Capitolo 6

4 0 0
                                    

Entro in biblioteca con lo zaino strapieno di libri e le mani occupate da due quaderni e l'astuccio che non riuscivo a far entrare nello zaino.

Non appena metto piede all'interno, qualsiasi cosa che avevo tra le mani mi cade sbadatamente davanti alla bibliotecaria che mi guarda trattenendo un sorriso e sghignazzando.

Le dedico uno sguardo sufficiente con una smorfia antipatica per poi inchinarmi a prendere le mie cose.

Quando riesco finalmente a sistemarmi, mi avvicino al tavolo più lontano da questa simpaticissima ragazza e butto tutto alla rinfusa.

Mi guardo intorno e, esattamente come il giorno prima, nel tavolo davanti a me c'è lo stesso ragazzo cupo di ieri che mi osserva di sottecchi.
Nell'istante in cui io poso il mio sguardo su di lui, si dilegua e fa finta di niente.

Eppure io l'ho già visto.

Passo il resto del pomeriggio a ricopiare gli appunti di Sara e a guardare di sfuggita, senza farmi vedere, il ragazzo di fronte.

È incredibile, in tutte le volte che gli ho lanciato uno sguardo, lui non ha mai tolto gli occhi dal suo quaderno e dai libri che lo circondano.

Sicuramente è un secchione.

Vorrei davvero tanto provare a parlarci, provare a scambiare qualche parola e stringerci amicizia, ma la mia timidezza nei suoi confronti è un sentimento talmente grande che non riesco ancora a ignorare.

Ignorata. Ecco come mi sento quando sono qui. Come fa? Eppure ha una persona davanti a lui.

In realtà, non so nemmeno se la mia curiosità nei suoi confronti sia normale, però mi sembra davvero tanto assurdo tutto questo.

Oggettivamente per me è un bel ragazzo, quando indossa gli occhiali da vista ed è così preso da quello che fa poi lo è ancora di più.

Ma ha questo velo cupo, di mistero che non riesco a togliergli di dosso.

Quando arriva l'ora di andarcene, lui come sempre mette tutto dentro il suo zaino, si alza e in un silenzio quasi disturbante si incammina verso l'uscita.

Quello che mi sconcerta però, è vedere con chi sta parlando sull' uscio della porta.
Sara è davanti a lui, mentre finisce di uscire dalla biblioteca, e insieme li vedo incamminarsi sempre più lontani.
Dal modo in cui li ho visti parlare, sembrava che i due avessero più confidenza del normale.

Magari è la sua ragazza? O una sua amica?

Sono talmente concentrata a guardare la scena, che non noto nemmeno quella simpaticona e gentilissima bibliotecaria che si avvicina a me invitandomi ad uscire.

Mi irrita talmente tanto, che nemmeno la rispondo. Prendo le mie cose e quasi correndo esco senza nemmeno salutarla.

Provo a vedere se riesco a beccarli, ma purtroppo ormai si è fatta sera e il buio di certo non mi aiuta.

La curiosità si impossessa di me, talmente tanto che quando rientro in casa, mia madre si accorge subito che in me c'era qualcosa che non andava.

«Ciao tesoro, tutto bene?»

La sua voce calda scalda il mio umore, facendomi dimenticare completamente di quella bisbetica della bibliotecaria e della giornata appena passata.

Le sorrido dolcemente annuendo, ma lei mi conosce troppo bene e continua ad indagare «sei sicura?»

Avendo un rapporto così particolare e stretto con mia madre, molte volte sono grata del fatto che mi conosca così tanto da farmi le domande giuste.
Ma purtroppo ci sono volte, come questa, che non posso mentirle e che sono obbligata a dirle la verità e a risponderla perché tanto capirebbe subito se sto mentendo.

Da quando è successo quell'episodio di un paio di mesi fa poi, è diventata ancora più protettiva nei miei confronti.

"Siamo sole e dobbiamo aiutarci a vicenda. Se non ci aiutiamo noi chi lo farà?"

Così vuoto il sacco e inizio a raccontare
«ti ricordi di quel ragazzo della biblioteca?» iniziò

Aggrotta le sopracciglia «sí certo me ne hai parlato ieri»

«Anche oggi c'era»

«ti ha parlato?» chiede subito curiosa, con un faccino furbo

«no» smonto subito e schiettamente tutte le sue possibili idee che sono sicura di sia fatta in questi secondi

«Ah, vabbè... quindi?»

«Nulla, anche oggi quando stava chiudendo ha preso ed è uscito, però ho visto che proprio sull' uscio della porta c'era Sara»

Lei si volta di scatto verso di me, lasciando i piatti sul tavolo «ma Sara la ragazza della tua università?»

«Proprio lei»

«Magari sono amici»

Alzo le spalle «chissà»

«Sei curiosa?» ed ecco che le torna in mostra la faccia furba.

Ridacchio, ammettendo «un po' si, insomma non me lo aspettavo»

«Perché non provi a chiederglielo? O magari raccontagli di lui per vedere se ti dice qualcosa spontaneamente»

Alzo gli occhi al cielo pensando «no, non credo che lo farò»

«E perché mai?» continua insistendo «non c'è niente di male»

«Lo so, ma per ora no. Voglio vedere se riesco a scoprire qualcosa così»

«Fai come vuoi» si arrende sapendo benissimo che la mia testardaggine vince anche sul suo carattere.

Fisso il fuoco con una tazza di the tra le mani mentre quell'immagine continua a non andarsene dalla mia testa.

Non ha senso, non ha assolutamente senso tutto questo, e in più la mia voglia di trovare sempre delle risposte non mi aiuta per niente.

Ma la cosa che davvero non capisco, è perché mi sto interessando così tanto a una cosa così superflua e di cui a me non dovrebbe minimamente toccare.

Inevitabilmente tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora