Capitolo 7

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Wendy

Quella sera, ancora una volta, rimasi lì, ferma davanti allo specchio, osservando ogni piccolo dettaglio del mio corpo. Il riflesso mi rimandava un'immagine che non riuscivo più a tollerare. I capelli biondi, un tempo motivo di orgoglio, scendevano disordinati sulle spalle. Mi sembrava che persino loro avessero perso la loro vitalità, così come la mia pelle, troppo pallida, troppo segnata dalle notti insonni, dai pensieri che mi tenevano sveglia e dalle preoccupazioni che non mi abbandonavano mai. I miei occhi color cioccolato, profondi e grandi, che avevano incantato tanti, non facevano che fissare, cercare e giudicare.

Ogni sera era lo stesso. Mi guardavo e cercavo di trovare quel cambiamento, quel segno che dimostrasse che i miei sacrifici stavano finalmente portando i loro frutti. Eppure, non vedevo nulla. 

Ogni centimetro del mio corpo sembrava ribellarsi ai miei sforzi. I fianchi, larghi e rotondi, sembravano ancora più pronunciati, e il ventre, che avevo sperato di appiattire, sembrava invece gonfiarsi a ogni respiro. Le cosce, che sfregavano lievemente l'una contro l'altra, mi ricordavano costantemente che non ero come quelle ragazze che vedevo ogni giorno, con gambe lunghe e sottili, snelle e perfette.

<< Perché non sono perfetta come le altre?>> chiesi a me stessa.

Da settimane ormai vivevo con questa ossessione. Era iniziato tutto con un commento, una frase buttata lì, forse anche senza malizia, ma che si era infilata nella mia mente come una lama affilata.

<< Hai messo su qualche chilo sfigata?>>

Venivo continuamente insultata da alcune ragazze alle superiori per il mio fisico. Ogni giorno, sembrava che trovassero una nuova occasione per deridermi, per lanciare frecciatine o commenti crudeli. 

Mi chiamavano con soprannomi umilianti, ridevano del mio aspetto, e lo facevano davanti a tutti, come se fosse un gioco per loro. Sentivo le loro risate risuonare nei corridoi, e ogni parola, ogni sguardo sprezzante, mi faceva sentire più piccola. Mi isolavano, facendomi credere che non fossi abbastanza, che non meritassi di stare lì, di essere accettata o rispettata.

Nel corridoio, durante la pausa, le cose peggioravano. Mentre camminavo cercando di evitare sguardi, sentivo sussurri dietro di me.

<< Guarda come ondeggia mentre cammina, sembra un elefante in equilibrio!>> Esplosioni di risate accompagnavano questi commenti, ed era sempre lo stesso gruppo, sempre lo stesso schema. Vanessa e le sue amiche mi seguivano come avvoltoi, pronte a colpire appena notavano un segno di debolezza. Ogni risata era come una pugnalata, e ogni sguardo di complicità tra loro mi faceva sentire sempre più fuori posto.

<< State tutti attenti, la Balena della quinta liceo è in arrivo!.>>

Per colpa di quelle vacche del mio vecchio liceo, avevo iniziato a saltare i pasti. La prima volta era stata quasi un gioco, un esperimento. "Salto la colazione oggi," mi ero detta, "non ho fame." E quel giorno avevo sentito una strana euforia, come se avessi compiuto un atto di ribellione contro il mio stesso corpo, come se avessi dimostrato di avere il controllo. La fame era arrivata, certo, ma l'avevo ignorata. Mi sentivo forte, invincibile, come se la forza di volontà fosse la chiave di tutto.

La palestra era diventata la mia seconda casa. Ogni giorno mi spingevo oltre i miei limiti, sperando che il sudore che colava lungo la mia schiena fosse il segno tangibile della mia trasformazione. Ogni chilometro percorso sul tapis roulant, ogni serie di addominali, ogni peso sollevato era una lotta contro il mio corpo, contro quella versione di me che non volevo più essere. Eppure, nonostante gli sforzi, il riflesso nello specchio sembrava sempre lo stesso, o forse peggio.

In The End It's Him & IDove le storie prendono vita. Scoprilo ora