Al mio risveglio, una fitta delusione mi attraversò il petto: ero ancora lì, ancora viva, ancora intrappolata in quel ciclo di dolore. Le bende sulle braccia erano umide di sangue, ricordi tangibili di una notte in cui avevo sperato di non dover mai più aprire gli occhi.
Quel giorno decisi di rimanere a casa. Ogni movimento era una fatica, ogni respiro un peso. Rimasi avvolta nelle coperte, incapace di trovare la forza per affrontare il mondo esterno. La luce del mattino filtrava dalle persiane, ma io restai al buio, in un rifugio di tristezza e solitudine. Non avevo voglia di mangiare né di parlare con nessuno. Il telefono squillava di tanto in tanto, ma ignorai le chiamate, incapace di affrontare le domande e le preoccupazioni degli altri.
Passai la giornata a guardare il soffitto, i pensieri che correvano incontrollati. Ogni tanto guardavo le mie braccia, le bende che mi ricordavano quanto fosse difficile trovare una via d'uscita. La televisione accesa in sottofondo non riusciva a distrarmi; ogni immagine, ogni suono sembrava lontano, ovattato.
Il tempo passava lento, ogni minuto una sfida. Le ore sembravano giorni, e ogni pensiero mi trascinava sempre più giù in un abisso di disperazione. Sentivo il mio cuore battere pesantemente nel petto, un ritmo che mi sembrava quasi insopportabile.
A un certo punto, nel primo pomeriggio, sentii il campanello suonare. Chi poteva essere? Non aspettavo nessuno. Con un po' di esitazione, mi alzai e andai ad aprire la porta. Era Sidney, mia sorella, con la preoccupazione chiaramente dipinta sul volto.
<< Evelyn?>> chiamò con dolcezza. << Evy, sei a casa?>>
Non risposi subito, sperando che forse avrebbe pensato che non c'ero e sarebbe andata via. Ma sapevo che lei non avrebbe rinunciato così facilmente. Aprii lentamente la porta, rivelando la mia figura stanca e abbattuta.
<< Oh, Evy.>> disse, venendo subito verso di me. << Cosa è successo?>>
Mi strinsi ancora di più nelle coperte che avevo avvolto intorno a me, cercando di nascondermi dal suo sguardo. << Non potevo andare al lavoro oggi.>> mormorai. << Non ce la facevo.>>
Sidney mi guardò con comprensione. << Va bene.>> disse con dolcezza. << Non devi spiegarti. Sono qui per aiutarti.>>
Il suo tocco e la sua voce mi fecero sentire un po' meglio, anche se solo per un momento. Entrò in casa e andò in cucina, tornando poco dopo con una tazza di tè caldo. << Bevi questo ti farà bene.>>
Obbedii, prendendo la tazza tra le mani tremanti. Il calore del tè mi confortò un po', e il gesto di Laura mi fece sentire meno sola.
<< Vuoi parlare di cosa è successo?>> mi chiese, sedendosi di nuovo accanto a me.
Scossi la testa. << Non c'è niente da dire.>> risposi. << È solo... difficile. Ogni giorno è una lotta.>>
Sid annuì comprensiva. << Lo so. Ma non devi affrontarlo da sola. Sono qui per te, e voglio aiutarti in ogni modo possibile.>>
Le sue parole mi toccarono profondamente. Sentii le lacrime riempirmi gli occhi, ma non cercai di trattenerle. Mi abbracciò, e io mi lasciai andare, piangendo sulle sue spalle. Dopo un po', lei mi lasciò piangere finché le lacrime non si esaurirono. Mi porse un fazzoletto e aspettò pazientemente che mi riprendessi.
<< Grazie.>> dissi infine, asciugandomi il viso. << Grazie per essere qui.>>
<< Non devi ringraziarmi.>> mi rispose. << Sono tua sorella. È il minimo che posso fare. Ma voglio fare di più. Voglio aiutarti a trovare un modo per superare tutto questo.>>
Annuii, sentendo un piccolo barlume di speranza. << Non so da dove cominciare...>> confessai. << ...sembra tutto così insormontabile.>>
<< Un passo alla volta.>> disse. << Cominciamo con qualcosa di piccolo. C'è qualcosa che ti piacerebbe fare oggi? Anche qualcosa di semplice, come una passeggiata o guardare un film insieme?>>
Pensai alla sua proposta. Anche se tutto sembrava difficile, l'idea di fare qualcosa di diverso, di uscire dalla mia routine, mi sembrava allettante. << Forse una passeggiata.>> risposi lentamente. << Ma non lontano. Solo intorno al quartiere.>>
<< Perfetto.>> disse Laura con un sorriso. << Andiamo quando ti senti pronta.>>
Mi alzai lentamente dal letto, sentendo il peso della stanchezza su di me. Sidney mi aiutò a vestirmi, scegliendo vestiti comodi e caldi. Mentre mi preparavo, notai come le sue mani lavorassero con cura, come se ogni gesto fosse un atto di amore e attenzione.
Una volta pronte, uscimmo di casa. L'aria fresca del pomeriggio mi colpì il viso, facendomi sentire un po' più sveglia. Camminammo lentamente, senza una meta precisa, godendoci il silenzio e la compagnia reciproca. Laura parlava di cose leggere, raccontandomi delle sue giornate, dei suoi progetti. Sentivo che cercava di distrarmi, e per un po' funzionò.
La passeggiata ci portò a un piccolo parco vicino casa. Ci sedemmo su una panchina, osservando i bambini che giocavano e le persone che passeggiavano con i loro cani. Per la prima volta in tanto tempo, mi sentii parte del mondo, anche se solo come spettatrice.
<< Come ti senti?>> chiese Laura dopo un po'.
<< Sono stanca... ma anche meglio, credo. Grazie per avermi portata fuori.>>
<< Sono contenta di sentirlo.>> << Ricordati che non devi fare tutto da sola. Sono qui per te, e possiamo affrontare tutto insieme.>>
Annuii, sentendo il peso del suo amore e del suo sostegno. << So che lo dici sempre, e so che è vero. Ma a volte è così difficile accettarlo. Mi sento come un peso.>>
<< Non sei un peso.>> disse Laura con fermezza. << Sei mia sorella. Ti amo, e farei qualsiasi cosa per te. Non dimenticarlo mai.>>
Le sue parole mi commossero. << Grazie, non so cosa farei senza di te."
<< Non devi saperlo.>> sorrise. << Perché non te ne devi preoccupare. Ora, torniamo a casa e prepariamo qualcosa di buono per cena. Cosa ne dici?>>
L'idea di un pasto caldo preparato insieme mi sembrò confortante. Tornammo a casa lentamente, prendendoci il tempo di godere di ogni passo. Sid, mi parlò di una nuova ricetta che voleva provare, e per la prima volta da tanto tempo, mi sentii eccitata all'idea di cucinare qualcosa di nuovo.
Una volta a casa, prese il controllo della cucina, assegnandomi compiti semplici per coinvolgermi. Tagliai le verdure mentre lei preparava gli ingredienti principali. Il profumo del cibo che cuoceva riempiva la casa, creando un'atmosfera calda e accogliente.
Durante la cena, lei continuò a parlarmi, facendomi domande su cose leggere e cercando di farmi sorridere. E funzionò. Mi sentii più leggera, meno oppressa dai miei pensieri oscuri.
Dopo cena, ci sedemmo sul divano con una tazza di tè caldo. Laura accese la televisione e scegliemmo un film da guardare insieme. Mi appoggiai alla sua spalla, sentendo il suo calore e il suo amore.
<< Grazie per oggi.>>
<< Non c'è bisogno di ringraziarmi.>>
Mentre guardavamo il film, mi sentii avvolta da un senso di pace. Sapevo che la strada davanti a me sarebbe stata lunga e difficile, ma in quel momento, mi sentii pronta ad affrontarla, sapendo che non ero sola.
Alla fine del film, mi sentii stanca ma in modo piacevole. Sidney mi aiutò a prepararmi per la notte, assicurandosi che le bende fossero ben strette e pulite. Mi mise a letto con un bacio sulla fronte, promettendomi che sarebbe stata lì al mattino.
Chiusi gli occhi, sentendo il calore della sua presenza. Per la prima volta da tanto tempo, mi addormentai con un senso di speranza.
Il giorno seguente, Sidney se ne era andata a casa sua presto. Mi aveva lasciato un messaggio dolce sulla tavola della cucina, ricordandomi che potevo sempre contare su di lei. Nonostante la sua partenza, mi sentivo un po' più forte, pronta a tentare di affrontare un'altra giornata. Dovevo ritornare al lavoro, un ristorante piccolo ma sempre affollato nel centro della città.
Mi vestii lentamente, cercando di prepararmi mentalmente per la giornata. Guardai le mie cicatrici ancora visibili sulle braccia, ricordando la notte precedente e il conforto che avevo trovato nella presenza di mia sorella. Dovevo essere forte, per me stessa e per lei.
Arrivai al ristorante un po' prima del solito, sperando di evitare qualsiasi confronto diretto con Kevin. I miei colleghi erano già lì, intenti a preparare il locale per l'apertura. Li salutai rapidamente, evitando di incrociare troppo i loro sguardi. Mi immersi nel lavoro, cercando di mantenere la mente occupata.
Ma non passò molto tempo prima che sentissi gli occhi di Kevin su di me. Ogni volta che alzavo lo sguardo, lo trovavo a fissarmi intensamente. Cercai di ignorarlo, ma era impossibile non sentire il suo sguardo penetrante. Il mio cuore batteva forte nel petto, e il nodo allo stomaco si faceva sempre più stretto.
Lui non era noto solo per il suo comportamento autoritario e intimidatorio, ma anche per come trattava male tutti al lavoro. Le sue sfuriate erano frequenti e imprevedibili. Ricordo ancora una volta in cui Wendy, la giovane cameriera, aveva rovesciato un bicchiere d’acqua su un cliente per errore. Kevin l'aveva umiliata pubblicamente, urlandole contro e facendola piangere davanti a tutti.
Un'altra volta, Teo, uno dei cuochi, aveva servito un piatto con una leggera imperfezione. Il capo lo aveva costretto a rifare tutto il lavoro, insultandolo pesantemente per l'incompetenza. Nessuno era immune dalle sue critiche o dal suo disprezzo.
Durante la pausa pranzo decidetti di non mangiare ciò che mi preparai a casa, perchè non avevo fame. Così per passare il tempo, ebbi un’idea folle, al quanto pazza. Notai l’ufficio di Kevin con la porta aperta. Una parte di me mi disse che dovevo entrare, l’altra non era d’accordo. Presa dalla curiosità, entrai dentro e fui accolta da un odore leggero di tabacco e menta.
Mi diressi vero la sua scrivania dove c’erano documenti sparsi sia a terra che sul tavolo. Li raccolsi delicatamente per poi appoggiarli sulla scrivania.
Una cartelletta con su scritto sopra “ Non prendere” mi curiosò molto. Così la presi e la aprii lentamente, dentro c’erano un’insieme e delle foto mie insieme a mia sorella.
Cosa? Perchè aveva le mie foto e quelle di mia sorella?
Nel primo documento c’erano scritte tutte le mie informazioni.
<< Data di nascita il ventisette luglio a Seattle.>> iniziai a leggere tutto ciò che c’era scritto non capendo il motivo per la quale il mio capo avesse tutto le mie informazioni personali. Era così strano...
Presi altre cartellette che riguardava sia la mia vita privata che quella di mia sorella.
Perchè c’erano scritte tutte le mie informazioni?
Evelyn Wright, figlia di Richard Wright e Madeline White.
Sidney Wright sorella di Evelyn.
Evelyn era stata abbandonata dalla sua famiglia a Seattle lei si dovette trasferire a New Orleans trovando un lavoro come cameriera al ristorante GW Fins.
Non ebbi il tempo di continuare a leggere che sentii dei passi verso l’ufficio. Così feci una foto ai fogli e rimisi tutto aposto per poi uscire dalla porta nel retro. Non appena misi piede fuori sentii qualcosa affermarsi per i fianchi. In preda dal panico cercai di liberarmi dalla sua presa ma era così forte che mi trascinò fino al divanetto.
Lo guardai ed era lui. Kevin.
Le sue mani potenti mi bloccarono le braccia contro lo schienale. Si abbassò leggermente avvicinando la sua faccia con la mia. I nostri nasi a si sfiorando delicatamente. Sentii il suo respiro caldo e calmo nel mio collo. I suoi occhi in quel momento erano di un colore blu cristallo, come l’acqua del mare.
<< Che cosa stavi facendo?>>
Dentro di me volevo solo crepare e scomparire da questo mondo. E ora? Che cosa mi invento.
<< Ehm… stavo solo… stavo solo cacciando un gatto che era entrato qui dentro.>> risposi.
<< Un gatto eh? E dimmi un po. Questo gatto è riuscito pure a fare questo?>> chiese mentre rubò il mio telefono dalla tasca e mi fece vedere le foto che feci prima che lui arrivasse.
In quel momento volevo solo affondare dentro il divano e non esistere.
<< Che c’è? Non rispondi ora?>>
<< Mollami.>>
<< No finchè non mi dici perché sei entrata qui dentro.>>
<< Ho detto mollami.>> dissi ringhiando.
<< Vorrà dire che rimarremo in questa posizione finchè tu non parlerai.>>
<< Lai voluta tu.>>
Gli tirai un calcio forte nelle sue parti intime con il ginocchio, e lui si piegò per il dolore tenendosi le sue palle. Lo buttai dal divano mentre mi alzai per poi scappare via.
Rientrai in cucina e continuai il mio lavoro come se non fosse successo nulla.
* * *
Non appena finì di lavorare, mi diressi di corsa vero l’uscita del ristorante per non incontrare Kevin. Una volta a casa buttai le scarpe a terra e mi sedetti sul divano esausta.Tolsi la mia camicia e notai che aveva un profumo non mio. La annusa è sentii un leggero odore di uomo.
Kevin...
Sentii ancora le sue mani tenere le mie braccia contro lo schienale del suo divano. Mi sembrava strano perchè non mi era mai successo di cosa simile.
Mentre pensavo a lui sentii il mio cuore battere più forte.
Perché ho il cuore impazzito? Qualcosa non quadra.
Ripensai ancora ai suoi occhi azzurri cristalli spenti, che dimostravano una specie di buco nero dove ogni volta che lo guardavo mi intrappolavano lì dentro.
Era quasi impossibile uscirne...
Nei suoi occhi avevo letto molte cose... che ora vi dirò.
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In The End It's Him & I
ChickLitEvelyn era una ragazza di Chicago con gli occhi smeraldo, profondi e inquieti, che riflettevano un'anima tormentata. Sin da giovane, imparò a nascondere il suo dolore sotto una facciata di indifferenza. Le sue cicatrici non erano solo sulla pelle, m...