Capitolo 10:

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Il piano di Hermione per far breccia nel cuore dell'unica persona che le incuteva timore più del relatore a cui l'avevano affidata ai tempi della tesi era semplice: sarebbe andata insieme a Ginny nel luogo stabilito, avrebbe ordinato da bere — oh, certo, si sarebbe vestita bene, questa volta, con la speranza di non apparire come una persona sciatta e in preda ai deliri prematrimoniali o, addirittura, una in piena crisi d'amore e d’identità di coppia, e, magari, il barista invisibile che si prendeva la confidenza di giudicare le persone con una sola occhiata non l’avrebbe vista di nuovo come una timorosa dei cambiamenti e, quindi, ostinatamente legata al passato e alle tradizioni!

Ma poi, come si permetteva uno sconosciuto di avere anche solo il pensiero di poter inquadrare un essere umano da un’occhiata veloce?

Si distrasse qualche minuto, elucubrando pensieri poco piacevoli nei confronti di chi la prima volta in cui era entrata al Ruh bar le aveva preparato un semplice Gin tonic (dovevano essere per forza stati i jeans a distorcere la sua immagine, non c’era altra spiegazione logica, a suo parere).

Comunque, tornando al piano che aveva studiato per presentare il proprio progetto a Pansy Parkinson…

sarebbe entrata nel locale e avrebbe ordinato da bere, sicuramente si sarebbe prodigata in complimenti e carinerie e, nel momento esatto in cui la proprietaria avrebbe portato i drink al tavolo, Hermione l’avrebbe invitata a unirsi a loro, a lasciare andare per un po’ la serietà lavorativa, a rilassarsi anche solo per pochi minuti in quel pomeriggio di sole donne e avrebbe finalmente esposto la sua idea. 

Sì, era un piano geniale.

Non c’era assolutamente niente che potesse andare nel verso sbagliato: aveva studiato tutto nei minimi dettagli, persino il più insignificante, ed era scontato che il tutto avesse un risvolto positivo.

Si complimentò con se stessa e decise di rilassare i muscoli con una meritatissima doccia.

Si voltò un’ultima volta a guardare la pila di fogli su cui capeggiava la lettera scritta per la proprietaria del locale in cui intendeva cominciare il proprio esperimento e, ancora, spronò il suo ego convincendosi del fatto che niente, ma proprio niente sarebbe andato storto.

Quel pomeriggio, però, Pansy Parkinson sembrava particolarmente indisposta:

non le aveva accolte con il caloroso benvenuto che aveva dedicato loro la prima volta e, prese le ordinazioni, era tornata poco dopo con due bicchieri contenenti i drink ed era andata via in fretta e furia.

Non era un buon segno, e Hermione sentì lo stomaco torcersi su stesso;

avvertì il nervosismo a fior di pelle e si maledì mentalmente perché, nella sua personalissima lista di pro e contro, stilata in un particolare momento di euforia, non aveva tenuto conto di un’eventualità simile, quindi, adesso, era in preda al panico e isterica come una sposa abbandonata all’altare.

E, anzi, l’immagine che si era presentata nella sua testa sembrava essere uno scenario migliore rispetto a quello che stava vivendo.

Insomma, morto un papa se ne fa un altro, pensava, ma dove avrebbe trovato un altro locale all’altezza delle sue aspettative?

Si guardò intorno e la invase una strana tristezza, perché il Ruh bar era il luogo perfetto per mettere in pratica quello che lei aveva iniziato a definire il suo esperimento migliore.

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