Ma come ce so’ finito dentro a ‘sta situazione?
Era una domanda retorica quella che Manuel continuava a porsi mentre la famiglia di Jacopo si era riversata, in fretta, lungo il corridoio del reparto di terapia intensiva del Policlinico Tor Vergata.
Erano soltanto tre persone, eppure erano in grado di creare un baccano e una confusione simili a quelli che Manuel sentiva ogni mattina mentre una folla di persone attendeva la metro sulla banchina.
Ah, la metro.
Quel luogo che, in quel momento, al sol pensiero gli metteva i brividi.
Lui aveva scavalcato i binari.
Aveva tratto in salvo un uomo.
Gli aveva permesso di non fermarsi a quei soli ventiquattro anni che aveva.
Gli aveva regalato una speranza.E nelle normali vite della gente, quanno arriva ‘a famiglia de ‘r malcapitato, ringrazia que ‘r disgraziato che ha salvato ‘r figlio da morte certa e ognuno torna alla propria vita.
Nelle vite normali della gente, appunto.
In quella di Manuel, invece, di normale non c’era nulla.
In quella di Manuel, invece, il disgraziato che aveva salvato il figlio da morte certa, si trovava nell’angolo di una stanza d’ospedale, a contatto con la parete come se essa potesse inglobarlo, nella speranza che i parenti del degente non si accorgessero della sua presenza.
In quella di Manuel, invece, la vita del disgraziato che aveva salvato il figlio da morte certa e quella della famiglia del malcapitato stavano per intrecciarsi pericolosamente.«Che ci fate voi qui?»
Fu la voce di un medico che, con tono di rimprovero, si rivolse alla famiglia di Jacopo, a risvegliare Manuel da quel torpore mentale in cui si era rifugiato.
«Non potete stare qui – continuò il medico – Potete entrare soltanto uno alla volta e c’è già una persona dentro»
All’udire di quella affermazione, tre paia di occhi, dubbiosi, si posarono sulla figura di Manuel, sempre con il corpo attaccato alla parete in fondo alla stanza.
Ma, si sa, un figlio – soprattutto, la salute di un figlio – ha la priorità su qualsiasi cosa e, anche in quel frangente, quella che, molto probabilmente, era la mamma di Jacopo, lasciò da parte la curiosità su chi fosse il giovane ragazzo appoggiato alla parete e prese a dialogare con il sanitario.
«Ma Jacopo come sta?» chiese la donna.
«Il ragazzo è in coma ma non ha lesioni interne e l’elettroencefalogramma è buono, si riprenderà. Adesso, per cortesia, dovreste uscire»Floriana – questo era il nome della mamma di Jacopo – ringraziò il medico e, seguita dal resto della famiglia – e da Manuel – uscì dalla stanza dove, ad attenderli, vi erano non solo i poliziotti che avevano raccolto le dichiarazioni di Manuel, ma anche l’infermiera al quale quest’ultimo aveva raccontato quella che lui pensava essere un’innocente bugia.
Sebbene ci fosse un trambusto tale da mandare in confusione chiunque, nessuno dei presenti aveva dimenticato il volto di quel giovane che, attaccato alla bianca parete della stanza, aveva cercato in ogni modo di defilarsi e passare inosservato e che, anche in quel momento, sembrava starsi ad ingegnare nel trovare una via di fuga.
Tuttavia, una profonda voce maschile lo costrinse a desistere.
«Scusami, ma tu chi sei?»
Il sangue nelle vene di Manuel si raggelò.
Ce sta l’infermiera de prima, ‘n posso di’ ‘a verità.
Ce stanno pure i poliziotti, ‘n posso di ‘a verità.
Ma questa è ‘a famiglia sua, ‘n posso menti’.

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Un amore tutto suo
ФанфикManuel lavora alla biglietteria della metro di Roma e vede tutti i giorni un ragazzo che, ben presto, nella sua mente, si trasforma nell'uomo della sua vita ma...la vita non è mai come uno se la immagina! Ispirata al film "Un amore tutto suo"