1: Una città nella pioggia

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[NOTA PRIMA DI INIZIARE A LEGGERE: Questa storia contiene forti elementi body-horror, sono quindi descritte scene di mutazioni corporee, scene interne a organi, apparati e tessuti (non gore), sono in oltre trattati temi come la depressione, l'apatia, il lutto.
Sconsiglio la lettura a chi è particolarmente sensibile a queste tematiche o a questo immaginario]



Il suono della pioggia è tutto ciò che riesce a sentire.

Il coperchio del barattolo è aperto, la mano discende dall'apertura, innumerevoli lembi neri come il catrame si avvolgono tra quelle dita per attaccarle, ma queste sono ricoperte da uno spesso guanto impermeabile, di colore scuro.

Viene sollevato a mezz'aria dove rimane per la successiva manciata di secondi, penzolante, oscilla.

Davanti a sé le labbra che vede tremano, impaurite, disgustate forse, un filo di saliva mentre si schiudono le rende luminose.

Quelle labbra aperte si fanno sempre più vicine iniziando a mostrare anche l'interno della bocca, roseo al contrario della pelle pallida.

I tentacoli informi si gettano copiosi contro quelle labbra a volerle respingere, si infilano ai lati della bocca ma non riescono a fare leva alcuna.

Quella bocca si fa sempre più grande e vicina finché la già fievole luce della stanza non scompare totalmente, lasciando il posto a un'umida tenebra tutt'intorno.

L'ambiente è caldo, estremamente bagnato, si muove in continuazione, pulsa ritmicamente e produce rumori viscidi.

Lentamente il pavimento si piega ad angolo, spingendolo in fondo a quello spazio angusto, poi di colpo tutto si contrae infilandolo in profondità senza preavviso di sorta.

Scivola per un po', in un tunnel claustrofobico e ancor più bagnato prima che lo spazio si estenda nuovamente.

Lo stesso rumore della pioggia, ma ben più intenso: "splash" e ora si ritrova in una camera rotondeggiante, irregolare, che continua a deformarsi ancora e ancora.

Sul fondo è pieno di liquido, o tentacoli neri scivolano al suo interno e si propagano in quello spazio come rami di un albero.

Tastano le pareti, morbide, lisce, calde.

Inizia a vedere cosa lo circonda, la sua visione si adatta velocemente seppur rimanendo sfocata.

È tutto rosso, quel luogo è completamente rosso, un'unica informe chiazza rossa che si estende tutto intorno.

I tentacoli si piantano di netto nella carne, si fanno strada in moltissimi punti contemporaneamente, delle contrazioni insolite fanno intendere che l'ospite ha percepito dolore.

Quelle ramificazioni molli si inseriscono dentro l'organo, iniziano a comprenderlo, non fa più così paura adesso, somiglia a casa.

Quello spazio così detestato sembra ora una comoda sistemazione, unito a esso non può di certo mancare nutrimento o un luogo sicuro in cui vivere.

Nyogtha cade in ginocchio stringendosi lo stomaco con entrambe le braccia, i suoi occhi grigi fissi nel vuoto mentre il suo volto trema inarrestabile.

Inizia a vomitare litri di bile prima di collassare con la guancia nella pozza del suo stesso vomito.

Nyogtha si asciuga i capelli dopo averli lavati, lunghi, lisci, bianchi come la neve.

Tiene lo sguardo fisso allo specchio, le sue spalle ancora in preda a piccoli spasmi, i suoi occhi vacui, le palpebre pesanti sorrette a stento.

Nyogtha è seduta sul letto, ora indossa solo degli slip e una maglietta larga e morbida.

I suoi occhi fissano davanti a sé, ancora vacui.

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