2. A tuo rischio e pericolo

202 10 25
                                    

mi dispiace interrompere la vostra lettura ma volevo solo dirvi che wattpad ha deciso di cambiare l'ordine dei capitoli,
quindi, prima di leggere
questo, assicuratevi di aver letto
il capitolo 1 🧘🏻‍♀️
perdonate l'intrusione,
buona lettura ❤️

«Mamma, come fai a
capire quanto una persona è importante?»
«Lascia che ti ferisca.»

A suscitare un tale sgomento da parte di molte persone nella scuola erano stati proprio quel ragazzo che mi aveva rubato il posto e sua sorella. Si erano trasferiti da una città mastodontica al nostro paesino sperduto tra le campagne per chissà quale ragione.

Si vedeva dal modo in cui la ragazza sfilava tra le persone, dai gesti con cui parlava, dal suo assottigliare la bocca ad ogni affermazione da parte della persona che stava ascoltando, che aveva una mentalità diversa dalla nostra.

La sua mente era grande, ampia, pronta a raccogliere tutto quello che le potevano offrire, come un buco nero. Ma si era ritrovata in quella parte del mondo dove accettavi quello che avevi e ti bastava.

Non che non avessimo niente...sia chiaro, ma da noi non c'era posto per le persona che erano nate con grandi sogni. A noi bastava la quotidianità di una cittadina tranquilla.

Il mio banco era quello più vicino alla finestra e durante le prime ore ero rimasta a guardare l'esterno, i ghirigori formati dalle automobili, persone, con addosso i primi giubbotti tirati fuori negli ultimi giorni, che passeggiavano accompagnando il cane, o in bicicletta passando tra le foglie scolorite. Sventolai la mano mentre una vecchia signora che abitava vicino a casa mia mi salutò.

«Grace chi stai salutando?» la professoressa mi rimproverò. «È passato il fornaio e non potevo non salutarlo.» dissi cercando una scusa che mi avesse salvato dalla nota, che non ebbi lo stesso.

Guardai il mio riflesso nel vetro della finestra e spostando lo sguardo notai la stessa chioma castana che poco prima si era alzata per concedermi il posto su cui ora sedevo. Girai la testa e lo osservai come se non potesse vedermi, eravamo seduti in ultima fila e lui fissava la lavagna cominciando a farlo con più insistenza quando io posai gli occhi su di lui.

Mi resi conto che probabilmente gli stavo creando disagio quindi abbassai la testa, sorrisi perché non sapevo per quale motivo avessi deciso di guardarlo.

Cominciai a pensare a quelli potessero le ragioni per cui lui avesse preferito non fare una presentazione davanti alla classe a differenza della sorella, ci aveva dato solo un'informazione cioè il nome: Evan.

L'età la potevamo intuire dal fatto che fosse nella nostra classe e non in una quarta, terza, seconda o prima.
Si erano trasferiti con tutta la famiglia da una città lontana dalla nostra, i motivi Charlotte, la sorella, non li aveva detti e nessuno li aveva chiesti.

Sempre lei ci aveva confessato che erano gemelli solo che lei aveva i capelli biondo scuro sciolti in piccoli ricci che, aveva confermato, tingersi ogni 4 mesi. Gli occhi, invece, dello stesso colore del fratello, solo che le iridi di quest'ultimo avevano una luce che lei non riusciva ad emanare, qualcosa di ancestrale incastrato tra le sfumature mi impediva di distogliere lo sguardo dal suo.

La cosa che mi colpì perché anche io e Jacob eravamo gemelli.

Ma oltre a ciò non sapevamo niente.
Non ero una ragazza che faceva amicizia con tutti, certo ero socievole, ma se mi avessero piazzato una persona davanti nel 70% dei casi non avrei detto mezza parola, ma stranamente sentivo il bisogno di fare amicizia con Evan.

Perché aveva qualcosa che tendeva richiamare a sè l'attenzione altrui anche se lui sembrava volerla evitare. Infatti - non mi ero accorta che lo stavo ancora fissando - non appena girò la testa ed incrociò il mio sguardo fu come preso alla sprovvista e sorpreso dal fatto che lo stessi effettivamente guardando, tornò immediatamente sul foglio. Le sue sopracciglia scure si incurvarono leggermente seguite dal serramento della mascella e nervoso iniziò a gesticolare con la penna.

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