Ferragosto pt.2 - Scambio di coppie

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Quando vedo Asia uscire dalla piscina, il sole ha cominciato a tramontare. I capelli ricci le scivolano sulle spalle, morbidi e disordinati. Cammina guardando il telefono, lo zaino in spalla; non si è ancora accorta di me.

«Asia!» la chiamo dalla moto.

«Ollie!» fa lei alzando lo sguardo. «Che ci fai qui?».

«Secondo te? Cerco di farmi perdonare».

Incrocia le braccia e mi studia a lungo. «E come, sentiamo...»

«Hai detto che volevi festeggiare, no? Così ho sentito un paio di amici che organizzano una festa in piscina». Le porgo il casco. «Ti va di andare?».

«Ho appena staccato dal turno in piscina... e mi chiedi di andare in un'altra piscina?».

Merda, non ci avevo pensato. «Mettiamola così» provo a recuperare. «Quello che succederà in questa piscina non sarà un problema tuo. Dovrai solo goderti la festa. E poi la villa è vicina al mare. Se ci annoiamo, ci andiamo a vedere i fuochi sulla spiaggia».

«Non lo so, Ollie. Sono molto stanca».

«Giuro che se ti annoi, ti carico in moto io stesso e ti riporto a casa».

Lei si ferma a pensarci su. «Non ho nulla da mettere».

«Ti basta un costume. Te l'ho detto, no? É una festa in piscina. E per la giacca e la felpa...» dico tirando fuori una mia felpa grigia e una delle mie giacche da moto.«Voilà, ci ho già pensato io!».

Mi guarda a lungo. «Ci tieni proprio, eh?».

«Ad andare a quella festa? No. Ad andarci con te? Abbastanza».

Mi prende il casco dalle mani e lo indossa. Alcune ciocche ribelli si rifiutano di rimanere dentro. «Sei bravo a convincere le persone, lo sai?» La sento salire sulla moto, cercando una posizione comoda. Poi le sue braccia si stringono saldamente a me. «Fastidiosamente bravo».

Il sole si è tuffato in mare da un po', ma ha lasciato dietro di sé una scia di fuoco che ha incendiato il cielo. Io e Asia cazzeggiamo dall'interfono dei caschi: commentiamo le macchine e chi li guida. Immaginiamo dove siano diretti, la notte di ferragosto.

«Finalmente vedo il mare» mi fa lei, mentre sfreccio tra le auto.

«Visto? Abbiamo fatto bene ad andare».

«Frena, Oliver. Te lo dirò tra qualche ora se ne valeva la pena».

Per un po', Asia smette di parlare. Immagino che si stia assaporando quel momento, e non voglio rovinarglielo con qualche battuta del cazzo. Ha lavorato tutta l'estate, e si merita quell'istante.

Ci mettiamo un po' ad arrivare, ma trovo subito la villa: dall'interno, nascosto da un enorme scudo di luci e alberi, si solleva un eco di voci e musica che arriva fino alla strada. Davanti all'ingresso, gruppi di ragazzi fumano e chiacchierano in attesa di entrare.

Il rombo della mia moto attira la loro attenzione, così parcheggio sul lato opposto della strada. Quando mi tolgo il casco, mi accorgo che tutti i capelli sono schiacciati.

«Sembri un fungo» dice Asia.

«E tu un cespuglio».

«Come sei permaloso» commenta lei con una risata; poi con la mano me li scombina, trovandogli una forma sensata. «Ecco, ora stai meglio».

«Grazie, milady».

Dopo aver messo la catena, ci dirigiamo verso la villa.

«Non te l'ho mai detto, Ollie, ma io amo questo istante: l'esatto momento in cui si arriva a una festa, dove non sai cosa ti aspetta, ma senti già la musica e il rumore delle persone».

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