Un mese dopo il matrimonio fallito
La vita di Manuel era tornata ad essere scandita dal ritmo dei turni di lavoro.
Niente più visite in ospedale.
Niente più pranzi né cene a Villa Balestra.
Niente più fuoriprogramma in compagnia di Simone.Quella parentesi, che si era aperta il 24 dicembre dell’anno prima, si era chiusa bruscamente senza che Manuel potesse far nulla che non fosse farsi trascinare dagli eventi.
Dal giorno del matrimonio fallito non aveva più visto né sentito neanche uno dei componenti della famiglia Balestra, sicuramente delusi dal suo comportamento, e Manuel non aveva fatto altro che chiudersi in sé stesso.
Aveva passato i primi tre giorni senza nemmeno alzarsi dal letto, con una costante voglia di piangere e la sensazione di sbagliare sempre tutto.
Il quarto giorno, poi, con una forza che non pensava neanche di avere, si era alzato, aveva fatto una doccia ed era tornato al lavoro.
Era tornato ad accettare i doppi turni da coprire e i sabati e le domeniche chiuso in quel gabbiotto a vedere la vita – non tanto la sua quanto quella degli altri – scorrergli davanti agli occhi.
Tutto era tornato come prima, come se nulla di tutto ciò che aveva vissuto fosse esistito veramente.
Tante volte, nel corso di quel mese che lo aveva portato fino al giorno del suo compleanno, aveva provato a scrivere a Simone.
Digitava un messaggio colmo di scusa e mi dispiace, ma poi lo rileggeva e si rendeva conto che non c’era nulla di più patetico che continuare ad elemosinare affetto da chi, molto probabilmente, non aveva più intenzione di dargliene.
La notte, poi.
La notte era il momento peggiore della giornata, quello in cui non aveva la testa colma di richieste di biglietti e monete da incassare e i pensieri confluivano tutti nella stessa direzione.
Quando spegneva l’abat-jour e la casa rimaneva illuminata soltanto dalla piccola lampadina posta all’interno del vecchio mappamondo, la sua mente non faceva che ricordargli il momento in cui si era concesso a Simone e la loro notte d’amore.
Gli mancava come l’aria e, la consapevolezza che gli sarebbe mancato per sempre non faceva che stringergli il cuore in una morsa fino a spingerlo a fare ciò che, da ormai un mese, faceva sempre più spesso: piangere.
La situazione cambiò, in un certo senso, la mattina del 19 febbraio, nel giorno del suo compleanno.
Da quando Manuel era rimasto solo, quella giornata, per lui, non aveva più alcun significato, non era che uno dei tanti giorni contenuti nel calendario.
Non era così diverso dal giorno di Natale, di Capodanno o di Pasqua.
Era soltanto un giorno come un altro.
Era un giorno qualsiasi e, in quanto tale, Manuel non aveva fatto nulla di diverso da ciò che faceva ogni giorno.
Si era svegliato, si era preparato per andare al lavoro, aveva rivolto uno sguardo al dipinto di Firenze – che, per Manuel, era l’unico modo per sentire Simone ancora accanto a sé – ed era uscito per andare al lavoro.
E come ogni giorno, aveva svolto le sue ore di lavoro – per fortuna, dopo aver coperto i turni del sabato e della domenica, erano state soltanto tre – ed era pronto per tornare a casa.
Uscendo dal gabbiotto, però, con la testa ferma sul pensiero – e la conseguente scarsa voglia – di doversi recare al supermercato, sentì una voce chiamare il suo nome.
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Un amore tutto suo
FanfictionManuel lavora alla biglietteria della metro di Roma e vede tutti i giorni un ragazzo che, ben presto, nella sua mente, si trasforma nell'uomo della sua vita ma...la vita non è mai come uno se la immagina! Ispirata al film "Un amore tutto suo"