Capitolo 13

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Il mattino arrivò presto e con esso la punizione.
Erano stati prelevati subito dopo colazione.
Zejahar percepiva Artemis distante come mai prima. Aveva provato a sfiorarlo ma lui lo aveva evitato senza dare troppo nell'occhio.
Riusciva a percepire la tensione nell'aria, tanto che faticava quasi a respirare.

La freddezza di Artemis gli faceva male, e, anche se agli occhi degli altri nulla era cambiato, riusciva a percepire un cambiamento dai suoi movimenti.

Fu Charles a condurli tra i numerosi corridoi del palazzo reale.

Per Zejahar erano tutti ugualmente troppo pallidi. I pochi sprazzi di colore erano dati dalle chiare venature del marmo sulle statue e gli sporadici arazzi appesi alle pareti.
Purtroppo, a causa delle enormi finestre che inondavano di luce l'edificio, anche questi pochi accenni di colore venivano attenuati dalla brillantezza del bianco.
Soleyl aveva visto solo di sfuggita ciò che c'era al di là delle enormi vetrate, ma ne era rimasto subito meravigliato.
Uno di quei corridoi dava, infatti, su un piccolo giardino a pochi passi dalla fine del promontorio.

Il palazzo, a differenza della caserma, era stato costruito molto più vicino allo strapiombo. Probabilmente in questo modo avrebbero prevenuto un qualsiasi tentativo di irruzione nel palazzo, dato che le finestre in quel punto erano molto basse.

Artemis, invece, rimase abbagliato dal lusso della residenza reale.
I dipinti e gli arazzi trasudavano ricchezza da ogni dettaglio.
Non era abituato a tutto quello sfarzo,  ma ne era totalmente ammaliato.
Anche se la prospettiva di dover pulire dalle stanze enormi come i dormitori non era esattamente il massimo.

Davanti a tutta quella bellezza, si rese conto che sarebbe stato un momento ancora più magico se anche sua madre avesse potuto ammirare, anche solo per un breve tratto, quel corridoio.

All'improvviso gli venne in mente la sua vecchia casa.
L'odore della zuppa di fagioli che spesso mangiava insieme a sua madre.
La dolce melodia che sempre più raramente accompagnava Silen durante la giornata.
Riusciva ad immaginarla ora a fare il bucato, e a stenderlo nel piccolo giardino dietro la loro abitazione.
Magari era una giornata buona, magari fingeva ancora di esibirsi per migliaia di persone mentre si occupava delle faccende.

Una lacrima corse sulla guancia di Artemis.
Nonostante potesse chiedere qualche giorno ogni mese per tornare a casa, non riusciva più a respirare la stessa aria di familiarità. Infatti, per quanto si impegnasse, il tempo che gli era concesso con sua madre era sempre troppo poco.
In quel momento avrebbe tanto voluto uno dei caldi abbracci di sua madre...

Velocemente si asciugò la lacrima ripetendo il proprio proposito: doveva guadagnare più soldi così da permettere a sua madre di vivere una vita migliore e magari permetterle di tornare a Patif e rivedere il generale. Era evidente che le sue visite sporadiche non la facevano stare bene.

Zejahar con la coda dell'occhio colse un piccolo luccichio proveniente da Artemis.
La lacrima che gli scorreva sul viso era stata illuminata dal sole mattutino, facendola brillare.
Zejahar non poteva lontanamente immaginare cosa avesse turbato così tanto Artemis.
Si chiedeva se fosse a causa sua, o forse a causa della punizione.

"Questa è la camerata. Dovete pulire tutto e rifare anche i letti. Più tardi passerò a vedere come sta procedendo il lavoro"
Charles sorrideva mentre parlava.
Quel giorno era particolarmente felice, come se infliggere quel tipo di punizioni lo divertisse moltissimo.

Forse lo divertiva il fatto che giovani soldati, che si occupavano solo del proprio allenamento fisico, si abbassassero a fare dei tipici lavori domestici.
Certamente però sortiva il suo effetto: nessuno avrebbe ripetuto lo stesso errore due volte.

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