Capitolo IV

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Girare e rigirare un biglietto da visita tra le mani non farà sì che esso si autodistrugga.

Ne aveva avuto la prova Manuel che, da quando aveva varcato la soglia delle porte automatiche del Policlinico, non faceva che passare quel piccolo cartoncino rettangolare da una mano all’altra sperando che accidentalmente finisse a terra.

Se me lo perdo, c’ho ‘a scusa bona pe’ rifiuta’ l’invito.

Ma, sebbene avesse sperato che quel biglietto si smaterializzasse, una volta giunto dentro il suo appartamento, il cartoncino era ancora nelle sue mani e la confusione sul da farsi ancora nella sua testa.

Ché da un lato c’era la razionalità, la consapevolezza di non avere legame alcuno con quella famiglia e che, quindi, quella sua presenza non sarebbe stata altro che una forzatura dettata dalla menzogna raccontata e dalle sue conseguenze.

Dall’altro, invece, c’era la sua solitudine, la possibilità di trascorrere un giorno di Natale diverso.

C’era la possibilità di tornare a sentirsi amato anche solo per una manciata di ore.

Era come se all’interno di un solo corpo risiedessero due entità.

Il diavolo e l’acqua santa.

Una parte dedita all’eticamente giusto e l’altra dedita all’eticamente sbagliato.

Ancora in balìa dei dubbi, Manuel, posò il biglietto da visita sul tavolo e, come era solito fare, chiese consiglio al suo gatto.

«Allora Cremi’? Secondo te che devo fa’? Ce devo anna’ a ‘sto pranzo o devo rifiuta’ l’invito?»

Come era naturale che fosse, da parte del gatto, Manuel non ottenne risposta che un leggero miagolio che non impedì al giovane di andare avanti con il suo monologo.

«Che poi…io ne faccio ‘na questione etica, ma se ce vado o ‘n ce vado, ‘a situazione ‘n cambia, no? ‘A cazzata ormai l’ho fatta e n’è rifiutando n’innocente invito a pranzo che posso risolve»

Un ulteriore verso da parte del micio, che Manuel interpretò come una risposta affermativa, lo spinse a prendere una decisione.

«Vabbè Cremi’, vabbè – disse – ce vado»

E mantenendo fede alla risposta data al suo gatto, dopo essersi fatto una doccia, cercò qualcosa di più elegante della tuta che era solito indossare, si vestì e, bigliettino alla mano, chiamò un taxi che lo accompagnasse a casa della famiglia Balestra.

***


Quando giunse a destinazione, poco prima di scendere dal taxi, Manuel fu quasi tentato di tornare indietro e non dar seguito a quell’ennesima follia.

L’edificio imponente, che sorgeva all’interno di un immenso terreno – probabilmente di proprietà – mise, ancor di più, Manuel di fronte a quella domanda che, da due giorni a quella parte, non faceva che porsi.

Ma che c’entro io co’ loro?
‘Na casa che è, de sicuro, dieci volte casa mia.
‘N giardino grosso come Villa Borghese.
Neanche nei miei sogni ‘a vita mia sarebbe stata questa.

Ché Anita gli aveva insegnato a sognare ma non aveva mai mancato di ricordargli che di sola fantasia non si poteva vivere.

E conscio che quello non fosse un sogno frutto della sua solitudine ma una mera illusione, esitò ancora, prima di saldare il conto del taxi e uscire dal veicolo.

E, forse, non avrebbe neanche abbandonato la vettura se la figura di Dante non si fosse palesata sull’uscio e non lo avesse costretto ad assumersi le responsabilità delle proprie azioni e a scendere dall’auto.

Un amore tutto suoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora