Capitolo 7:

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Dal pomeriggio al Ruh Bar, Hermione provava la strana sensazione di essere giudicata soltanto in base al suo aspetto fisico ed era una cosa che la infastidiva al punto da sentire lo stomaco contorcersi fino a far male:

si chiedeva come fosse possibile che un estraneo invisibile (perché né lei né Ginny avevano visto il barman) si prendesse la briga di sentenziare su una persona senza nemmeno averci chiacchierato un secondo.

Certo, lo faceva anche lei — era il suo mestiere, aveva passato anni interi a studiare le dinamiche comportamentali e il tono di voce degli esseri umani, a monitorare il linguaggio del corpo di ogni persona a lei conosciuta, a provare a dare una spiegazione, trovare significati nascosti anche in un semplice ciao — , ma almeno lasciava tempo ai suoi pazienti di parlare, diamine!

E che spesso, più che le parole, Hermione si soffermasse a studiare i loro comportamenti, era un dettaglio alquanto insignificante in quel contesto:

era pur sempre una psicologa, lei!

Quindi, con quale coraggio uno che di mestiere mescolava un po' di alcool in un bicchiere si arrogava il diritto di poter conoscere le persone e attribuire loro un cocktail?

Ma quanta supponenza poteva avere un essere umano del genere?

E quanta arroganza!

Sulla scia di questi pensieri, Hermione si sporse leggermente in avanti, poggiando i gomiti sulle cosce e i denti a mordicchiare la penna che teneva tra le mani.

Fu un colpo di tosse a distrarla, a riportarla nel luogo in cui era davvero (nel suo studio, con un paziente steso proprio di fronte a lei).

"Le dicevo, dottoressa" riprese l'uomo. "che sono sogni abbastanza frequenti, ultimamente e mi spaventano."

Lei si prese un minuto per far mente lucida e provare a ricordare di cosa stessero parlando prima che si perdesse nei propri pensieri; non ci riuscì e allora provò a rientrare nell'argomento nel miglior modo possibile.

"E cos'è che la spaventa?"

"Ma gliel'ho detto poco fa: il fatto che in ogni singolo sogno ci siano decine, centinaia, migliaia di ragni!"

"Beh, la sua fobia è un dato di fatto, una cosa reale, tattile. Io credo che il suo subconscio le sta inviando messaggi che non riesce a interpretare perché, anche nel sogno, lei è troppo occupato a provare paura. Il fatto, poi, che ce ne siano tanti rende tutto più amplificato, ma, a livello onirico, la presenza di molti ragni rappresenta una sofferenza causata da pressioni esterne. Come va il lavoro, signor Weasley?"

"Oh, andiamo! Perché deve esserci questo distacco tra me e te quando sono qui dentro: sei la mia migliore amica e mi imbarazza il fatto che tu mi dia del lei. Dai, Hermione, smettiamo con questa pagliacciata, per favore."

"Signor Weasley, torni ad accomodarsi gentilmente e proseguiamo con la seduta."

Ron la guardò leggermente stupito, con l'aria di chi è sul punto di mandare al diavolo la persona che si trova di fronte, eppure, qualcosa nell'espressione di Hermione dovette frenarlo, perciò tornò a stendersi sulla chaise longue blu notte e puntò gli occhi sul soffitto.

Questa, era una delle raccomandazioni che Hermione gli aveva fatto prima di accettarlo come suo paziente:

gli aveva detto che lo avrebbe giudicato da un punto di vista strettamente scientifico, che non avrebbe mescolato lavoro e vita privata e che avrebbe creato tra di loro una distanza maggiore levando da mezzo ogni tipo di confidenza e familiarità;

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