Capitolo Diciottesimo

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L’Arresto Degli Usurai

[P.S. mi scuso se è un mese che non pubblico ma dovevo fare diverse cose e dovevo rimettere insieme tutte le idee per scrivere questo capitolo]

«Teo quante volte te lo dire che devi fare come ti ha detto il signor Brighi?» chiese Sandro
«Si lo so, e lo sai come sono fatto di testa» disse Teodosio Solimberghi punzecchiando la spalla del fratello maggiore, quella si stava rivelando un po’ noiosa.
Sandro stava cercando di spiegare al fratello più piccolo alcune questioni di lavoro, accanto a loro gli altri seduti lì guardavano perplessi o bisbigliavano su altro

«Non assistevo a queste discussioni da quando avevo dieci anni» disse Achille tagliando un pezzo della sua carne «Allora non ero l’unica a cui assisteva a queste cose» disse Ginevra sottovoce «Per di più mentre si mangia, io parlerei di altro» intervenne Guglielmo
«Dai non prendiamola a male, finiranno prima o poi no?» chiese Vittorio
«Ma se da quando sono scesi per mangiare che parlano» disse Guglielmo dopo essersi sistemato la pettinatura corvina.

Al tempo stesso i cugini di Vittorio e sua zia non parlavano ed erano concentrati sul cibo o parlavano di tanto in tanto con Elena o i fratelli Solimberghi
«Scusate se mi intrometto ma è da quando stiamo mangiando che parlate di lavoro» disse Guglielmo ad un certo punto rivolgendosi al padre e allo zio
«È una cosa tra fratelli» disse Teodosio

«E io che sono qua accanto a voi chi sono? Il ciarlatano alla corte del buon Carlo Magno?» chiese Alessio intromettendosi.

Vittorio e Ginevra ridacchiarono
«È davvero così necessario parlare di lavoro in un momento così tranquillo?» chiese Elena seduta accanto al marito «Avete visto? Voi non mi ascoltate mai» disse Alessio con una smorfia.


Dopo cena, dopo che i domestici ebbero tolto loro i piatti sporchi, gli adulti si erano spostati in salotto per continuare le solite conversazioni.
Achille diceva sempre che solo quando diventi grande capisci il mondo degli adulti.

Alessio era seduto accanto ai suoi nipoti più piccoli mentre parlava allegramente e rideva insieme ai suoi fratelli, Sandro era seduto accanto a Elena sul divanetto, alla destra della donna bionda conversava con la moglie di Teodosio, quest’ultimo sfogliava un libro mentre i suoi due figli leggevano in silenzio e ridevano a qualche parola pronunciata dai parenti. Guglielmo era seduto accanto allo zio e mentre leggeva qualcosa in latino, sulla sua spalla Achille teneva poggiata la sua testa. Guglielmo gli accarezzò i capelli dolcemente mentre si sorridevano e ridevano come due bambini.


Ginevra non era molto interessata a quelle chiacchiere e si era seduta in un divanetto più lontano, aveva iniziato a dare una lettura a un libro di Catullo
«Qual è l’autore di stasera che ti colpisce?» chiese Vittorio sorridendole e sedendosi accanto a lei
«Il Liber di Catullo» disse lei «Per la precisione il quinto Carme» aggiunse «Senz’altro il mio preferito» disse Vittorio sorridendole.

Ginevra cominciò a leggerlo

«Viviamo, o mia Lesbia, e amiamoci, e le dicerie dei vecchi severi consideriamole tutte di valore pari a un soldo. I giorni possono tramontare e risorgere»

Vittorio le prese dolcemente la mano, Ginevra aveva delle guance rosse, si schiarì la voce e proseguì la lettura

Noi, quando una buona volta finirà questa breve vita, dobbiamo dormire un’unica notte eterna. Dammi mille baci, poi cento, poi ancora mille…

I Nemici Di Firenze ‐ Volume 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora