ANAΓΚΗ.
La parola greca - che poi si dice scomparsa - sarebbe Ananke, nome con cui si identificava nella la dea del destino, della necessità inalterabile e del fato.
Se la versatilità è una dote innata della coppia di amiche formata da me e Gloria, alle serate passate a zonzo tra un locale e una discoteca si alternano spesso quei pomeriggi casalinghi fatti di divano, calzettoni e programmi televisivi spazzatura.
L'acqua bollente scorre sulla mia pelle, per cacciare via un freddo che mi è penetrato nelle ossa dopo una corsa sotto la pioggia, di ritorno dalle lezioni, che non se ne va, e pregusto il momento in cui indosserò la mia morbida tuta in attesa dell'arrivo della mia migliore amica, quando il campanello suona dandomi la percezione di essere particolarmente in ritardo, o di aver dimenticato che l'appuntamento potesse essere stato anticipato.
-Ragazzi, qualcuno va ad aprire? – grido, facendo appello ai miei coinquilini nella speranza che facciano gli onori di casa al posto mio.
Nessuna risposta, neanche un passo: solo silenzio e l'insistente trillo del campanello a confermare l'assenza dei miei coinquilini all'interno dell'appartamento.
Spalanco la porta in vetro satinato del box doccia, rassegnata e infastidita dal rumore, avvolgendomi in un telo bianco mentre maledico i brividi di freddo nel tragitto verso l'ingresso di casa.
Davanti al portone, l'ospite non è esattamente quello che stavo aspettando.
-Ci facciamo attendere, principessa.
La rockstar mancata, impalato sulla soglia a braccia conserte, non batte ciglio sulla mia condizione. Sai quanto gli fa strano, chissà quante ne ha viste, di ragazze in accappatoio.
Damiano sembra quasi curarsi di non lanciarmi neanche mezzo sguardo, con un rispetto che non potei non apprezzare, celato dalla solita aria annoiata con cui punta gli occhi sul mio volto e li fissa lì, mentre, in seguito ad un primo salto all'indietro per lo spavento, mi stringo più forte l'asciugamano sotto le braccia.
-Ma tu ce l'hai una casa? - domando piccata, cercando di non scompormi nel tono della voce. Da quando l'ho sentito esporsi in maniera poco carina nei miei riguardi, non riesco ad essere particolarmente festosa con lui, che mi guardi mentre sono mezza nuda o meno.
-Che gentile accoglienza.
-Che ti serve?
Lo sguardo di Damiano, fino a quel momento fissato severamente sul mio viso, si concede una rapida corsa verso il basso, per poi ghignare, sorridendomi per una delle prime volte da quando ci siamo conosciuti.
-Fino a questo momento non mi serviva niente in particolare, ma ora che ti guardo bene... quelle pantofole sono davvero carine, potrebbero farmi comodo.
Conduco gli occhi nella sua stessa direzione, ricordando di avere ai piedi le pantofole ricoperte di finta pelliccia, e ricambio sarcasticamente il suo sorriso solo per un attimo, prima di tornare seria.
-C'è altro? Mi piacerebbe andare a vestirmi, prima o poi.
Rimane in silenzio per qualche secondo, osservando un punto indefinito alle mie spalle.
-Quando hai finito di ascoltare questa musica soft porn ti va di venire a vedere le prove? Fra poco è Carnevale e noi canteremo sul carro di Rione Monti.
Lancio a mia volta, con istintivo imbarazzo, un'occhiata verso il bagno, dove il mio cellulare è rimasto acceso sul bordo del lavandino, ancora impostato su qualche video musicale di The Weeknd consigliato dalla riproduzione automatica di YouTube.
STAI LEGGENDO
La Paura del Buio || Måneskin
FanfictionIn una Roma colorata dalle maschere carnevalesche, c'è una giostra che gira vorticosamente, meno sicura delle altre, e un carro troppo veloce per non lasciare la città spoglia al suo passaggio. Per guadagnarsi un posto in questo mondo, il successo l...