CAPITOLO 5

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MIRA

La ressa per la colazione fu qualcosa di indecente. Tanti di quegli studenti ammassati per cercare di conquistarsi un posto sui lunghi tavoli. Nemmeno sembrava ce ne fossero abbastanza.

Ci avevano fatto abbandonare i bagagli nella Hall principale, che si apriva su enormi librerie stanziate da ambo i lati e una specie di sala centrale con tanto di divanetti e tavoli, dove immaginavo mi sarei seduta diverse volte a studiare cose di cui non me ne fregava assolutamente niente. O forse avevano anche una biblioteca.

In ogni caso, che sarebbe cambiato? Sempre di numeri e finanza si parlava.

No. Sorridi, Mira. Sorridi e fa finta di niente.

Dopo aver preso il vassoio con sopra una brioche vuota e un caffè, mi guardai intorno per cercare un posto dove andarmi a sedere. La situazione cominciava a diventare drammatica: tante teste e tanti volti ignoti che non mi dicevano nulla. In mezzo alla massa non mi ero mai trovata bene, anche alla mensa del liceo prendevo quanto dovevo mangiare e mi nascondevo nel giardinetto dietro l'istituto.

Preferivo stare da sola.

La compagnia era difficile da sopportare, ma crescendo mi ero resa conto di quanto questa fosse fondamentale. Non solo magari per provare a superare un compito in cui non avevi capito nulla di ciò che aveva spiegato l'insegnante, ma anche per parlare... per confrontarsi su quelle emozioni che sono in grado di divorarti l'animo da dentro.

Mentre voltavo lo sguardo a destra e a sinistra, alla ricerca di un posto libero, schivai anche un ragazzo che mi passo davanti in tutta fretta.

Si girò solo per un secondo, pensai volesse scusarsi, ma il ghigno che mi rivolse sembrava tutt'altro che dispiaciuto. Il sopracciglio rosso, con un piercing a adornarlo, si inarcò come se stesse apprezzando ciò che aveva davanti.

Che schifo.

Cercai di non mostrare il mio disgusto. Non mi era mai piaciuto come alcuni mi guardavano, al pari di un mero pezzo di carne in cui affondare dei cazzi difficili da trattenere.

«Mira! Ehi, Mira! Ti abbiamo tenuto il posto.» In mezzo al brusio, riuscii a scorgere la provenienza della voce e la vidi. Laggiù, seduta all'ultimo tavolo, Ariel stava alzando la mano, con un sorriso a trentadue denti sul viso.

Trassi un respiro di sollievo e fui più che contenta di allontanarmi dal ragazzo dai capelli rossi, che uscì in tutta fretta accompagnato da due amici che avevano l'aria di poter fare a botte con il primo che avrebbe osato guardarli male.

Presi posto accanto ai due fratelli e a Cherì.

«Troppo casino, eh?» La francese si sciolse la lunga treccia castana, lasciando che la composizione armonica del suo viso finisse di venire alla luce. Sembrava una bambola con quegli occhioni azzurri e la pelle perfetta.

«Abbastanza, ammetto che non ci sono abituata.»

«Non ti piace la compagnia?» Ale rubò una delle tre brioche dal vassoio della sorella. Dato il vuoto che aveva davanti, era evidente che non avesse nemmeno fatto la fila per cercare di accaparrarsi qualcosa.

«Maleducato! Non si mettono le mani nel piatto degli altri.» Protestò la ragazza dalle punte dei capelli blu.

«Ma smettila.» Disse di rimando il fratello ficcandosi più di mezzo dolce in bocca.

Per lo meno, anche se facevano parte delle famiglie più ricche, tutto sembravano tranne che altezzosi. E la cosa mi faceva davvero piacere.

«Secondo voi, in quale dei tre gruppi ci smisteranno?» Il silenzio che era calato tra noi durò appena pochi secondi, interrotto da Cherì che ci sondò tutti con curiosità.

Madness (Wallstreet University Vol.1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora