Capitolo 2.

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Mi svegliai con il suono stridulo della sveglia che squillava nel buio della mattina. Il mio corpo si sentiva pesante, ma dovevo alzarmi. Non potevo permettermi di rimanere a letto, anche se avrei voluto soltanto nascondermi sotto le coperte e dimenticare tutto.

Mi alzai lentamente, sentendo il dolore sordo dei tagli che mi ero inflitta la notte prima. Erano nascosti sotto maniche lunghe e pantaloni lunghi, un'armatura che mi proteggeva dagli sguardi curiosi e dai giudizi implacabili. Mi vestii in fretta, scegliendo un'uniforme di cameriera con una camicia a maniche lunghe, anche se sapevo che sarebbe stata una giornata calda.

Uscii di casa presto, quando l'aria era ancora fresca e la città stava iniziando a svegliarsi. Camminai verso il mio lavoro, cercando di concentrarmi sul ritmo regolare dei miei passi. Le strade erano tranquille a quell'ora, e mi ritrovai a ripensare alla giornata precedente, alle conversazioni con Marco e Luca che mi avevano dato un breve respiro dalla mia solitudine.

Arrivai al ristorante dove lavoravo come cameriera. Era un posto accogliente, con tavoli ben apparecchiati e il profumo invitante di caffè appena fatto. Salutai i miei colleghi con un sorriso forzato, cercando di nascondere la mia stanchezza dietro una maschera di normalità.

Durante il turno, mi concentrai sul servizio ai clienti. Sorrisi, presi gli ordini, portai i piatti e mi assicurai che tutto fosse perfetto. Era una routine che mi aiutava a mantenere la mente occupata, a distogliere l'attenzione dai miei pensieri più bui.

I clienti erano gentili, per lo più. Alcuni erano distratti, altri sembravano annoiati o impazienti. Non potevo permettermi di prendermela troppo a cuore. Mentre lavoravo, cercavo di non far vedere nulla delle mie emozioni. Ero un'attrice, interpretando il ruolo della cameriera sorridente ed efficiente.

Durante una pausa, andai nel retro del ristorante e presi una boccata d'aria fresca. Guardai il cielo blu sopra di me, cercando di trovare un po' di serenità. Il sole era alto nel cielo, il che significava che la giornata sarebbe stata calda. Mi chiesi se sarei riuscita a sopportare il calore con la mia camicia a maniche lunghe, ma era una preoccupazione secondaria rispetto a tutto il resto.

Rientrai nel ristorante e mi rimisi al lavoro. Il tempo sembrava scorrere più velocemente quando ero occupata, quando avevo qualcosa su cui concentrarmi oltre ai miei pensieri tumultuosi. Era una fuga temporanea, ma era meglio di niente.

                                                                                            * * *

Arrivai a casa e chiusi la porta dietro di me con un sospiro di sollievo. Mi sedetti sul letto e mi sfilai le scarpe con cura. Poi mi tolsi la camicia a maniche lunghe e guardai i segni dei miei tagli sul braccio. Mi sentivo stanca, emotivamente e fisicamente.

Mi diressi verso il bagno e mi feci un bagno caldo. L'acqua calda mi avvolse come una carezza, alleviando un po' della tensione accumulata nella giornata. Chiusi gli occhi e lasciai che il calore penetrasse nei miei muscoli tesi.

Dopo il bagno, indossai una maglietta a maniche corte e dei leggings neri. Mi sedetti di nuovo sul letto. Presi il mio diario e iniziai a scrivere, come facevo ogni sera. Misi giù le mie parole con cura, cercando di trovare un senso nel caos dei miei pensieri.

Ripensai alla giornata trascorsa, al lavoro come cameriera e alla maschera che dovevo indossare ogni giorno. Era una lotta costante tra la mia realtà esterna e il mio mondo interiore, dove i miei demoni mi tormentavano senza tregua.

Mentre scrivevo, sentii le lacrime scivolare lungo le mie guance. Era un modo per sfogare la mia tristezza, la mia rabbia, il mio senso di vuoto. Non era una soluzione, ma era l'unico modo che conoscevo per sopravvivere.

In The End It's Him & IDove le storie prendono vita. Scoprilo ora