Ferragosto pt.1 - La solitudine gioca brutti scherzi

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Ho ricevuto parecchie proposte per oggi: l'ennesima grigliata, l'ennesima festa, l'ennesima giornata al mare.

Ho detto di no a tutti.

Te lo dico sinceramente, non ho voglia di rimanere bloccato in mezzo ad altri corpi sudati; di far finta che non ci sia tutto il mondo in spiaggia o che l'acqua del mare non sia diventata una pozza calda e giallognola. Mirko mi ha invitato a pranzo dai suoi: forse la proposta più carina, peccato che non abbia voglia d'inserirmi in nessun contesto famigliare.

Forse mi sarebbe piaciuto vedere Alice. Stare con lei sarebbe stato un bel compromesso: un solo umano a cui voglio bene. Cosa chiedere di più?

E invece sono ancora qui, a squagliarmi in piscina, la schiena un tutt'uno con il bordo. Sono fermo da così tante ore che anche due farfalle si sono fermate su di me, quasi mi avessero scambiato per un gonfiabile o per il trampolino.

Devo solo resistere, che ci vuole in fondo? Sono soltanto 24h. Togline 7/8 di sonno, ne rimangono 16.

«Oggi sei più silenzioso del solito, Ollie». La voce della bagnina rimbomba tra gli alberi; mi ricorda che non sono solo in piscina.

Provo a sorridergli. «Non amo le feste».

«Avrei detto il contrario, che fossi un festaiolo nato».

«Quello che non mi piace sono i giorni di festa. Natale, pasqua, ferragosto. Sai, no... quelli che si dovrebbero passare in famiglia».

Lei ride. «Ok per natale e pasqua, ma chi passa il ferragosto in famiglia? Mica siamo negli anni '50, Ollie».

«A me non dispiacerebbe» dico; mi aggiusto gli occhiali e continuo a prendere il sole. Poi i miei occhi si spostano su l'unica nuvola: la guardo sfibrarsi come un vecchio panno finché sento dei passi...

La bagnina si siede accanto a me: appoggia il posacenere sul bordo, immerge i piedi nell'acqua e si accende una sigaretta. Non dice nulla; così restiamo in silenzio per un tempo indefinito. Attorno a noi, solo il frinire delle cicale e il vento che muove le fronde dei pini che circondano la piscina .

Con la coda dell'occhio, mi accorgo che ha preso il mio libro: lo sfoglia, lo legge, mi sposta il segnalibro.

«Che fai?» le domando.

«Cerco di attirare la tua attenzione» dice. «... sta funzionando?».

«Decisamente» le sorrido; poi mi accorgo che ha gli occhi stanchi e come biasimarla: ha passato un'intera estate a guardare gli altri divertirsi.

«Che c'è?» mi domanda imbarazzata. «Perché mi fissi così?».

«Pensavo...».

«A cosa?».

«Se affogarti o no perché mi hai tolto il segnalibro».

«E qual è la sentenza, giudice Ollie?».

«Ci penso un altro po'. Tanto 'sta giornata non passa mai».

«Hai ragione» sospira. «Oggi avrei tanto voluto festeggiare...» dice spegnendo la sigaretta. «Ma sai com'è, il lavoro ti toglie un sacco di tempo, a volte anche gli amici».

Mi abbasso gli occhiali da sole e le lancio un'occhiata ironica. «Se bastava così poco, vuol dire che non erano dei veri amici».

La vedo inarcare un sopracciglio. «Quanta saggezza, Oliver. E dove l'avresti letta questa scemenza? Su questo bel libro?».

Faccio finta di sbuffare. «Ingrata» dico. «Non te la meriti la mia saggezza».

«Mi perdoni, signor giudice». Mi sorride. «Le sono molto grata per essere qui a tenermi compagnia».

Mi rialzo dal bordo e mi metto seduto accanto a lei. La piscina è vuota. Il condominio è vuoto. A parte noi, non sembra esserci anima viva nel raggio di chilometri. «Scherzi a parte, com'è che non ti sei ancora rotta il cazzo di me?» le domando.

«La solitudine gioca brutti scherzi» commenta ridendo. «Certo, non pensavo che questo posto riuscisse a farmi sentire così sola...».

«Ti capisco» dico fregandomi una sigaretta dal pacchetto. «Stamattina ho persino sperato che mio padre fosse qui - per farti capire il livello di disperazione»

«Non avete un bel rapporto?».

«Per avere un bel rapporto bisogna avere un rapporto. Cosa che noi non abbiamo».

« Mi spiace, Ollie...».

Faccio un tiro e le sorrido. «Non dispiacerti. 'Ste cose hanno smesso di farmi male parecchi anni fa».

«Ti credo sulla parola» mi fa lei. «Ma giusto per farmi un po' i cazzi tuoi... dov'è tuo padre adesso?».

«A squagliarsi da qualche parte, spero. Mi consolerebbe sapere che non siamo gli unici a morire di caldo».

La vedo alzarsi mentre sorride. «Se hai così caldo, Ollie...». Poi mi appoggia le mani sulla schiena. «Perché non ti fai un bel bagno?».

Non ho il tempo di reagire che mi getta in piscina con tutti gli occhiali. Quando riemergo la trovo che si tocca la pancia per quanto sta ridendo.

«Questa me la paghi» dico afferrandola da un braccio e trascinandola in acqua con ciabatte e maglietta.

«No, no, no, Oll-». Le parole le muoiono in acqua, trasformandosi in piccole bollicine.

Non ho il tempo di ridere, che vedo una mano agguantarmi i capelli per spingermi giù. Di colpo mi trovo sott'acqua; sento le sue gambe che sfiorano le mie, le nostre mani che giocano insieme.

Risalgo in superficie e mi accorgo che sta nuotando verso l'acqua bassa. Quando la raggiungo, la vedo che si toglie la maglietta rossa, lanciandola sul bordo. Poi si volta verso di me. «Hai intenzione di rimanere lì, Ollie?».

Non me lo faccio ripetere due volte. E quando la raggiungo, dove l'acqua è più bassa, le dico: «Rischi di farti licenziare».

Lei si appoggia con la schiena al bordo e mi sorride. «Adesso ti preoccupi per me, Ollie?».

«Certo» le dico avvicinandomi. «Per chi mi hai preso?».

I nostri corpi si toccano. Io le afferro i fianchi; lei mi cinge una mano al collo. Sto per avvicinarmi a lei quando la sua mano si poggia sulla mia bocca.

«Per uno che si è dimenticato il mio nome» mi risponde. «Ecco per chi ti ho preso».

Mi blocco. Cerco di ricordare. Scavo tra le mie memorie, ma niente. «Io-» provo a dire. «E che-».

«Non fa niente, Ollie» mi fa lei.

Mi allontano da lei, rosso dall'imbarazzo. «Vorrei dirti che sono un rincoglionito cronico, ma la verità è che sono soltanto un coglione. Scusami».

«Te l'ho detto, Ollie» dice lei raggiungendo la scaletta. «Non fa niente».

Ogni volta che pronuncia il mio nome, sento una sferzata al cuore. Sono davvero stupido. «Posso farmi perdonare in qualche modo?».

«Mica devi farti perdonare...» dice lei raccogliendo la maglietta bagnata. «Cerca solo di non dimenticarlo stavolta. In fondo, Asia è un nome facile da ricordare».

«Ti prometto che non succederà» le dico prima di sprofondare in acqua per la vergogna. «... Asia».

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