Capitolo 6:

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Il Ruh Bar aveva una semplice insegna al neon nera e verde a indicare l'entrata, tuttavia sprizzava eleganza e autenticità già da ogni piccolo dettaglio dell'ingresso ad arco:

la porta era una lastra di vetro opaco con la cornice dorata intrecciata che rimandava ai nodi dei rami di un albero antichissimo, da cui nasceva la maniglia a forma di serpente che formava una erre (la bocca aperta rappresentava la fine della lettera del nome scelto per il locale);

ai bordi del vetro, delle bellissime rose intarsiate facevano da sfondo e da sipario a quello che c'era oltre, con un effetto vedo- non vedo che stuzzicava la curiosità. 

Hermione ne rimase affascinata, tanto da seguire con le dita le curve del serpente e i disegni su cui sembrava riposare, ma Ginny la spronò ad aprire la porta e a entrare e, una volta all'interno, a entrambe sembrò mancare il fiato per la bellezza che si trovarono davanti agli occhi.

Per prima cosa, persero lo sguardo lungo il bancone di vetro opalescente, illuminato da led a luce calda, i cui disegni stilizzati richiamavano la cornice della porta e sulle mensole erano sistemate varie bottiglie di alcolici che creavano delle bellissime ombre sulla parete di marmo verde scuro venato d'oro retrostante;

gli sgabelli alti avevano come base un cerchio dorato da cui partiva il sostegno rigido di un cilindro circondato da intrecci particolari, i cuscini rotondi, di velluto verde, sembravano invitare ad accomodarsi e non scendere mai più da quello che aveva tutta l'aria di essere un piedistallo.

Si addentrarono ancora un po' per ammirare la sala, che richiamava perfettamente l'area d'ingresso, e, se prima a tutt'e due sembrò mancare il fiato, quando alzarono lo sguardo al soffitto — Ginny ci avrebbe scommesso tutto ciò che aveva — , i loro polmoni si accartocciarono fino a diventare inutili:

era una volta ad arco che raffigurava un bellissimo cielo stellato: le piccole luci led sembravano animare il disegno, illuminando di tanto in tanto una parte in particolare degli astri.

Hermione rimase colpita, senza un motivo preciso, dalla costellazione del Drago.

Si disse che era soltanto a causa dello stupido nomigolo che Neville aveva dato al proprio arnese — ma poi, che senso aveva avere un drago nelle mutande e non lasciarlo sputare fuoco? — , perciò scosse la testa e indicò un tavolino appartato verso cui si diresse lentamente.

Ginny la seguì in silenzio e, una volta sedute, dovettero aspettare giusto un minuto prima che una donna dall'aria severa si avvicinasse al tavolo a cui le due amiche erano sedute:

aveva i capelli neri sistemati in un caschetto elegante, un trucco leggero a mettere in risalto gli occhi chiari e un rossetto color borgogna a delineare le curve di una bocca che entrambe trovarono perfetta e, quando questa sorrise, credette che quella donna fosse un attentato alla loro sessualità: non si poteva essere così belle e camminare in quel modo, né sorridere in quel modo, né avere quel tono di voce, e usarlo senza vergogna al solo scopo di far sentire inferiori tutte le altre donne presenti sulla faccia della Terra.

Hermione diede una rapida occhiata ai suoi jeans e al top sformato che indossava quel giorno e quasi si vergognò di essere entrata in un locale del genere, soprattutto visto l'abbigliamento raffinato che indossava quella che credeva fosse una cameriera:

un tailleur nero composto da una gonna perfettamente aderente ai fianchi e alle cosce, una giacca dello stesso colore che delineava il punto vita sottile e un top che metteva in risalto il seno in una maniera che di volgare non aveva assolutamente niente.

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