Three

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Sakhir, Bahrain
Febbraio 2023

Camille

"Una foto non si scatta, si crea."

Lo diceva Ansel Adams e io non avevo ancora trovato un singolo motivo per mettere in dubbio le sue parole.

Le fotografie sono istanti di attimi di vita, ferme in un certo momento del tempo mentre il mondo continua ad andare avanti.

Avevo sempre pensato che fotografare quello che mi colpiva, nei posti che visitavo, nelle persone che mi circondavano, fosse un modo per lasciare una traccia che ero passata di lì, che c'ero stata e la mia vita era stata segnata da quel momento.

L'ultima foto che avevo scattato, più di due anni e mezzo prima, mi ricordava dolorosamente che avrei preferito non vivere quel momento, in quel luogo, quella maledetta sera. Rappresentava un richiamo indelebile del fatto che, dopo quell'ultimo istante catturato dal mio obbiettivo, non ne avessi vissuti altri di quel tipo.

Dopo quello scatto, c'erano stati due anni e mezzo di buio, di istantanee non scattate perché tutti i momenti vissuti non erano più all'altezza, non erano più degni di essere ricordati.

E dopo così tanto tempo mi risultava estremamente difficile riuscire a ricordare cosa si provasse nel vivere un momento tanto bello da meritare di essere immortalato. Non sapevo più cosa volesse dire rimanere talmente affascinati da qualcosa o qualcuno da volerne creare un'istantanea, per poter tornare a osservare con occhi sognanti quello che si era riuscito a vedere attraverso l'obbiettivo.

A pensarci sembrava tutto così semplice. Pensavo fosse impossibile, una volta presa tra le mani la macchinetta fotografica, vedere tutto il mondo così piatto da non riuscire a scattare.

Era cambiato tutto ai miei occhi, quasi come se fossi diventata apatica nei confronti della vita.

Ovviamente non avevo mai creduto che sarebbe stato semplice ma nemmeno così maledettamente difficile.

Forse mi aspettavo troppo dal mondo che mi circondava: dopo tutto quel tempo andavo alla ricerca di qualcosa che mi smuovesse, che facesse tornare ad ardere dentro di me quel fuoco, quell'emozione, che provavo solo quando stringevo tra le mani una macchina fotografica.

Forse avevo solo bisogno di premere quel tasto e scattare e poi migliaia di altre foto sarebbero venute fuori in modo automatico.

Eppure per me fotografare non era mai stato solo quello, non avevo mai scattato una foto a caso senza pensarci. Ogni scatto era premeditato, era studiato, era figlio di una particolare emozione, e in quel momento era come se il mio corpo non fosse in grado di provarne.

"Ben svegliata. Dormito bene?" una voce al mio fianco mi fece sussultare e pian piano ricominciai a mettere a fuoco scene della sera precedente che si susseguivano l'una dopo l'altra senza tregua fino a terminare nella stanza di hotel che era diventata la mia casa per quelle due settimane.

A poco a poco riuscii a riacquistare la lucidità, collegando il cervello prima di dire qualsiasi cosa potesse mettermi ancor più nei casini di quanto non fossi già.

Mi rigirai nel letto e la prima cosa che vidi fu la macchina fotografica che giaceva lì dove l'avevo lasciata la sera precedente, frustrata dal fatto che dopo due giorni lì in Bahrain non avessi ancora trovato il coraggio di premere quel bottone e scattare una fotografia.

I'M STILL ALIVE - Carlos SainzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora