Capitolo 13:

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Era bellissima, quella sera.

Se ne accorse non appena entrò nel locale e più di una testa si voltò per guardarla — non se n'era resa conto fino a quel momento e, anzi, guardandosi allo specchio, si era detta più volte, che alla fine non era poi molto diversa da tutti gli altri giorni e si era convinta del fatto che anche questa volta avrebbe fatto un buco nell'acqua.

Ginny le regalò un sorriso accennato, contenta di averla convinta a lisciare i capelli e truccarsi un po' di più (niente di volgare, una passata di mascara in più e un rossetto leggermente pigmentato e niente, assolutamente niente lucidalabbra trasparente: era da bambine).

Hermione aveva fatto un po' di resistenza, asserendo che non sarebbe stato certo quello a convincere Pansy Parkinson a darle una possibilità, ma alla fine aveva ceduto sì per la buona riuscita e la realizzazione del suo progetto, ma anche perché voleva assolutamente che il barista misterioso, che si atteggiava a capire le persone solo guardandole, la ritenesse degna di un Martini dry:

uno dei suoi sogni era proprio quello di prendere l'oliva con cui il drink veniva servito e mangiarla sensualmente, come aveva sempre visto fare nei film — era molto probabile che non ci sarebbe riuscita e che l'oliva le sarebbe caduta da qualche parte sugli abiti o sotto il tavolo, ma a questo non voleva proprio pensarci.

"Stai benissimo" continuava a dirle Ginny, promettendole che questa volta tutto sarebbe andato bene.

Succedeva a intervalli regolari di trenta secondi e lei scuoteva il capo, ma si convinse della veridicità delle parole dell'amica solo quando, dopo poco aver occupato il solito tavolo, furono portati loro due drink e un uomo seduto poco distante aveva sollevato il proprio bicchiere in un brindisi muto.

Hermione avvampò, calò leggermente in capo e qualche istante dopo ringraziò con un sorriso timidissimo.

La serata, da un punto di vista, sembrava essere cominciata nel migliore dei modi, eppure, la sicurezza che l'aveva animata prima di entrare nel locale, adesso pareva svanita in quel leggero stiramento di labbra:

si chiese come avrebbe fatto a sostenere lo sguardo, la presenza, l'aura di perfezione che Pansy Parkinson emanava se non era stata in grado di sostenere gli occhi di un uomo che probabilmente non avrebbe rivisto mai più in tutta la sua vita.

Si mosse infastidita sulla seduta, convinta del fatto che il suo outfit non fosse dei migliori e che l'avrebbe condannata sicuramente all'ennesima brutta figura.

Si guardò, per quanto le riuscì:

alla fine, era riuscita a trovare qualcosa di verde, una tuta intera in una sfumatura bellissima di petrolio che la commessa aveva elogiato come quella più gettonata del momento:

la parte superiore aveva le linee di una giacca smanicata, messa in risalto da tre bottoncini dorati su ogni lato,
si stringeva in vita grazie ad una cintura tono su tono, si stringeva in vita grazie ad una cintura tono su tono, e scendeva morbida sulle gambe, a cui aveva abbinato un paio di décolleté nere lucide e nessun accessorio (bastavano i capelli lisci e il trucco leggermente più marcato del solito).

Comunque, della proprietaria non s'intravedeva nemmeno l'ombra e Hermione cominciò a mostrare segni di isteria battendo ritmicamente le dita sul tavolo, mentre, al suo fianco, Ginny sbuffava e provava a tranquillizzarla.

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