7. Fabian

11 0 0
                                    

Le settimane passarono, veloci come il vento e il tempo sembrava sfuggire dalle mie mani. Arrivò presto aprile e con esso le vacanze di Pasqua. Per quest'anno decisi di rimanere al campus, anche se riconoscevo che la scuola senza i miei migliori amici sarebbe stata un'esperienza da non replicare. I miei sarebbero partiti per New York e io non potevo assolutamente permettermi di prendere una vacanza, date le innumerevoli verifiche che avrei avuto al rientro. Landon mi aveva anche informato che Chase sarebbe rimasto a scuola e averlo in giro era una delle paure che più mi tormentava la notte. D'altro canto però sarebbe stata l'occasione buona per avvicinarmi a lui e capire una volta per tutte cosa passava per la testa di quel dannato ragazzo.
Le ripetizioni proseguivano ormai da quasi cinque settimane e da quelle due ore che passavano ogni giorno insieme a Smith potevo affermare con assoluta certezza che qualcosa non andava nel verso giusto.
Potevo vedere il vuoto nei suoi occhi e spesso l'avevo sorpreso a fissare il nulla con un'espressione irrequieta sul volto e la gamba tremante. Osservavo ogni piccolo movimento di quelle sue strane crisi e avrei saputo descriverle come il palmo della mia mano. Il volto scavato diventava se possibile più bianco di prima e gli occhi infossati, circondati da profonde occhiaie, si fissavano sul quaderno. Le mani tremavano incontrollatamente e non avrei saputo quantificare il numero di penne nere che aveva scoppiato, mordendole, per poi sputare su un fazzoletto la saliva, tinta di inchiostro. Il tutto avveniva in una frazione di secondi e avrei potuto giurare di essere l'unico in tutta la biblioteca ad essersene accorto, anche se episodi del genere avvenivano spesso, persino dell'arco di due ore.

«Ci vediamo Fabian, riguardati mi raccomando, non pensare solo allo studio!»mi disse Ellie abbracciandomi e scompigliandomi leggermente i capelli con la mano. Era una giornata soleggiata e l'arrivo della primavera si faceva sentire. Il cielo era sereno, senza neanche una nuvola, e mentre salutavo i ragazzi, mi ritrovai a pensare a come sarebbero state sprecate quelle belle giornate di vacanza, che io avrei passato in solitudine al campus.
Accompagnai il mio solito gruppetto fuori scuola, vicino alla fermata dove sarebbe passato il bus che li avrebbe riaccompagnati a casa, e guardandoli salire un nodo mi si formò alla gola: sì, mi sarebbero decisamente mancati.
Venni riscosso dai miei pensieri da una mano che si posò sulla mia spalla per poi stringerla leggermente. Landon si avvicinò cauto al mio orecchio e sussurrò poche semplici parole «Prenditi cura di lui, Fab».
Non furono necessarie ulteriori spiegazioni, sapevo a chi si riferisse ed era ovvio che Landon fosse estremamente preoccupato per Smith, che stava lentamente tagliando fuori ogni persona dalla sua vita, persino il suo migliore amico.
«Non esitare a chiamarmi in qualsiasi momento»
mi disse, concludendo il discorso, per poi abbracciarmi e salire anche lui sull'autobus, sedendosi accanto a Fancy.

Li vidi allontanarsi e nonostante sapessi che sarebbe stata solo questione di giorni prima che li rivedessi, una piccola e futile lacrima mi solcò la guancia.
Quando il bus giallo fu finalmente lontano dal mio campo visivo decisi di rientrare a passi lenti dentro le mura scolastiche, fermandomi poi nella piazzetta esterna a fumare seduto su una panchina. Osservai il paesaggio circostante e mi accorsi probabilmente solo ora di quanto si facesse sentire la mancanza degli studenti in quel campus. La piazzetta infatti era sempre gremita di ragazzi che spesso ritenevo fastidiosi, anche se ora avrei pregato pur di sentire le loro voci che starnazzavano e ridevano. La scuola era praticamente deserta e avrei giurato di poter contare gli studenti rimasti sul palmo di una mano, così come i professori.

A pranzo i tavoli erano deserti e tra i pochi ragazzi del nostro anno potevo riconoscere solo i volti di Violet Patel, seduta in silenzio accanto a Felicity Lee. Di Chase però neanche l'ombra, erano ormai giorni che si presentava raramente ai pasti quindi non fui sorpreso di non vederlo anche oggi. Avevo comunque promesso a Landon che mi sarei occupato di lui in sua assenza, quindi decisi di mettere in un vassoio una porzione di maccheroni al formaggio e un hamburger, il tutto accompagnato da una bottiglia d'acqua e una mela, per poi dirigermi nel lato nord del dormitorio, sotto lo sguardo minaccioso di Monique. Non credo fosse consentito portare così tanto cibo al di fuori della mensa, ma onestamente non mi interessava, così presi il mio vassoio blu stracolmo di pietanze e incominciai a incamminarmi fuori dalla sala pranzo.
Salii lentamente le scale e arrivai nel giro di cinque minuti nella stanza numero 308, dove sapevo alloggiasse Chase.
Rimasi a fissare quella porta per svariati secondi, rimuginando sul da farsi, avevo paura di una sua reazione sbagliata, ma alla fine bussai.
Lo sentii alzarsi dal letto e camminare con passi pesanti verso la porta, che venne spalancata qualche secondo dopo. Davanti a me c'era di nuovo Chase Smith con il classico volto scavato e gli occhi rossi. I vestiti erano stropicciati, segno che fosse rimasto a letto tutto il giorno, e davanti a quella figura così trasandata non riuscii a proferir parola.
«Che vuoi Jones?» sputò cercando di assumere un'espressione dura, anche se risultò difficile prenderlo seriamente date le sue condizioni attuali. Inghiottii un nodo alla gola, pensando a come l'avessi trattato in quei giorni, e tentai di non scoppiargli a piangere davanti mentre parlavo, sentendomi il diretto responsabile delle sue condizioni pietose. «Io.. Chase, ti devo delle scuse, non so perché mi sono comportato così con te dopo... dopo quella notte. È solo che...senti è ovvio che qualcosa non vada e io non voglio questo peso sulla coscienza. So che non abbiamo nessuna confidenza e so anche che dopo tutto non vorresti neanche parlare con me, ma ho promesso a Landon che mi sarei preso cura di te, quindi, che tu lo voglia o no, adesso io entrerò e tu mangerai...per favore...» buttai fuori tutto d'un fiato.
Vidi nei suoi occhi un luccichio particolare, vacillò, assumendo un'espressione sorpresa in volto, e per qualche secondo temetti che scoppiasse a piangere. Fortunatamente non successe, non mi ero mai ritenuto bravo a consolare gli altri, non ero in grado di farlo neanche con me stesso. Si spostò semplicemente lasciandomi lo spazio necessario per entrare, per poi richiudersi la porta alle spalle.

Hidden Hearts || C&FDove le storie prendono vita. Scoprilo ora