Four

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Sakhir, Bahrain
Marzo 2023

Camille

"Mille, smettila." mi intimò Charles, esasperato.

Sospirai e poggiai la testa sulla sua spalla, spostandomi leggermente sul telo che avevamo sistemato a terra per poterci sdraiare.

Un grosso parco e una distesa di verde ci circondavano e sarei potuta rimanere lì per giorni, a godermi quell'aria pulita e il profumo dei fiori, se non fosse stato per i mille pensieri che avevo per la testa.

Carlos Sainz, era lui il mio pensiero fisso. O meglio la foto che gli avevo scattato, di cui non avevo parlato a nessuno. Nemmeno a Charles.

Avevo raccontato a mio fratello dell'attacco di panico che avevo avuto nel paddock e di come Carlos avesse cercato di tranquillizzarmi e continuavo da quella mattina a lamentarmi con lui per l'imbarazzo che avevo provato nel lasciare che il suo compagno di squadra mi vedesse così.

Ciò che mio fratello non sapeva era che dietro a quell'imbarazzo c'era molto di più. Dietro al mio tormento c'era molto di più. C'era di più, perché Carlos mi aveva offerto conforto e il mio subconscio mi aveva portato involontariamente a scattargli una foto.

Come avrei potuto spiegare una cosa del genere a mio fratello se non riuscivo a spiegarla neanche a me stessa?

Non lo avevo più visto ed erano passati due giorni. Avevo evitato il paddock durante i giorni di test e mentre mio fratello era al circuito ne avevo approfittato per esplorare la città, alla ricerca di quella scintilla che mi facesse scattare.

Ero come bloccata, di nuovo, quella volta peggio di prima. Ogni volta che alzavo la macchina fotografica e provavo a concentrarmi su qualche dettaglio, davanti ai miei occhi si materializzava la foto che avevo scattato a Carlos e tutto andava a puttane.

E quel pomeriggio stavo per rivedere Carlos, dopo quasi tre giorni, perché mio fratello aveva avuta l'idea brillante di portarmi con loro a giocare a padel.

"Sono in imbarazzo, Charles." mi lamentai ancora una volta e quando lo sentii sbuffare capii che stava per farmi uno dei suoi discorsi.

Me ne convinsi ulteriormente quando si sollevò e prese a guardarmi, sorreggendosi su un gomito e poggiando la testa sul palmo della sua mano.

"È stato un attacco di panico. Non è una cosa di cui vergognarsi. Poteva succedere a chiunque. È successo a te, non vedo quale sia il problema." cercò di rassicurarmi e avrei tanto voluto che sapesse tutto il resto.

Ma come avrei potuto spiegare a Charles che il suo compagno di squadra, che conoscevo appena, mi aveva fatto aprire gli occhi con poche e semplici parole, mi aveva aiutata a calmarmi e quello che mi aveva detto mi era rimasto così tanto impresso dentro che ripensarci mi aveva portata, senza rendermene conto, a scattargli una foto? E sarebbe stata una cosa normalissima, una foto qualsiasi, se solo non fossero più di due anni che non ne scattavo uno e sentivo dentro di me un blocco così grande da opprimermi il petto.

"È il tuo compagno di squadra e lo conosco a malapena. Chissà cosa avrà pensato." continuai.

Vidi Charles sorridere, quasi come se mi stesse dando della stupida senza dirmelo direttamente. Quando poi parlò, invece che chiarirmi le idee non fece che confondermi ancora di più.

I'M STILL ALIVE - Carlos SainzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora