche se so che è inevitabile.
«Nicholas forse? Sicuramente iniziava per "n"... Noah!».

Una lampadina si accende nel mio cervello. Noah è un semplice amico, niente che possa stuzzicare il mio interesse... però questo non lo sa nessuno. Sghignazzo sotto i baffi.

«Non posso dire niente» ridacchio, alzando leggermente la voce per farmi sentire anche da Marco. Sento il calore emanato dal suo corpo avvolgermi in un abbraccio, segnale che si è avvicinato leggermente. Sorrido. È sempre stato un tipo curioso lui, pieno di domande da fare.

«Torno subito» dico e mi alzo, diretto verso il bagno. Entro nella stanza e mi specchio. I capelli ordinanti, il lupetto nero aderente, i pantaloni di pelle. Sono io sí, ma non sembro io allo stesso tempo.

Alle mie spalle sento la porta aprirsi e uno scatto secco. So già chi è senza bisogno di voltarmi. Rimaniamo io e lui, con la porta chiusa.

«Allora è cosí» inizia, avvicinandosi lentamente. Lo sguardo è serio ed ha preso posto al sorriso che si era stampato per parlare con gli altri. Ma con me non c'è bisogno di fingere.

«Sí». È cosi vicino che sento il suo respiro caldo sul collo, la sua mano raggiunge il mio braccio e prende ad accarezzarlo piano. È troppo vicino.

Avvicina la bocca al mio orecchio. Sento il corpo reagire al suo tocco come se non fossero passati anni ma solo qualche giorno. «Menti».

Mi bacia la punta dell'orecchio, le labbra si fermano sulla pelle per un secondo che sembra durare un eternità. Sono morbide e leggere, e si posano in un tocco delicato. Scariche elettriche mi si irrariano nel corpo.

«Non sai niente» bisbiglio, fremo sotto al suo tocco, le sua mani delicate. Mi lascia un bacio sul collo, leggero, quasi impercettibile eppure mi si imprime sulla pelle come inchiostro.

«So quando menti: socchiudi gli occhi e storci il naso». Guardo le nostre figure riflesse sullo specchio. Sono accaldato e lui è dietro di me, con il busto che spinge sulla mia schiena. Appoggia le mani sul lavandino, intrappolandomi.

«Marco...» lo imploro. Non posso fare niente di quello che stiamo facendo... ho detto basta a tutto e il tutto comprende anche lui.

«Non hai bisogno di mentire con me, Ale.» sussurra al mio orecchio. Mi fa voltare e ci ritroviamo faccia a faccia. Il marrone dei suoi occhi è diventato più caldo, sembra quasi miele. Respira in modo scordinato e il suo petto va su e giù veloce.

«Cos'è? Più bravo di me?» ridacchia, avvicinando il viso al mio. Ci separano solo pochi centimentri. «Bacia meglio di me?». In un gesto improvviso le sue labbra sono sulle mie.

Come se stessi aspettando solo quello, ricambio in automatico, spingendo su di lui. Le nostre lingue si rincorrono in una danza lenta mentre le sue mani raggiungono i miei fianchi.

«Marco, no». Lo spingo via, lontano da me, dal mio cuore, dalla confusione che sto provando. Le labbra gonfie dei miei baci si serrano. Sembra deluso ma, allo stesso tempo, felice. Indecifrabile, come sempre.

«Non possiamo» dico semplicemente, due parole che racchiudono un mondo di cui lui e solo lui è a conoscienza. Annuisce piano e poi sorride leggermente.

«Mi dispiace Ale» sussurra. "Per cosa?" vorrei chiedergli, "perchè mi hai fatto male in troppi modi perchè basti solo una scusa". Ma rimango zitto, come sempre.  Come quando se n'è andato prima che io potessi accorgermi di avere il cuore spezzato.

«È troppo tardi per scusarsi».
Scuote la testa e sembra... ferito. Quasi mi metto a ridere per quella sua espressione. Ero io quello ferito. Lo sono ancora.

«Non potevo... non posso portarti con me nel mio casino» sussurra, prima di uscire dal bagno lasciandomi solo e pieno di domande.

Casino? Quale casino?

Questo capitolo è stato un parto però non mi dispiace.

Piano piano riuscirete a capire i motivi della brusca fine di questo rapporto e anche dei comportamenti di Marcolino... pazientate (;

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