Capitolo Diciassettesimo

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Guerra Dichiarata


Firenze era avvolta nel buio più totale con una luna argentata che illuminava le strade vuote, a differenza delle ore soleggiate piene di gente le ore notturne racchiudevano silenzio, e talvolta briganti nascosti dietro l’angolo.

I passi di quella persona si muovevano veloci lungo la strada in silenzio, si muoveva nell’oscurità come se qualcuno la stesse inseguendo.

L’abitazione si trovava vicino alle mura di Firenze, la persona entrò lentamente nel palazzo chiudendo lentamente il portone

«Perché hai fatto tardi?» chiese una voce maschile dura e severa
«Chiedo scusa, dovevo trovare il modo di uscire da casa mia, per fortuna mio marito si è addormentato» disse la persona togliendosi il mantello scuro. Vanessa si sistemò la chioma e le maniche dell’abito viola e porpora

«Vieni di sopra che lui non aspetta» disse l’uomo in cima alle scale.

Vanessa e questo salirono la rampa e si incamminarono nella casa buia e vuota con solo delle candele che illuminavano un’atmosfera cupa e misteriosa.

L’uomo bussò due volte ad una porta a sinistra aspettando che qualcuno rispondesse, da dentro qualcuno disse qualcosa e aprì la porta.

La stanza era di colori scuri tra grigio, nero e blu scuro, al centro era situato un tavolo lungo di un marrone scuro dove erano sedute altre persone, a capotavola Arturo Ferretti era in piedi e sembrava non intenzionato a mettersi a sedere

«Giovanni chiudi la porta» ordinò severamente, l’uomo fece come richiesto e chiuse la porta mentre accendeva un nuovo candelabro
«Sedetevi» ordinò Arturo, Vanessa e Giovanni si sedettero al tavolo dove gli altri erano seduti.
Arturo gli scrutò uno ad uno e rimase serio

«Molto bene miei cari, sapete perché vi ho riuniti nel cuore di questa notte» cominciò
«Da un anno siamo ricercati per truffa, inganno e furto. A questi ci aggiungiamo un omicidio non programmato che si è svolto a Palazzo Vecchio un anno e quattro mesi fa or’ sono» mentre parlava fissò Clemente, Rodolfo e Girolamo come se potesse incenerirli con lo sguardo

«E adesso Firenze sa chi siamo, ma non sa dove siamo, quei funzionari pensano di riuscire a trovarci ma non sanno che non è facile ingannare un gruppo fedele come il nostro»

Clemente alzò la mano, Arturo anche se lo odiava gli fece cenno di parlare
«Permettetemi di interrompervi signore ma io non sarei così sicuro, insomma, i funzionari potrebbero trovarci e sa benissimo quello che potrebbero farci» disse

«In parte puoi avere ragione, ma datemi una valida motivazione del motivo per cui abbiamo ingannato queste famiglie» disse camminando tra una sedia e l’altra.

Nessuno parlò.
Arturo sorrise come se non aspettasse altro

«Per questa società noi siamo solo un piccolo gruppo della nobiltà, e ciò che serve per ottenere è il potere è con l’astuzia»
«O con l’inganno» disse Rodolfo.
Arturo non disse nulla come se non avesse detto nulla

«Quante persone tentano di ottenere il potere attraverso questi mezzi? Ingannare è ciò che ci può manipolare, e voi vi starete chiedendo perché proprio queste famiglie»
Tutti si guardarono in silenzio
«Voi non sapete quanto sia crudele questo mondo, ogni giorno quante persone vengono ingannate, truffate e a fare il gioco altrui? Molti. E anche se noi siamo come loro noi aspireremo a essere migliori di chiunque altro»
«Tu parli di inganno, ma non ti rendi conto che Emilio ci ha ingannati?» chiese Clemente dopo aver alzato la mano
«Non abbiamo più bisogno di lui, era solo un pezzo» disse Arturo scuotendo la testa
«Quei figli di puttana ci hanno dichiarato guerra» disse ancora Clemente

«Quanto odio quei Solimberghi, sono così odiosi» disse Vanessa
«Solo perché tua sorella non si e potuta sposare con Alessio» disse Girolamo «Tappati quel buco buon Dio» disse lei
«Che razza di linguaggio stai usando?» chiese Giovanni
«Lo stesso che usiamo noi» intervenne Jacopo

«Per non parlare di quelle donne» disse Rodolfo dopo esser rimasto tutto il tempo a testa china temendo di incrociare lo sguardo di Arturo
«E quale sarebbe la tua opinione su queste donne?» chiese Arturo fissandolo seriamente
«Ginevra è figlia di un uomo che solo Dio sa come l’ha cresciuta, e di quella strana chiamata Laura» rispose timidamente

«La lingua per parlare ce l’hai, ma il cervello per agire lo hai buttato nell’Arno, vero?» chiese Arturo.
Rodolfo non rispose e continuò a tenere il capo basso spaventato da Arturo
«Rodolfo, tu sei quello che non riesco davvero a capire» disse Ferretti «Quando tu e il tuo amico Clemente avete fatto finire la vita di Francesco e Caterina, non vi è passato per la mente che non era quello che avevo chiesto?» chiese poggiando le mani sul tavolo mentre Rodolfo non rispondeva
«No, non che non ti è passato in mente, stavi cercando di convincere Francesco che fosse tutto uno sbaglio e cercavi di fargli cambiare idea, ma la verità è che non si torna indietro» disse serio

«Hai idea della gravità della situazione in cui ci hai messi? Bisogna mostrare che per sopravvivere prevale il più forte ma non si risolve nulla con la morte»

Tutti erano in silenzio e non parlava nessuno, gli occhi erano fissi su Rodolfo, la paura di guardare il proprio superiore era alta
«E soprattutto mi rivolgo a te» spostò il suo sguardo verso Girolamo che era seduto accanto a Nano «Signor Ferretti io…» provò a dire
«Risparmiati il fiato» tagliò corto Arturo
«Hai ucciso una donna, e per evitare che parlasse, non so proprio cosa pensare di voi tre, se fosse come l’anno scorso vi rinchiuderei nei sotterranei ma sono sicuro che scappereste» disse
«Voi vi avete costretto, lavoravo al Palazzo del Bargello prima di conoscervi» disse Girolamo «E io ti ho convinto a non parlare» concluse Arturo.

Appena tutti se ne fossero andati Vanessa rimase da sola con lui, rimase in piedi a camminare per la stanza cupa illuminata dalle candele
«Ditemi, cos’è per te la vendetta?» chiese Arturo sorseggiando del vino «Credo che sia un piatto freddo servito all’improvviso, come qualcosa di inaspettato» rispose la donna.
Arturo la fissò con un sorriso malizioso ma impassibile «Allora io ti propongo una cosa che potrebbe interessare la tua vendetta nei confronti della famiglia Solimberghi» disse Arturo e si avvicinò al suo viso

«Li sorprenderemo e ci vendicheremo di coloro che si credono superiori a tutti i fiorentini, Alessio, Vittorio, Sandro e Teodosio assaggeranno il piatto di aver fatto del male a tua sorella» spiegò
«E io cosa ci guadagno?» chiese Vanessa, la mano di Arturo si avvicinò al suo collo e la testa fu vicina ad esso

«La gioia di aver servito un piatto freddo» disse con un sussurro e le morse il collo attratto da lei.
Dopo essersi staccato fece un passo indietro

«Allora dichiariamolo Arturo» disse Vanessa

«Preparati Vanessa, la guerra è appena iniziata» disse Arturo.

I Nemici Di Firenze ‐ Volume 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora