Capitolo 7

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Sono seduta nel primo banco, davanti a me ho solo il professore che riempie questa aula di parole, e nel banco ancora una volta, un mucchio di fogli sparpagliati con ancora nemmeno una parola scritta sopra.

«Ehi Amelie, tutto ok? Ti senti bene?»

La voce preoccupata di Sara mi ricorda che ancora una volta, ho la testa tra le nuvole.
«Mh Mh» l'unico suono gutturale che sono riuscita a pronunciare mentre le accenno un sorriso tirato.

La guardo di sfuggita e noto che è preoccupata.

Cosa faccio? Glielo chiedo?

Sono combattuta, da una parte vorrei chiederle se lo conosce, o almeno provare a raccontarle qualcosa per vedere se mi dice come lo conosce, ma dall'altra parte non voglio sbilanciarmi così tanto.

D'altronde potrebbe sempre domandarmi perché mi interessa. E in quel caso cosa le risponderei?

Deciso così di evitare. Per ora.

Usciamo finalmente fuori da quell'aula così soffocante. Appena mettiamo piede fuori, Sara si gira verso me e con tutta la sua immensa dolcezza mi chiede «Amelie, sicura di stare bene? Sono due giorni che sei strana. So che non ci conosciamo, e non ho nemmeno nessun diritto di chiederti spiegazioni... però davvero se hai bisogno di qualsiasi cosa, puoi chiamarmi quando vuoi»

I suoi occhi così innocenti e il suo interessamento nei miei confronti mi fanno sciogliere il cuore.
Abbasso lo sguardo e faccio un sorriso timido «in realtà non sto tanto bene... però forse è solo perché mi sento ancora un po' spaesata»

«Allora se è questo il problema posso aiutarti io! Se a te fa piacere possiamo vederci quando sei libera e ci facciamo un bel giro per la città. Almeno inizi a prendere familiarità col posto e ti distrai un po'»

Me lo propone con così tanta euforia che non potrei mai dirle di no «accetto»

Così ci accordiamo con orario e tutto e ci salutiamo, prendendo due strade opposte.

Penso che un giorno così non potrà farmi altro che bene. Appena metto piede in casa il sorriso di mia madre mi accoglie, seguito da un abbraccio.

«Ti vedo meglio oggi tesoro»

Ci sediamo davanti al tavolo «tieni, ho appena fatto il caffè»

Lo accetto e inizio a raccontarle «Sara mi ha proposto di uscire questo fine settimana, faremo un giro per la città così inizierò ad ambientarmi»

«Bene, sono molto contenta. Un giorno così ti aiuterà a distrarti» continua «io ne approfitto per andare dalla parrucchiera allora»

«Si dice che quando una donna vuole iniziare un nuovo capitolo della sua vita lo fa tagliandosi i capelli»

Lei mi guarda sicura e piena di se «dicono bene»

La sua forza e voglia di rivincita danno uno stimolo in più a me a continuare così, a non pensare al passato anche se a volte è inevitabile.

"Non possiamo cancellare il passato, ma possiamo apprendere da esso"

Ecco cosa ho intenzione di fare ora.

Mi alzo dal divano cercando la voglia di andare in biblioteca. Mi trascino fino al salotto dove avevo buttato il mio zaino prima, saluto la mia dolce mamma lasciandole un bacio in guancia e vado in biblioteca.

Durante un breve tragitto mi metto nelle orecchie le mie adorate cuffie, perdendomi nelle note di "forgotten" di Avril Lavigne.

Ecco cosa devo fare, dimenticare.

Involontariamente, appena metto piede dentro la saletta spoglia, la prima cosa che faccio è cercare con lo sguardo quel ragazzo con gli occhiali. Il mio viso si rilassa, cercando di nascondere il mio sorriso timido, trovandolo seduto nel suo solito posto, intento, come sempre, a leggere i suoi mille fogli sul banco.

Saluto cordialmente la bibliotecaria, fortunatamente non la stessa di ieri, per poi sedermi nel mio solito tavolino.

Anche stavolta, non ci parleremo. Ma forse va bene così. D'altronde, cosa voglio ancora, davvero dalla vita? Rischiare di nuovo? Fidarmi? Farmi amici?
No. A me basto io.

Però, devo ammettere a me stessa che la sola sua presenza qui mi rende confortata, mi sento meno sola e la sensazione di conforto che mi trasmette non mi convince del tutto.

Ho paura, ma effettivamente di cosa?
Non lo so ancora nemmeno io.

Le ore passano, e con loro la mia voglia di rientrare a casa. Suona come sempre la voce della bibliotecaria avvisandoci della chiusura del posto.

Raccattiamo entrambi le nostre cianfrusaglie e ci scontriamo davanti alla porta. Lui alza finalmente il suo viso verso di me, osservandomi e facendomi cenno di passare prima.
Finalmente incrocio quegli occhi verdi, mi immergo per qualche istante in quei fitti boschi, per poi uscirne a mio malincuore.
Gli regalo un sorriso cordiale per poi dileguarmi senza voltarmi mezza volta.

Quel breve contatto è bastato per farmi andare in tilt. Il suo viso così pulito e cordiale mi ricordava costantemente un volto conosciuto, ma ora ne ho la conferma.

Io quel ragazzo l'ho già visto, ne sono sicura.

Non so dove, ne quando e nemmeno perché o in quale occasione, ma io in quei boschi mi ci sono già persa, forse anni fa.

Rientro a casa e la prima cosa che faccio è urlare «mamma vieni qui!»

La vedo sbucare dalla sua stanza da letto, appena si avvicina a me mi lascio inebriare dal suo dolce profumo mentre si tocca i capelli cercando di sistemarseli «dimmi»

Le racconto le impressioni di oggi, do voce ai miei pensieri durante il rientro, e quando finisco la vedo sbarrare gli occhi.

«che c'è?»

«Forse mi sbaglierò, ma credo di sapere chi sia»

«spiegati»

«tu l'hai già visto, perché il ragazzo che vedi tutte le sere in biblioteca, potrebbe essere il bambino che ti aveva regalato quel pupazzo sull'autobus anni fa»

Non è possibile

Inevitabilmente tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora