Fare l'amore con Vincenzo non aveva nulla di simile all'amore fatto con Gabriele anni addietro. Non c'era nulla di scontato, o di sbrigativo, niente di prevedibile o meccanico: tutto sembrava dettato da qualcosa che sembrava risiedere più nelle viscere che nel cervello. Lavinia aveva sempre pensato al cervello come alla regia: è da lì che partono tutte le istruzioni che il corpo esegue. Anche i sentimenti, le emozioni, sono tutti elementi veicolati da neurotrasmettitori che comunicano nelle cellule all'interno della scatola cranica. Ma con Vincenzo neppure un minimo e insignificante dettaglio sembrava rispondere alle regole della biologia.
Lui si muoveva scomposto, la baciava sul collo e poi sulla pancia, per poi risalire alla bocca mentre le accarezzava le cosce... non c'era logica in tutto questo.
Ma la cosa che la sconvolse di più, fu che le piaceva. Provò sensazioni mai provate, capì che quella scompostezza era istinto, comprese che quando vide la camminata dinoccolata di Vincenzo per la prima volta in realtà stava osservando la spontaneità della vita, fu, finalmente, consapevole che gli schemi e i protocolli entro cui aveva camminato per oltre vent'anni erano soltanto il modo più semplice per non godere delle meraviglie che la vita offre continuamente.
Decise di lasciarsi andare, di chiudere gli occhi e di sentirlo sopra e dentro di lei, e poi di riaprirli e di ammirarlo godere insieme a lei delle attenzioni reciproche; decise di darsi una possibilità di essere altro da se stessa, per una volta, di provare un diverso modo di vivere la vita.
Dal canto suo, Vincenzo era completamente rapito dalla sensualità di Lavinia: il suo corpo era esattamente come lo aveva sempre immaginato, il suo sapore addirittura più dolce, il suo profumo sembrava un abbinamento perfetto per il colore dei suoi capelli e dei suoi occhi. Non c'era nulla di artefatto in Lavinia, tutto quello che appariva era quello che era. Le parole che gli aveva detto erano il chiaro segno che anche lei lo amava, che forse lo aveva sempre amato, in un modo o nell'altro, e non si poteva quasi perdonare di aver dato retta a Carlo e di non aver mai tentato di baciarla prima di quel giorno. Non l'avrebbe mai più lasciata andare via, questo era certo.
Dopo ore di amplessi e tregue, si addormentarono, nudi, una accanto all'altro, abbracciati come due giovani innamorati.
Ma fu il risveglio meno dolce che Vincenzo ebbe in tutta la vita.
«Buongiorno, signorina» le disse sorridendole.
«Buongiorno a te» rispose più fredda.
«Tutto bene?»
«Vorrei un caffè. C'è un bar qui vicino?»
«Un caffè? Ma sono le sei del mattino... c'è tempo per la colazione. Vieni qui, restiamo un altro po' accoccolati»
«Ehmmm... no, Vincenzo. Io vado»
«Perché? C'è qualcosa che non va?»
«Sì, molte cose»
Si alzò a sedere, mentre lei tentava di coprirsi con il lenzuolo.
«Lavinia, cosa è successo?»
«Non lo sai?»
«A dire il vero, no. Illuminami»
«Siamo stati a letto insieme, ora me ne vado»
«Ok, siamo tornati a "1+1 fa 2"?»
«Questo che diavolo vorrebbe dire?»
«Sei sempre così matematica nelle tue cose, non ti lasci mai andare»
«Mi sembra di essermi lasciata parecchio andare stanotte»
«È vero, ed è il motivo per cui questo tuo atteggiamento è una doccia fredda per me adesso»
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Servo di scena. Ovvero Sonetto 130
Short StorySera, teatro. Servo di scena e capocomico dividono l'angusto spazio del camerino, preparando trucco e vestiario per l'imminente messa in scena. Dopo anni di quotidiana sintonia, quella sera qualcosa inquina l'aria abitualmente rassicurante del dietr...