31 agosto - Quel che resta dell'estate

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I giorni successivi, io e Asia li abbiamo passati insieme.

Per tre notti di fila, non abbiamo dormito. Abbiamo scopato, ma per lo più abbiamo parlato: ci scolavamo tre/quattro birre a testa e chiacchieravamo sui divanetti in balcone fino all'alba. Asia mi ha raccontato di lei: dei suoi problemi economici, dei sacrifici che fa per mantenersi. E anche io sono riuscito a parlarle di cose che non pensavo di poter condividere.

Ogni mattina, quando usciva di casa per andare in piscina, pensavo a quanto fosse strano ciò che stavo vivendo. Ero felice e non desideravo altro che passare il mio tempo con Asia: non a fare chissà cosa, sia chiaro, mi bastava soltanto condividere la stessa stanza con lei.

Sapere che fosse lì, a pochi metri da me.

***

La mattina del 31 agosto, Asia si è svegliata prima di me: io me ne sono accorto dopo, quando - aprendo gli occhi - ho intravisto la sua silhouette che si vestiva nella penombra.

«Ehi...» dico con la voce impastata. «Buongiorno».

«Ti prego non dirmi che ti ho svegliato».

Sì, mi ha svegliato... ma chissenefrega! «No, non preoccuparti» le dico con uno sbadiglio; poi allungo la mano verso il comodino, tastandolo in cerca del telefono. «Come stai, comunque?».

«Sto bene» mi risponde Asia, che nel frattempo ha ripreso a vestirsi. «Ma sono fottutamente in ritardo».

«Cioè?».

«Cioè che dovevo attaccare alle otto, Ollie».

Finalmente le mie dita trovano il telefono; una volta sbloccato, il display s'illumina mostrandomi l'ora. «Cazzo!» esclamo. «Sono le dieci e mezza».

Anche se la vedo a malapena, mi accorgo che Asia si è seduta sul letto per infilarsi le sneakers. «Porca troia, è tardissimo» digrigna. «Come ho fatto a essere così stupida?».

«Non essere troppo severa» dico sollevandomi dal cuscino e sedendomi a gambe incrociate sul letto. «Nessuno dei due ha sentito la sveglia, quindi è anche colpa mia».

«È questo il problema» mi riprende lei. «Ieri notte non ho messo nessuna sveglia, perché ho passato l'intera serata a cazzeggiare come se oggi non dovessi lavorare. Merda...» la sento sospirare. «Ultimamente ho perso la cognizione del tempo».

«Ne parli come se fosse un male».

Asia si blocca. Nella penombra, so che mi sta guardando. «No che non è un male, ma se mi distraggo troppo finisco per fare cazzate. Cazzate che non posso permettermi».

Non dico più nulla; mi limito a scendere dal letto e ad alzare le serrande: un'ondata di luce investe la stanza, illuminando me, Asia e il letto sfatto. «Ecco» dico. «Così puoi prepararti più velocemente».

Asia mi lancia un sorriso di ringraziamento.

«Vado a farmi un caffè» dico infilandomi una maglietta. «Sicura di non volerne una tazza?».

«Sicura» mi fa lei. «Altrimenti non arrivo più». Con le scarpe allacciate e la coda che trattiene i capelli ricci, Asia si guarda allo specchio. «Spera per me che non mi facciano il culo».

«Incrocerò le dita».

Asia si avvicina e mi da' un bacio sulla guancia. «Grazie, Ollie...» dice. «E scusa se ti ho svegliato».

«Te l'ho detto, non mi hai svegliato».

«Allora scusami per quello che ti ho detto sull'aver perso la cognizione del tempo. Non vorrei che pensassi che sia colpa tua».

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