Nella quiete silenziosa che, con non poca fatica, Manuel aveva trovato dopo la turbolenta mattinata nella quale si era trovato costretto – più da sé stesso che da Jacopo – ad accettare una proposta di matrimonio, il suono del campanello rimbombò tra le pareti dell’appartamento e quasi spaventò Manuel, il quale giaceva sul letto, con gli occhi rivolti al soffitto come se, tra la pittura, potesse scorgere le risposte ad ogni suo perché.
Il suono del campanello.
Erano tre anni che non lo sentiva suonare.
L’ultima volta era stato lui stesso a premere quel pulsante e ad attendere che Anita gli aprisse la porta.
Poi più nulla.
E in quel freddo pomeriggio di gennaio, chi poteva aver compiuto quel medesimo gesto, facendogli riscoprire l’esistenza di un suono ormai dimenticato?
Nonostante fosse tentato di ignorare chiunque si trovasse al di là dell’uscio, spinto da un moto di coraggio, a fatica abbandonò il letto e andò ad aprire la porta.
E quando si rese conto che la figura sulla soglia era quella di Simone, non poté che maledirsi per non aver finto di non essere in casa.
Ché lui moriva dal desiderio di vedere Simone, ma ogni volta che gli occhi del corvino diventavano specchio dei suoi, mille pugnali sembravano trapassargli il petto da parte a parte.
«Ciao» esordì Manuel, con la voce tutt’altro che ferma.
«Ciao…posso entrare?»Manuel non rispose, non a parole almeno, facendo segno a Simone, con un braccio, di entrare ed accomodarsi.
Era la prima volta che Simone vedeva l’appartamento di Manuel e, nonostante fosse nemmeno un decimo della sua abitazione, la sola vista di quel luogo gli scaldò il cuore.
Quella casa sapeva di Manuel.
Aveva il suo profumo.
Il colore delle pareti era lo stesso delle sue gote quando provava imbarazzo.
Era luminosa e cupa nello stesso momento.
Era silenziosa, animata soltanto da un tenero gattino che, subito, si era avvicinato a Simone in cerca di carezze e coccole.
Sulla mensola della libreria, poi, spiccava un mappamondo illuminato che, secondo l'idea che Simone si era fatto di Manuel, rispecchiava proprio il suo essere.
Romantico come la luce soffusa che la sfera emanava e sognatore come gli avventurieri che, servendosi delle mappe, vanno alla ricerca del tesoro.
«A che devo ‘a visita?» domandò Manuel, interrompendo l’uragano di pensieri in atto nella mente di Simone.
Ne notò il tono scocciato, Simone, come se quell’improvvisata non fosse stata gradita dal maggiore.
«Volevo…cioè, dopo che ci siamo salutati in ospedale, sono stato un po' in centro. Avevo bisogno di farmi un giro, di stare un po' all’aria aperta e mi sono imbattuto in un delizioso negozio. Sono entrato ed era pieno di dipinti. Ritratti di persone, di animali, riproduzioni di scene quotidiane. E poi ho visto questo – disse, indicando con un dito la busta che teneva con la mano opposta – e ho pensato a te. Ho pensato a quella sera in cui mi hai raccontato la storia del cappotto che indossavi e della promessa di tua madre di portarti a Firenze e…tieni, questo è per te, è il mio regalo di nozze»
Rimase con lo sguardo perso nel vuoto, Manuel, e non avrebbe saputo dire se per il fatto che Simone gli avesse fatto un regalo o se perché il regalo era di nozze.
«’N c’era bisogno…’n te dovevi disturba’, Simò. Grazie»
«Dai, aprilo» rispose Simone, sorridendo.E Manuel non se lo fece ripetere.

STAI LEGGENDO
Un amore tutto suo
FanfictionManuel lavora alla biglietteria della metro di Roma e vede tutti i giorni un ragazzo che, ben presto, nella sua mente, si trasforma nell'uomo della sua vita ma...la vita non è mai come uno se la immagina! Ispirata al film "Un amore tutto suo"