«Non serviva che mi accompagnassi».
«No?». Mordicchio il filtro della sigaretta, reprimendo un sorriso. «Quindi ti piace gironzolare da sola, di notte, in un posto in cui non c'è anima viva ed è buio pesto?».
«So cavarmela».
«Sapersela cavare non significa che fa piacere».
Mi fermo, e lei si ferma con me.
All'inizio fa un po' fatica a sorreggere il mio sguardo, ma poi incrocia le braccia sotto al seno e mi guarda con aria di sfida. «Che c'è?».
«Non potresti solo ringraziarmi?».
«Muori dalla voglia di sentirmi dire grazie, eh?».
«Muoio dalla voglia di sentirti dire tante altre cose, Anna».
C'è una strana elettricità fra noi, qualcosa che lei potrà negare fino allo sfinimento ma con cui prima o poi si ritroverà costretta a fare i conti.
Non può scappare in eterno.
«Grazie... Matteo. È stato molto gentile da parte tua».
«Se non la smetti di chiamarmi così, probabilmente non sarò così gentile la prossima volta».
«È il tuo nome».
«È Theø il mio nome. Matteo non esiste più. È morto e sepolto».
Riprende a camminare con il labbro inferiore incastrato fra i denti. Sembra pensierosa, e le sue successive parole mi confermano che è così: «È per tuo padre?».
«Che c'entra mio padre?».
Sono brusco quando le rispondo, ma il nodo che mi viene alla gola è talmente violento da impedirmi di comportarmi come il menefreghista pacato di sempre.
«Niente. Lascia stare».
Sì. Dovrei proprio lasciar stare.
Eppure quando smette di parlare e ritorna nel suo mondo, lasciando me fuori, non riesco proprio a lasciar perdere.
«Non me ne frega un cazzo di mio padre. Non mi è mai fregato un cazzo di lui».
Non dice niente. Ancora.
E quel fottuto silenzio non fa che aumentare il peso che da troppo tempo grava sul mio stomaco.
«Se pensi qualcosa, dovresti dirla. Smettila di nasconderti dietro le tue paure, altrimenti non riuscirai mai a sbloccarti».
«In effetti penso qualcosa». Annuisce, arrestando la sua camminata per fronteggiarmi, in un atto di coraggio che mi lascia spaesato – e piacevolmente sorpreso. «Penso che non sono affari miei, ma... Quello che dici con la bocca non coincide col dolore che traspare nelle tue canzoni. Fingi che di tuo padre non ti importi, poi, però, quando si presenta alla tua porta è impossibile non accorgersi di quanto fai fatica a gestire le emozioni».
«Emozioni? Cosa sarebbero, esattamente?».
«Non attacca». I suoi occhi guardano così a fondo che dentro di me succede qualcosa.
Qualcosa che non so spiegarmi.
«Non con me».
«Credi di essere speciale?».
«No. Credo soltanto di non essere cieca. Non fingerò di non aver visto ciò che ho visto. Non lascerò che tu finga di non provare niente, dal momento che sei il primo a rimproverarmi quando lo faccio».
Quando ho deciso di rimanere qui, con i ragazzi, con lei, pronto a studiarla e a prendermi ciò che volevo, non immaginavo quanto caparbia fosse.
Non potevo sapere che mi avrebbe reso le cose difficili.
«Sta' fuori da ciò che riguarda il rapporto fra me e mio padre».
«Mi hai chiesto tu di dirti ciò che pensavo».
«Anna... basta».
Tossico.
Fallito.
Inutile.
«Va bene, come vuoi tu. Basta».
Tossico.
Fallito.
Inutile.
«Basta», ripeto.
Tossico.
Fallito.
Inutile.
«Ho detto che va bene. Non sto dicendo nulla».
Tossico.
Fallito.
Inutile.
E ancora... Tossico.
Fallito.
Inutile.
«Basta».
Un senso di oppressione mi induce a fare un passo indietro e a sgranare gli occhi. Sta succedendo di nuovo. Mi sto di nuovo facendo fottere il cervello dalle cattiverie di quel bastardo.
«Theø...».
Anna sembra capire che qualcosa non va e immediatamente fa un passo avanti, accorciando le distanze. «Che succede?».
«Non succede niente».
Eppure il nastro si riavvolge, portandomi indietro nel tempo. Sono appena stato cacciato di casa e non ho la più pallida idea di dove andare. Non ho un lavoro, non ho dei veri amici... Ho solo la musica con me.
Cammino fin quando le gambe non mi fanno male e mi siedo su un marciapiede. Il dolore al petto è opprimente, eppure la mano destra non smette di riversare parole sul mio quaderno.
«Sei strano. Sicuro che non succede niente?». La sua mano su una mia guancia è una carezza che probabilmente non merito dopo la maniera brusca in cui l'ho trattata, ma mi fa socchiudere gli occhi e mi riporta al presente. Con lei.
«Baciami». Lo dico senza neanche pensare, avvolgendole la nuca con una mano e avvicinandomi fino a sfiorare le sue labbra.
Mi sento un coglione.
Fino a pochi istanti fa prendevo in giro Plant, chiedendogli se di colpo avesse iniziato a leggere romanzi rosa... E adesso? Adesso sono io a comportarmi in quella maniera patetica e a supplicare una ragazza di baciarmi.
Che cazzo mi sta succedendo?
«No», sussurra contro la mia bocca, abbassando lo sguardo sulle mie labbra.
Un altro passo ancora e adesso sto toccando le sue. «Perché no?».
«Perché sei uno stronzo. Perché non ti conosco neanche. Perché lo fai solo per smettere di pensare ai tuoi mostri».
Le bacio il labbro superiore, sorridendo crudele. «È vero». Scivolo a quello inferiore, dedicandoci le stesse attenzioni. «Probabilmente adesso ti porterò in tenda e ti scoperò tutta la notte, finché poi domattina ti alzerai e camminerai sentendomi per giorni, mentre a me non fregherà più nulla».
«Davvero? Quindi mi stai dicendo che passi le tue giornate di riposo al Sud, con me, solo per... una scopata?».
Non ci crede.
E, sinceramente, non ci credo neanch'io.
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Theø
Fanfiction«Canzone preferita?». «La Sad Italiana». Inclino leggermente il capo, guardandola incuriosito. Non credo in molti conoscano quella canzone, e per quanto io ci abbia lavorato su e la ami con tutto me stesso, mi chiedo cos'è che faccia sì che le piacc...