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"Ma come ti è saltato in mente?"
Simone teneva le braccia conserte sul petto e camminava avanti e indietro nel salotto della Villa, suo padre leggeva il giornale e ogni tanto alzava lo sguardo verso di lui per rispondergli. Era arrabbiato con lui perché aveva suggerito a Mimmo che suo figlio sarebbe stato felice di aiutarlo in Matematica, che era vero perché gli avrebbe permesso di passare del tempo insieme, ma voleva che la smettesse di mettersi in mezzo alla sua vita privata.
Quindi quel sabato mattina, Mimmo si sarebbe recato a Villa Balestra per iniziare queste lezioni con Simone, con il permesso del carcere, accordando qualche mattinata per fargli fare attività legate alla scuola. Il direttore era, come si suol dire, un pezzo di pane, anche se severo, ed era un sostenitore delle seconde chance. Era più che felice, infatti, di darne una proprio a Mimmo, che si era dimostrato un bravo detenuto e un bravo ragazzo, che si meritava l'occasione di continuare gli studi una volta uscito.
"Pensavo ti avrebbe fatto piacere, e poi sei davvero bravo in Matematica" osservò lui, bagnandosi poco il dito indice per voltare la pagina.
"Ma non ho mai dato ripetizioni a nessuno. Se dovessi fare schifo in quello?" Chiese Simone agitato. Suo padre scoppiò a ridere e il ragazzo si chiese cosa avesse scatenato quella reazione.
"Hai aiutato Manuel" rispose prontamente e Simone sospirò.
"Manuel è... Manuel, non ci vuole molto" disse, e anche qui Dante sorrise divertito. Non era del tutto vero, Manuel se voleva sapeva applicarsi e non avrebbe avuto nemmeno bisogno di aiuto, ma c'era un motivo se era stato bocciato, quindi Simone si era offerto di aiutarlo.
Dopo un po' Dante chiuse il giornale, tanto aveva capito che non sarebbe riuscito a concentrarsi sulla lettura dei vari articoli con suo figlio che dava di matto.
"Ascolta... non penso che Mimmo si aspetti di fare lezione con un professore, è ovvio che sia tutto un pretesto, organizzato da me, perché altrimenti qui chissà quanto tempo sarebbe passato prima che lui facesse amicizia con qualcuno... come ti avevo suggerito" aggiunse alla fine, come se gli dessero una medaglia per questo.
Simone rimase in silenzio, e dopo un po' annuì sconfitto. Non gli avrebbe certo detto che era ben contento di passare del tempo con Mimmo fuori scuola.
"Dado, c'è un ragazzino alla porta ma non mi sembra uno dei tuoi studenti!" esclamò Virginia dal corridoio.
"No, mamma, infatti è lo studente di Simone" rispose lui, alzandosi dalla poltrona e andando incontro ai due, con Simone al seguito.
Alla porta c'era Mimmo, con uno zaino in spalla, ma non sembrava molto entusiasta di fare Matematica con Simone. Il ragazzo lo guardò cercando il suo sguardo, ma Mimmo lo evitò più che potè.
"Ciao, Mimmo. Allora, penso possiate andare in camera di Simone, così nessuno vi darà fastidio" gli disse, appoggiando la mano sulla spalla. Pian piano Mimmo si stava abituando a questi gesti, ma gli davano ancora fastidio.
"Andiamo dai..." disse Simone, facendo strada a Mimmo, e mentre salivano le scale, sua nonna si offrì di portar loro dei biscotti e un po' di aranciata.
Mimmo entrò nella stanza del ragazzo, e si chiuse la porta alle spalle. Si guardò intorno e rimase affascinato dall'arredamento, che non era nulla di ché, era una semplice stanza, ma quella era la stanza di Simone.
Gli sarebbe piaciuto avere anche lui una stanza tutta sua, arredata con tutta la roba che piace a lui. Avrebbe una libreria piena di libri, non importava il genere perché lo aveva sempre affascinato la lettura, e in carcere non aveva molta scelta, rileggeva sempre gli stessi libri. Uno era i Promessi Sposi, aveva sempre pensato fosse una palla come libro, ma si era dovuto ricredere, ed era riuscito a leggerlo in un paio di giorni; l'altro era Romeo e Giulietta, si quello non era un romanzo, ma gli era piaciuto molto e si era anche commosso quando morì Mercuzio e quando morirono i due protagonisti della storia.