Six

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Melbourne, Australia
Aprile 2023

Carlos

Il jet lag era sempre una battaglia per me.

Era strano come, nonostante anni trascorsi a viaggiare per il mondo, il fuso orario riuscisse sempre ad avere la meglio su di me. Il mio corpo sembrava sempre ribellarsi, come se non sapesse dove mi trovassi né che ora fosse.

Nonostante Melbourne fosse una delle mie tappe preferite della stagione, ogni anno era sempre la stessa storia.

Notte dopo notte, mi sdraiavo a letto sperando che il sonno mi facesse crollare ma le ore passavano senza che accadesse. La stanchezza si accumulava ma il sonno non arrivava mai.

Anche quella sera, come la precedente, ero a letto da un po', incapace di trovare una posizione comoda che mi desse un po' di pace.

Lo schermo del cellulare accanto a me segnava l'1:30 del mattino: in Europa era pieno pomeriggio e ciò spiegava il motivo per cui il mio corpo si rifiutava di crollare.

Mi ero girato da un lato e dall'altro del letto innumerevoli volte senza riuscire a prendere sonno.

Alla fine decisi di arrendermi: restare lì a fissare il soffitto non aveva senso. Optai per una passeggiata, nella speranza di stancarmi tanto da tornare in camera mia e addormentarmi in un batter d'occhio.

Uscito dalla stanza, mi ritrovai a camminare per i corridoi dell'hotel, immerso nel silenzio che sembrava avvolgere tutto. Ogni suono era attutito, e più avanzavo, più mi rendevo conto di quanto il posto fosse vuoto.

Avevo percorso quel tragitto decine di volte da quando eravamo arrivati, ma quella notte ogni cosa sembrava più pesante, come se i miei pensieri riempissero lo spazio intorno a me.

Passai accanto all'ascensore e lo ignorai, proseguendo invece verso le scale.

Ad ogni gradino, il rumore leggero delle suole contro la pietra mi dava una sorta di conforto, un ritmo su cui concentrarmi. Non avevo una destinazione precisa, solo la voglia di muovermi, di uscire da quella stanza e allontanare il jet lag e i pensieri che mi ronzavano in testa.

Senza rendermene conto, mi ritrovai al piano inferiore, davanti alla porta della piscina coperta. Non sapevo nemmeno come ci fossi arrivato, troppo perso nei miei pensieri per rendermene conto.

Spinsi la porta e subito fui investito da un'aria più fresca, umida. L'odore del cloro era lieve e tutto lo spazio era avvolto da una calma quasi surreale.

Mi avvicinai, il rumore dei miei passi che risuonava leggero sul pavimento di piastrelle lucide. E fu a quel punto che mi accorsi di non essere solo.

C'era qualcuno seduto sul bordo della piscina.

Camille.

Camille era lì, con la sua macchina fotografica tra le gambe e lo sguardo perso nel vuoto. Non si era accorta di me.

Per un attimo rimasi fermo, osservandola.

Quella ragazza sembrava aver sconvolto ogni mio equilibrio nell'ultimo mese. C'era qualcosa in lei che mi aveva destabilizzato dal primo momento in cui l'avevo vista.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 22 ⏰

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