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«Non se ne parla proprio!»

«Carlo, ma perché? È stata bravissima, vieni a vedere in che condizioni è il mio camerino dopo il suo passaggio!»

«Carlo, prometto che me la caverò: non farò danni, lo giuro»

«Ho detto no. E adesso, Lavinia, per favore vai a ripulire il palcoscenico: oggi abbiamo bisogno di una piccola prova generale per un cambio luci dopo il guasto di ieri»

E mentre la ragazza sconsolata e delusa usciva dall'ufficio dell'impresario, questo riprese il suo rimprovero: «Ma sei fuori di testa, Vincenzo?»

«Che intendi?»

«Quella ragazza ha sedici anni! SEDICI! Pensi che sia normale che si occupi di spogliarti e rivestirti ogni sera?»

«Carlo, ti prego: è solo un lavoro. Ed è una ragazzina, non penserai mica che io...»

«No, Vincenzo, non lo penso di te. Ma potrebbe invaghirsi lei del grande attore famoso e giovane, o potrebbero iniziare a girare delle voci. O più semplicemente potrebbe non andare bene ai genitori che, con tante raccomandazioni, me l'hanno affidata per questi tre mesi. Ti prego: è filato tutto liscio fino a ora, è stata preziosa in tutto quello che ha fatto per noi. Non roviniamo questa sua permanenza qui proprio alla fine della corsa»

Vincenzo non condivideva una sola parola di ciò che Carlo aveva detto, si sentiva, anzi, offeso al pensiero che potesse aver insinuato un eventuale approccio nei confronti di quella che, in fin dei conti, era poco più di una ragazzina. Ma comprendeva le ragioni del capo e non faticava a immaginare cosa i genitori di Lavinia avrebbero potuto rispondere a una richiesta del genere. D'altra parte se al proprio posto ci fossero stati i suoi fratelli neppure una ragazza più giovane di lei sarebbe stata al sicuro. Spesso si ritrovava a riflettere, a malincuore, su quanta sporcizia ci fosse nel mondo dello spettacolo: era contento perché, sebbene il teatro non fosse certo immune da ricatti e depravazioni, lui aveva scelto di certo l'ambiente meno corrotto tra quelli nei quali avrebbe potuto mettere a frutto il proprio talento recitativo.

«Allora? L'hai convinto?»

«No, signorina, nulla di fatto. Il tuo posto è dietro le quinte, il mio regno devo tenerlo ordinato da me»

«Non capisco: credi che io abbia fatto qualcosa di male, che abbia mancato in qualcosa?»

«Non credo proprio, signorina. È solo che Carlo ci tiene a certi protocolli e se si è messo in testa che in queste ultime settimane tu ti debba occupare del retropalco, beh credo che per te non ci siano santi in paradiso da poter pregare»

«È un peccato, ci tenevo»

«Signorina, posso chiederti una cosa?» Lavinia annuì. «Cosa ci trovi di così affascinante nel mio camerino?»

Che Carlo avesse ragione? Che la giovane fosse sul punto di invaghirsi di lui?

«Scherzi, vero? Innanzitutto il semplice fatto di entrare in un camerino è qualcosa che mi fa venire la pelle d'oca dall'emozione! Sai quelle lampadine intorno allo specchio? Quelle che ti servono per verificare che il trucco sia a prova di faro: beh, ho costretto mia madre ad applicarle alla specchiera della mia camera! La mattina, quando mi preparo per la scuola, mi sembra di mettermi in ordine per il mio personalissimo spettacolo quotidiano. È una sciocchezza, lo so!»

«No, invece, è molto carino!»

No, è proprio sciocco invece, e tu sei solo un'adolescente, me lo devo ricordare.

«E poi... io ho una sorta di mania ossessiva: tutto deve essere in ordine, perché durante lo spettacolo può succedere qualsiasi cosa, l'imprevisto è sempre dietro l'angolo perciò non è bene lasciare al caso almeno ciò che si è in grado di controllare. Quindi se la giubba dorata ti occorre nell'ultimo atto, non ha senso metterla davanti a tutto, perché ostacolerebbe la vista degli abiti che ti servono per primi; se durante una scena qualcuno ti infila un dito in un occhio e il kajal si rovina, devi poterlo trovare all'istante per sistemarlo, non puoi permetterti il lusso di una caccia al tesoro tra tutti i cosmetici che hai sul tavolo, che poi dovrebbero essere puliti, altrimenti tracce di colori diversi potrebbero trasferirsi sul tuo volto: non vogliamo certo un Prospero con il naso rosso! Ecco, mettere ordine in tutto questo mi darebbe il profondo senso di essere utile alla scena»

«"La scena"... sembra l'oggetto del tuo desiderio»

«Forse lo è! Credi che sia pazza?»

«Sì, pazza da legare»

E fu quello l'esatto momento in cui si innamorò di lei. Il suo point break, il limite che non avrebbe dovuto superare, al quale non pensava neppure che si sarebbe avvicinato. E invece era lì, a un passo da quella che gli sembrava tutto fuorché una ragazzina. E mentre lei rideva e i suoi occhi si inondavano di gioia pura nell'essere consapevole di star vivendo un sogno, Vincenzo vedeva solo una giovane donna brillante, sveglia, intelligente, capace di sforzi fisici molto più intensi dei suoi, e al contempo foriera di una delicatezza d'altri tempi.

Lavinia, un metro e poco più di garbo ed educazione, biondissimi capelli che le cadevano sulla schiena come fini fili dorati e che lei, per praticità, raccoglieva in uno chignon improvvisato con l'ausilio di una matita. Lavinia, occhi celesti come il mare quando non c'è l'ombra di una nuvola all'orizzonte; denti bianchissimi in quel sorriso angelico.

Lavinia, sedici anni, studentessa di liceo. Intoccabile per un giovane uomo come lui.

Nello stesso tempo, Lavinia stessa non capiva cosa le stesse accadendo: lui non era bello, non aveva neanche quel portamento elegante che attrae magneticamente le masse di donne, eppure sin dal primo giorno c'era stato qualcosa in lui, nella sua camminata scomposta e stanca che sul palcoscenico diveniva imponente e fiera, nella sua voce sporca ma genuina che toccava l'orecchio e il cuore anche dello spettatore più emotivamente distaccato che non aveva acquistato un biglietto migliore dell'ultima fila in galleria. Non poteva innamorarsi di lui: era un uomo fatto e finito, un attore in carriera, mentre lei a breve sarebbe tornata su ridicoli banchi di scuola, dietro i quali avrebbe trascorso almeno altri due anni della propria vita.

Troppo distanti, troppo diversi: lui il giorno, sfavillante, che illumina lo spettacolo col proprio carisma e attira l'attenzione di tutto il pubblico con un solo cenno del sopracciglio; lei la notte, spenta, a nascondere le proprie lacrime di gioia nel cubicolo più stretto del teatro; lui al centro del palco; lei dietro il palco; lui il cuore della scena; lei accessoria per la scena.

Entrambi, in quella risata così spontanea e ingenua, nata dal banale racconto di una adorazione per il mondo del teatro, dovettero decidere all'istante di fare un passo indietro.

Come sempre, Carlo ci aveva visto lungo.

Servo di scena. Ovvero Sonetto 130Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora