"Le condizioni del signor Aratame sono stabili, ma non ha ancora ripreso conoscenza."
Quella mattina, come ogni fine settimana, Hime aveva varcato la soglia dell'ospedale nella speranza di sentire parole diverse da quelle che abitualmente le venivano rivolte dai dottori. Dal giorno dell'incidente non era cambiato nulla, non si era ancora svegliato.
Nonostante ciò, lei non aveva smesso di andare a trovarlo. Come al solito cambiò i fiori nel vaso alla finestra e restò seduta accanto a lui per il tempo che mancava al termine dell'orario di visita.
«Sono accadute molte cose di recente.» Hime pronunciò quelle parole in un sussurro, come se avesse timore di disturbare il suo riposo.
La presenza di suo padre la aiutava in qualche modo a riordinare i suoi pensieri, a riflettere su ciò che le accadeva intorno. Se fosse stato cosciente, avrebbe saputo darle consigli migliori di quelli che lei dava a se stessa da quando lui non era più in casa.
Invece si era ritrovata sola, più matura dell'età che aveva realmente e con la consapevolezza che per andare avanti sarebbe dovuta crescere ed essere lei stessa la figura di cui aveva bisogno. Hime aveva pagato a caro prezzo l'indipendenza di cui andava fiera.
Una volta fuori dal perimetro dell'ospedale, si incamminò verso il Goya. Aveva bisogno di liberarsi da quella sensazione opprimente che stagnava nel petto ogni volta che le emozioni prendevano il sopravvento sulla razionalità, generandole quello spiacevole sovraccarico emotivo.
Prese la strada più lunga e passò dal fiume. Lo faceva spesso se la giornata era soleggiata, le piaceva vedere la superficie dell'acqua brillare sotto i raggi del sole. L'aria era pulita e il cielo era azzurro. Hime respirò profondamente, valeva la pena mettere da parte le preoccupazioni per godersi la vista del fiume Kamo in primavera.
Dopo aver camminato ancora, finalmente arrivò al locale del signor Ōshiro. In quel momento le sembrò che il Goya avesse un aspetto diverso, ma si limitò ad entrare senza soffermarsi troppo sui dettagli. Per essere il fine settimana, occasione ideale per visitare il tempio Ginkakuji e fermarsi lì a pranzo, il ristorante era stranamente tranquillo.
«Benihime, non pensavo saresti passata oggi.»
L'anziano la accolse con un sorriso appena la vide chiudersi la porta alle spalle.
«Ero di passaggio.» la ragazza chinò leggermente il capo in segno di rispetto e si avvicinò al bancone.
Ōshiro assottigliò lo sguardo, ma non rispose. Quella che per chiunque poteva sembrare una conversazione normale, era in realtà il modo discreto dell'uomo per chiederle di suo padre e il modo altrettanto riservato di Hime per dire che non era cambiato nulla. Il vecchio non le poneva mai direttamente domande sulla questione, si limitava ad aspettare che fosse lei a parlargliene.
«Ho capito.» le allungò una tazza di tè verde e qualche biscotto.
Della sua torta alle fragole non si vedeva nemmeno l'ombra. Certo, tutto il Giappone brulicava di macchinette automatiche con dozzine di quel dolce, ma solo lui riusciva a sfornare quello perfetto. Per sua rigida condotta, l'anziano si rifiutava di preparare la torta se non aveva a disposizione fragole all'altezza del loro nome.
«Ho saputo da mia nipote che dai ripetizioni alla sorella minore di Renji.» dopo una breve pausa, riprese a parlare. «Talvolta il destino tesse per noi trame dalle finiture più improbabili, non trovi anche tu?»
La definirei più una serie di sfortunati eventi.
«Sarò onesta, mi riesce difficile credere che Hayashi sia suo fratello.» Hime parlò, ma senza malizia nelle sue considerazioni. «Nanami ha una spensieratezza che non potrebbe essere più lontana dal suo carattere e dai suoi modi così severi.»
Ōshiro era come assorto nei suoi pensieri e passarono alcuni secondi prima che sollevasse lo sguardo dal bancone dove aveva posato una scatola di medie dimensioni. Aveva un'aria piuttosto esitante, come se fosse indeciso sul da farsi. Poi sorrise.
«La spensieratezza è un dono meraviglioso per chi lo possiede e allo stesso tempo è un impegno per chi deve preservarla.»
Hime spezzò in due il biscotto che aveva in mano. L'anziano del Goya non aveva detto nulla a cui lei non potesse arrivarci da sola, eppure sentirselo dire da un'altra persona era diverso, più reale. Sapeva bene che l'unico motivo per il quale Nanami era così allegra era perché alle spalle c'era qualcuno che faceva il possibile per renderla tale e questo lato di Renji faceva a pugni con l'idea che si era fatta di lui.
«Immagino che sia così.» Hime non si dilungò nella risposta. Ōshiro sembrava così preso dai disegni sulla busta, probabilmente destinata a contenere la scatola, che l'attenzione di entrambi si spostò su quest'ultima e il discorso andò a perdersi in quelle ultime parole.
«Ecco fatto. Bella, vero?» il vecchio sollevò fieramente la sua creazione su carta per mostrarla ad Hime, la quale annuì volutamente in modo teatrale con un'espressione divertita sul volto.
Era decisamente terribile. Ma non gli avrebbe certamente spezzato il cuore.
«Una personalizzazione notevole, non c'è che dire.»
La ragazza addentò l'ultimo pezzo di biscotto rimasto sul piattino, poi assottigliò lo sguardo per mettere a fuoco meglio la scatola all'interno della busta. Sotto l'angolo spuntava un biglietto con una piccola scritta che da quella distanza era impossibile leggere. Hime si sporse leggermente.
«Oh, ma guarda!» l'esclamazione di Ōshiro arrivò poco dopo aver sentito la porta d'ingresso del locale che si apriva. Hime non si voltò, assorta nel dettaglio del biglietto e quando finalmente il nome sul pezzo di carta le fu chiaro, alzò lo sguardo. «Arrivi proprio al momento giusto, Renji. Il tuo ordine è pronto.»
Renji Hayashi.
Il nome sul biglietto e della persona dietro di lei.
«Mi hai detto che avresti finito per mezzogiorno, perciò sono passato.» Renji posò la valigetta da lavoro sul bancone, poi si voltò verso di lei, rivolgendole null'altro che un cenno del capo.
Incontrarlo era diventata un'azione così abitudinaria che ormai si sarebbe sorpresa del contrario, ovvero se da un giorno all'altro avesse smesso di trovarselo davanti anche mentre svolgeva le normali attività quotidiane. Inoltre nemmeno lui sembrava sorpreso di vederla là.
«Puntuale come sempre.» Ōshiro allungò la busta verso il ragazzo con un sorriso. «Perché non vi fermate a pranzo?»
Ancora prima che entrambi potessero anche solo pensare di rifiutare la sua proposta, l'anziano parlò. «Oggi è abbastanza tranquillo e ci sono le costolette di maiale.»
Chiunque avesse detto che con l'avanzare dell'età gli anziani perdessero il lume della ragione, non aveva mai conosciuto Junzo Ōshiro. Hime aveva notato come il suo sguardo furbo fosse caduto su Renji quando aveva accennato al locale poco affollato e su di lei quando aveva menzionato le costolette di maiale tanto adorate.
«Ma le costolette non ci sono sempre sul menù?» Hime alzò un sopracciglio e incrociò le braccia al petto mentre poneva quella domanda.
«Oltretutto qui non c'è mai nessuno.» aggiunse Renji, alzando le spalle.Quell'unico, raro e irripetibile momento di complicità, mosso dalla volontà di non ritrovarsi a condividere il pranzo in pubblico insieme, fu stroncato dallo sguardo più agghiacciante e minatorio di cui l'anziano fosse capace. E come se ciò non fosse mai accaduto, il sorriso affabile di sempre tornò sul suo volto segnato dalle rughe.
«Ottimo, allora preparo un tavolo per voi! Mettetevi pure comodi.»
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Fragole e ciliegi in fiore
Romance«Benihime, Renji, non credevo vi conosceste.» «Non ci conosciamo, difatti.» Il ragazzo che ora aveva un nome parlò. «Menomale.» quello di Hime fu poco più di un mormorio ma Renji parve sentirla perché le rivolse un'occhiata probabilmente con l'inte...