«Lavinia, per l'amor del cielo, ti prego di pensarci bene»
«Ci ho già pensato, Carlo»
«E allora pensaci di più, ripensaci»
«Io... credo che sia la decisione migliore per me e per La Compagnia»
«Se permetti, cara, so solo io cosa sia meglio per La Compagnia. Ti sarei grato se tu mi dessi qualche spiegazione in più per la tua richiesta di abbandonarci così, magari c'è una soluzione che tu non hai preso in considerazione. È mio compito vagliare e aiutarti a vagliare tutte le opzioni»
«Non voglio informarti dei dettagli. Io non posso più lavorare bene»
«Ti è stato fatto qualche torto? Ci sono malcontenti di cui non sono a conoscenza?»
«Nessun torto, nessun malcontento»
«Cosa allora?»
«Io non riesco più a essere efficiente. Io non sono più lucida e serena per lavorare qui»
«Qui...? Intendi con Vincenzo?»
Lavinia impallidì. Non credeva che Carlo fosse tanto arguto, benché ne avesse avuto innumerevoli prove durante quegli anni.
«Siete stati a letto insieme?»
Ma come diavolo faceva a saperlo? «Solo... una volta»
«E com'è stato?»
«Carlo!!!» Basita, Lavinia lasciò intendere che non si sarebbe persa nel racconto erotico con un uomo più grande di lei.
«Mia cara, non voglio certo i dettagli. Voglio sapere com'è stato... per te» La sua voce era vellutata, calda, rassicurante. Lavinia capì.
«È stato... devastante». Carlo fu interdetto: cosa voleva dire con quel termine? La lasciò proseguire. «Vincenzo ha semplicemente distrutto tutto ciò che sapevo di me, dell'amore. Ha raso al suolo ogni mia convinzione, tutto ciò che io ero, che sono, e che ho deciso di essere lui l'ha spazzato via. Non ho più saputo chi io sia. Vivo nella confusione più totale da quella notte, non mi riconosco, ho pensieri che non sono mai stati i miei, emozioni che non ho mai provato, desideri che non desidero. Vincenzo è il tutto. E se io dessi anche solo un centimetro di spago a questo... beh, io diventerei il nulla. Sarei niente se lui fosse la totalità del mio universo. Io non sono capace... no, io non voglio neppure tentare di accettare un amore simile. Io desidero essere il mio tutto, desidero lavorare con concentrazione, con dedizione e con passione, ma se la mia concentrazione, la mia dedizione e passione vengono dirottate su una relazione sentimentale che tra l'altro, per sua natura, potrebbe finire da un momento all'altro... io chi sarei? Che servo di scena sarei? Mi piaccio, mi piace chi ho scelto di essere. Non posso esserlo accanto a lui. E non posso lavorare con lui se c'è tutto... questo tra noi. E ormai c'è, ormai non andrà più via. Per cui sono io a dover andare»
Carlo si era gettato sulla sua poltrona ben prima della metà di questo monologo, un flusso di coscienza di cui non era certo di afferrare il capo o la coda.
«So chi è Vincenzo, è perfettamente capace e pronto di ricambiare una dedizione tale»
«Forse non mi sono spiegata. Non solo non voglio essere dedita a lui, io non intendo accettare nella mia vita qualcuno che mi percepisca come la sua unica ragione di vita. A me non piace neppure solo pensare all'idea di un rapporto di questo genere»
L'anziano regista conosceva Lavinia, nulla l'avrebbe distolta dal suo proposito, se era davvero così radicato come sembrava. Non aveva la forza di combattere una battaglia persa in partenza.
«Mi metti nei guai, signorina»
«Mi spiace così tanto, Carlo. Sei come un padre per me, non vorrei mai nuocere a te o a La Compagnia, ma se resto farò ancor più danni. Mi devi credere»
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Servo di scena. Ovvero Sonetto 130
Short StorySera, teatro. Servo di scena e capocomico dividono l'angusto spazio del camerino, preparando trucco e vestiario per l'imminente messa in scena. Dopo anni di quotidiana sintonia, quella sera qualcosa inquina l'aria abitualmente rassicurante del dietr...