5. Fabian

3 0 0
                                    

La mattina seguente alzarmi e andare a lezione fu l'impresa più faticosa e traumatica della mia intera esistenza. Mi buttai giù dal letto appellandomi a tutte le mie forze, presi un moment, cercando di alleviare il mal di testa e mi diressi a lezione. Tentai di ignorare qualsiasi domanda riguardante la sera precedente, liquidando i continui tartassamenti da parte delle mie migliori amiche, anche se risultò difficile arrangiare qualche scusa quando arrossii notevolmente vedendo il messaggio di Chase. Mi stava semplicemente ricordando delle ripetizioni che avremmo dovuto fare il pomeriggio dopo le lezioni e sentii salire un nodo alla gola al solo pensiero di dover passare ben due ore faccia a faccia con lui.
Le ore di lezione mi sembrarono infinite e, nonostante cercassi di concentrarmi il più possibile sulle spiegazioni, la mia attenzione era completamente rivolta al castano seduto nei posti infondo all'aula. Lo vidi particolarmente assente oggi, motivo per cui venne ripreso svariate volte dai professori, anche se non sembrava essere quello il suo problema principale. Gli occhi erano completamente rossi, sapevo avesse fumato di nuovo tra una lezione e l'altra e potevo notare chiaramente come odiasse gli sguardi di compassione che i compagni gli lanciavano. La voce della morte di Albert Smith si era sparsa veloce come una macchia d'olio, non solo tra gli studenti, ma anche tra i professori, che sembravano però ignorare completamente la cosa, essendo diventati se possibile ancora più severi con Chase. Gli studenti invece sembravano non avere più paura di Smith, che d'altro canto era completamente cambiato dopo il tragico evento. Non si comportava più come il solito bulletto della scuola, non si divertiva più a deridere i più piccoli per i corridoi, anzi spesso abbassava lo sguardo, chiudendosi in se stesso e isolandosi persino dai suoi stessi amici.

Dopo pranzo uscii a fumare una sigaretta da solo, allontanandomi dalla mensa sotto lo sguardo sconvolto di Ellie a cui non rivolgevo la parola dalla sera precedente. Mi sedetti sotto ad un albero e vidi in lontananza, appoggiato ad un albero, Damian che, circondato dagli amici che pendevano dalle sue labbra, stava raccontando qualcosa con un ghigno in volto. Sapevo da Landon che la sera precedete si era portato a letto Avril e provai un senso di tristezza al pensiero della povera ragazza, un anno più piccola di noi, caduta vittima della trappola di Damian Miller. Conoscendolo, sapevo che sicuramente ora si stava vantando con tutto il suo gruppo di come avesse probabilmente vinto una scommessa fatta la sera precedente, riuscendo ad usarne un'altra per sfogare i propri bisogni. Avril Clarke era di fatto una ragazza semplice, un po' ingenua e facilmente manipolabile per uno stronzo come lui, e come qualsiasi ragazzo di quel gruppo, la vittima perfetta per le loro scommesse malate.
Feci un'ultimo tiro dalla Winston Blue, di cui era rimasto solo il filtro, per poi buttarla a terra e acciaccarla con la scarpa, spegnendola. Misi in spalla lo zaino e guardando l'ora mi accorsi che mancavano solo una quindicina di minuti alle due, così mi diressi direttamente nell'aula 89 in cui si sarebbero svolte le ultime due ore lezione.
Entrai in aula alle quindici in punto e vidi la professoressa Lewis seduta alla cattedra con le braccia incrociate al petto e un'espressione severa in volto. Era evidente che non fosse di buon umore e, non volendo mettere alla prova la sua pazienza, mi sedetti in prima fila accanto a Violet. Qualcuno però sembrò non seguire la mia stessa logica. Smith difatti era seduto agli ultimi posti, accanto a Felicity, e guardava con attenzione qualcosa fuori dalla finestra, motivo per cui venne ripreso anche stavolta dall'ennesima professoressa della giornata.

Tentai con tutte le mie forze di non addormentarmi, provando addirittura a prendere qualche appunto, anche se alla fine finii a scarabocchiare sul foglio bianco, e, al termine delle due ore, il suono della campanella mi sembrò la musica più sublime che avessi mai sentito. Mi alzai dalla sedia, ignorando le parole futili della professoressa che ci ricordava dei compiti da svolgere, e corsi letteralmente fuori dalla classe. Non prestai neanche attenzione ai richiami delle mie migliori amiche e mi fiondai in biblioteca, ripromettendomi che gli avrei parlato la sera a cena.

Entrai nell'aula 45 e mi sistemai in un tavolo in disparte, lontano dal resto dei ragazzi. Andai a cercare, in mezzo alla sezione di matematica, qualche libro riguardante le funzioni e, quando tornai alla mia postazione con una decina circa di libri in mano, vidi dall'altra parte della stanza Chase. Si guardava intorno spaesato cercando qualcuno e quando i suoi bellissimi occhi color nocciola si posarono su di me, fece un mezzo sorriso e si avvicinò cauto.
Si sedette sulla sedia lanciando il quaderno sul tavolo e aprì bocca per parlare; lo fermai prontamente incrociando le braccia al petto e cercando di assumere un'aria il più dura possibile «Senti Smith, non voglio problemi, sono qui solo in qualità di supervisore, quindi per favore sta zitto e non parlarmi a meno che non riguardi matematica. Adesso apri il libro, quello blu, a pagina 346, ci sono degli esercizi che ho segnato, inizia a farli. Se vuoi ho degli appunti, tieni.» Sputai guardandolo storto e lanciandogli il mio quaderno con gli appunti scritti accuratamente a mano. Lo vidi rabbuiarsi e nel giro di pochi secondi la maschera che avevo visto crollare la sera prima era stata rimontata, più resistente che mai. Annuì cupo e fece ciò che gli era stato ordinato, tirando fuori dallo zaino nero una penna, un quaderno e aprendo il libro alla pagina prima citata.
Non spiccicò parola per entrambe le ore, se non per chiedermi qualche dritta sugli esercizi, e io lo guardai ossessivamente per tutto il tempo che trascorremmo assieme tentando di leggergli la mente, alla ricerca di qualche informazione riguardante cosa era successo la sera prima, ma i suoi occhi erano di ghiaccio e non lasciavano trasparere emozioni al di la dell'indifferenza. Avevo un disperato bisogno di sapere ma riconoscevo che chiedere sarebbe stato a dir poco inutile. Non avrei ottenuto risposte o comunque sarebbero state troppo dolorose e per il momento non avevo questa grande necessità di avere altre delusioni per la testa. Le sei arrivarono velocemente e allo scadere delle due ore Chase si alzò e senza neanche salutare se ne andò. Sospirai, guardandolo andare via, e mi rassegnai all'opzione di dover sistemare tutto da solo, prima di imitare Smith e uscire finalmente da quella dannata biblioteca.

Raggiunsi la mia camera, pregando qualsiasi santo di non incontrare Chase nel tragitto che mi separava dal lato est del dormitorio maschile, e una volta giunto difronte alla porta, tirai fuori la chiave e girai la maniglia. Fui sollevato non vedendo nessuno in stanza, e dopo aver buttato malamente lo zaino in un angolo, mi sdraiai sul letto sprofondando in un sonno senza sogni.

Mi risvegliai diverse ore più tardi sentendo qualcuno scuotermi con violenza. «Fabian cazzo sono due ore che dormi.» Mi stropicciai gli occhi blaterando qualcosa senza senso e, quando riuscii a mettere a fuoco la figura davanti a me, vidi Richard.
«Che ore sono?» Chiesi con la vice impastata dal sonno. «Le otto Fab, dobbiamo scendere a cena» rispose lui, abbottonandosi la camicia, mentre io iniziavo ad alzarmi dal letto e a dirigermi verso il bagno. Mi specchiai notando finalmente che le pesanti occhiaie grigiastre si erano attenuate. Tentai di sistemare i capelli biondi con le mani e di aggiustare alla bene e meglio la camicia stropicciata con cui avevo dormito, con ovvi scarsi risultati, per poi dirigermi insieme a Richard nella mensa al piano terra.
Vidi Ellie, Ashlee, Fancy e Landon che avevano già iniziato a cenare, e sorrisi avvicinandomi a loro. Sapevo che gli dovevo delle scuse per averli ignorati tutto il giorno e sapevo che probabilmente Landon era a conoscenza di ciò che era successo la sera prima. Quando mi sedetti quindi esordii con un semplice 'scusate' seguito da sguardi di comprensione da parte dei miei amici. «Fab, non devi sentirti obbligati a dirci quello che è successo ieri sera, ma sappi che con noi puoi sempre parlare» mi disse Ellie rivolgendomi un sorriso caloroso. Probabilmente Landon aveva raccontato tutto, ma non importava, meritavano di sapere e io non ero pronto a parlarne. Le sorrisi comunque, grato per la comprensione, e fortunatamente il discorso terminò li.
Dopo cena, la serata si spostò come sempre nel dormitorio femminile, nell'alla nord, dove si trovava la solita stanza di Ashlee, Ellie e Fancy, una stanza così piccola e semplice, ma che nascondeva coì tanti ricordi. Accendemmo una sigaretta, parlammo del più e del meno, ridendo e scherzando come sempre, e mi sembrò finalmente di essere tornato alla normalità. Per tutta la serata, nonostante potessi leggere nei loro occhi la brama di sapere la mia versione su ciò che era successo l'altra sera, nessuno sollevò mai l'argomento "Chase Smith". Allora perché non riuscivo a togliermi dalla mente gli occhi distrutti di quel ragazzo dannato?

Verso mezzanotte decisi comunque di uscire dalla stanza, salutando il mio gruppetto, e uscii a fumare una sigaretta nel giardino sul retro, sperando di godermi un po' di sana solitudine...

Hidden Hearts || C&FDove le storie prendono vita. Scoprilo ora