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«Non c'è verso che questo costume mi entri».
Osservo il misero pezzo di stoffa che dovrebbe ricoprirmi il seno, deglutendo una quantità industriale di saliva.
«Che cazzo stai dicendo? Guarda gli slip, ti stanno su misura!», si lamenta Camilla, piagnucolando mentre tenta di sistemare la sua scarsa seconda nel sopra del suo di bikini.
«Gli slip forse sì, ma se mi infilo quel reggiseno mi esploderanno le tette!».
«E quindi? Lasciale esplodere. Io pagherei milioni per avere delle tette come le tue, ma il mio conto in banca parla chiaro: non è possibile, devo continuare a sognare».
«Parli seriamente? Avere delle tette simili significa dover passare persino le stagioni più calde con magliette coprenti per far sì che la gente ti guardi in faccia. Hai idea di quanto sia frustrante? Per non parlare del fatto che correre è una tortura! Mi fa male persino l'anima quando devo farlo. A scuola ero costretta a stringermi le braccia sul petto per evitare il dolore!».
Arriccia il naso, stavolta più convinta del suo seno scarso che della mia quarta abbondante.
«Non posso uscire con questa roba addosso».
«Non puoi o non vuoi?».
Stringo forte le labbra, odiando terribilmente le sue domande a trabocchetto.
«È solo un uomo, Anna. Un uomo che ti piace. Non hai voglia di essere guardata da lui?».
Chino lo sguardo sui miei piedi, il respiro accelera.
«Non voglio costringerti a farlo, ma se scrivi un certo tipo di scene nelle tue storie significa che hai carenza di qualcosa, amica mia. E quel qualcosa è un cazzo che ti scopi come si deve».
Le lancio contro i miei pantaloni, sperando di chiuderle la bocca per almeno qualche secondo.
Ha così ragione... E io non posso credere di averlo ammesso a me stessa. No, no e NO!
«Smettila con tutte queste paranoie e vivi come ti pare. Non siamo più nel Medioevo, se hai voglia di scoparti qualcuno... fallo».
«Nel caso l'avessi dimenticato l'intenzione dovrebbe essere reciproca».
Inarca un sopracciglio, piazzandosi una mano sul fianco e guardandomi come se fossi stupida. «Ti ha sbattuto l'uccello in faccia di fronte a centinaia di fan. Non penso esista intenzione più chiara di quella».
La ignoro, poco convinta.
Quando si è così insicuri di sé stessi, si finisce per dubitare di tutto.
«Oh cazzo». Sole, alle mie spalle, fissa il mio riflesso nello specchio come se fosse scioccata da quello che vede. «Sei magnifica».
«Vero?».
«Che esagerate», borbotto arrossendo, puntando lo sguardo sul reggiseno che mi copre a stento. Sì, be', non è proprio minuscolo, ma si vede che la misura non è quella giusta.
«Hanno ragione».
Maria, la fidanzata di Fiks, si allunga per intromettersi. «Sei uno schianto. E quello stronzo di Theø morirà ai tuoi piedi non appena ti vedrà».
Le sorrido gentile, non riuscendo ad aggiungere nulla. Per quanto mi lodino, per quanto sia bello sentirsi dire certe cose, io non mi sento bene con me stessa.
Saranno le mie insicurezze, le paure o le paranoie... non lo so.
«Credo rimarrò a bordo piscina con l'accappatoio stretto in vita», confesso a Camilla mentre usciamo dalla stanza e ci ritroviamo davanti i tre ragazzi vestiti solo di banalissimi costumi da bagno neri e magliette dello stesso e identico colore.
Lei sospira, però non dice niente. Per quanto tenti di farmi reagire sa che forzarmi non è la giusta decisione. Finirei per andare ancora di più nel panico. «Posso rimanere al tuo fianco, così non-».
Sollevo una mano, impedendole di proseguire. «Non se ne parla neanche. Va' in piscina e divertiti a nuotare con gli altri. Tu ami nuotare», le ricordo, come se d'improvviso l'avesse dimenticato.
«Sì, ma-».
Di nuovo la blocco, scuotendo il capo con decisione. «Sarò lì con voi. Non devi preoccuparti costantemente per me».
Non ne è convinta, però il mio sguardo perentorio non le dà altra soluzione.
Raggiungiamo la piscina in silenzio e i primi a tuffarcisi sono Fiks, Maria e Sole. Plant rimane immobile a guardare il costume bianco che abbraccia le forme della sua "amica", e se non conoscessi la sua fama da rubacuori sospetterei che agli angoli della bocca gli si sono creati rivoli di bava. La segue subito dopo, non staccandole gli occhi di dosso. Camilla esita ancora qualche istante, ma non appena incontra i miei occhi e successivamente quelli di Theø che mi sta ancora di fianco, si decide a seguire gli altri.
Merda.
«Tu non vieni?».
«Preferisco rimanere qui».
Sollevo leggermente i bordi dell'accappatoio, sedendomi a bordo piscina e immergendo i piedi nudi nell'acqua fino a sentirmi rabbrividire.
«È per me?».
«Sai... non sei così importante».
Mi volto verso di lui, fronteggiando il suo sguardo sfrontato.
Mi piace, sì, ma non gli darò la soddisfazione di avere su di me il potere che ha su tutte le altre.
«Davvero? Quindi dedichi una cartella intera nella tua galleria a tutti i tizi che non consideri importanti?».
Divento rossa come un peperone e subito riabbasso lo sguardo.
Maledizione al giorno in cui mi sono lasciata sopraffare dalla rabbia e ho svelato i miei segreti più intimi.
«Immagino di conoscere la risposta». Si siede di fianco a me senza chiedere il permesso, un suo ginocchio urta il mio e quel misero contatto rende l'atmosfera tesa.
«Che cosa vuoi?».
«Io dico che non vuoi saperlo».
Sento la sua mano sfiorare la mia, però non mi tocca. Rimane fermo, con lo sguardo ai suoi piedi che si muovono, giocando con l'acqua come farebbe un bambino.
«Credi di sapere tutto ciò che voglio o non voglio, vero? Sei un presuntuoso di prima categoria».
«Vero...». Non nega, si limita ad accostare la bocca al mio orecchio e a farmi rabbrividire oltre l'indicibile. «Ma è anche vero che le ragazzine ingenue come te hanno sempre paura di scoprire cos'è che vogliono davvero gli uomini come me da loro».
Deglutisco sonoramente, sentendo un calore pericoloso risalirmi la pancia, il collo, le guance e cadere poi brutalmente nello stomaco, fino a scorrere fra le cosce e crearmi fastidio.
«Immagino di aver indovinato».
«Hai una grande immaginazione».
«Fidati... rimarresti sorpresa se potessi anche solo dare un'occhiata».
Se sta cercando di spaventarmi ci sta riuscendo alla grande, il problema principale, però, è che nonostante la paura sento un piacere pericoloso radicarsi nello stomaco, fino ad arrivare a inumidire la stoffa delle mutandine del costume che indosso.
«Lasciami in pace».
Inizio anch'io a muovere i piedi in acqua, concentrandomi su questi. È l'unico modo per non pensare a lui, a quanto è vicino, a quello che potrebbe farmi se solo glielo concedessi.
«Come desideri».
Si lancia in acqua senza ribattere, raggiungendo i nostri amici che si trovano dal lato opposto.
Resto a guardare le sue spalle larghe, la vita stretta, i capelli verdi completamente bagnati e fuori posto.
Dio, è un'opera d'arte.
«Anna... vieni?».
A richiamarmi è Maria che con un cenno della mano mi invita a raggiungerli.
Inizialmente penso solo di rialzarmi e fare il giro per poter fare dal lato loro la stessa cosa che sto facendo qui. Alla fine, però, non so chi mi dà il coraggio di sciogliere il nodo dell'accappatoio e di farmi tuffare in acqua per potermi unire alla combriccola.
Quando arrivo ho già il cuore a mille e non ho minimamente il fegato di vedere se Theø ha avuto una reazione a tal proposito. Mi limito a tenere la parte più nuda di me sott'acqua e a rimanere vicino a Camilla, come se ciò bastasse a tenermi al sicuro.
Restiamo immersi per minuti infiniti a parlare, a prenderci in giro, a tratti persino a raccontarci.
E quando si fa troppo tardi e tutti si tirano fuori, tranne Theø, qualcosa si smuove nella mia pancia e mi costringe a rimanere con lui.
Lo guardo, guardo la mia migliore amica e con un cenno del capo la invito a lasciarci soli.
È una follia. Una cazzo di follia.
«Mi avevi chiesto di lasciarti in pace. Perché sei ancora qui?». Poggia gli avambracci a bordo piscina, sorreggendo il mio sguardo con un'intensità bruciante.
«Volevo solo godermi un altro po' questo posto. Sai, non tutti se lo possono permettere», mento, perché anche se c'è del vero in quelle parole velenose, il motivo per cui sono rimasta non è questo.
Lo so io. E lo sa anche lui.

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