CAPITOLO 10

86 7 9
                                    

MIRA

Non appena mettemmo piede nell'aula magna, qualcosa di grottesco mi si appiccicò addosso. Le finestre erano oscurate da tende rosse e la stanza era stata gettata nella penombra.

Avanzai di un passo e affondai la scarpa bianca in qualcosa di liquido e appiccicoso.

Abbassai lo sguardo.

Una forte nausea mi risalì in corpo insieme a un potente odore ferroso.

Sangue. Quello che avevo appena calpestato era del maledetto sangue.

Stavo per gridare ma Hunt si portò l'indice alle labbra.

«Niente urla, ragazza misteriosa.»

«Niente urla? Ma che cazzo avete combinato qui?» Ale avanzò in fretta, affiancandomi, ma nel farlo urtò qualcosa di metallico che rimbalzò sul pavimento.

Quando riuscii a individuarlo, il cuore prese a battermi in petto come un tamburo.

Era.

Un.

Bozzolo.

Di.
Proiettile.

Ma stavamo scherzando?

Socchiusi le labbra mi misi una mano davanti alla bocca.

No, non poteva essere. La versione del bacio era preferibile a qualsiasi cosa accadesse davvero lì dentro.

Quando riuscii a riportare lo sguardo sui tre mostri che avevo davanti, ogni speranza crollò come un castello di sabbia in balìa di una tempesta.

Dave avanzò verso di noi con un cuscino rosso in mano. Sul velluto, c'erano appoggiate due pistole.

«No.» Feci un passo indietro. «Voi siete pazzi.»

«Tesoro, non hai idea di quanto.» Morghana ridacchiò, portandosi dietro le risatine degli altri due.

Alzai lo sguardo su Hunt che teneva le mani nella tasca della felpa. Era tranquillo, con un sorrisino divertito in volto.

«Ma è illegale.» Ale lo sussurrò appena.

«Illegale? Cazzo, certo che lo è.» Disse Dave lasciando cadere il cuscino a terra. «Ma siamo noi a decidere.»

«Il preside non può lasciarvi fare una cosa simile, non è possibile che sia d'accordo.» Strinsi i pugni lungo i fianchi e andai contro il rosso, piazzandomi davanti a lui.

«Uh. Che carina che sei.» Si leccò le labbra. «Però, tanto per cominciare, è la preside.»

La tentazione di mollargli un pugno in faccia si fece strada con ferocia, ma non vi riuscii.

Dave mi lasciò di sasso quando si piegò su di me e con rapidità estrema mi rubò un bacio.

Negli istanti successivi, si udì solo un sonoro schiocco. Il colpo inferto dal mio palmo stampato a tutta velocità sulla sua faccia.

«Provaci di nuovo e me la pagherai.» Digrignai i denti. La ferocia mi stava mandando il sangue al cervello. Cominciavo a vedere rosso.

«Sarei curioso di sapere in che modo.» Si allontanò senza smettere di mostrare quella stupida espressione che si era incollato alla faccia e indicò a me e ad Ale le pistole a terra.

«Le regole sono semplici, dovete dimostrare lealtà.»

La lealtà gliel'avrei dimostrata volentieri a calci.

«In che modo?» Ale ingoiò pesantemente.

«Semplice, sparatevi. Chi sopravvive, passerà alla terza prova.»

Socchiusi la bocca e spalancai gli occhi. Feci scorrere lo sguardo su tutti e tre.

Morghana si era accesa una sigaretta...dentro l'aula magna.

Dave aveva una maschera sadica degna del peggiore circo degli orrori.

Hunt era diventato serio. Una vena gli pulsava furiosa sulla tempia.

E i sei valletti dietro se ne stavano semplicemente a giocare con i cellulari, le loro facce erano avvolte dalla luce spettrale dei telefoni.

Erano indifferenti.

No, doveva essere un incubo orrendo. Mi pizzicai un braccio nella speranza di svegliarmi. Non era possibile.

«Se vuoi farti del male, te lo procuro io volentieri.» Il rosso ammiccò con le sopracciglia, alzandole e abbassandole più volte.

Quando il dolore svanì dalla pelle, mi resi conto che non stavo affatto sognando.

Tutto divenne improvvisamente freddo, avvolto dalla penombra. Il mio campo visivo si ridusse a fissare solo le pistole e Ale, che appariva disperato tanto quanto me.

«Mira...» Mi si avvicinò e si piegò per afferrare una delle pistole e passarmi l'altra.

Era pesante, fredda.

La aprii per controllare il tamburo, ancora speranzosa che tutto quello fosse uno scherzo. Ma quando il rullo venne fuori, scoprii che dentro vi erano non uno, ma sei proiettili. Erano cariche.

«Immagino avrete capito che vi basterà un solo colpo.» Dave scrollò le spalle. «Ma, ehi, erano già cariche e non avevo voglia di svuotarle.»

Sparare a qualcuno per entrare in un'università era da folli.

Vidi Ale sollevare la pistola e puntarla contro di me. Il cuore cominciò di nuovo a impazzire.

Non poteva finire così.

Davvero mi avrebbe sparato?

Certo che mi avrebbe sparato. Avevo sentito coppie dire "qualsiasi cosa accada, promettimi che farai andare avanti me", avevo visto gente disperarsi per non essere riuscita a superare il test di ingresso.

E lui sapeva che io non volevo essere lì.

Quella scuola era il punto di partenza per chiunque volesse diventare qualcuno, l'esclusione a seguito delle prove comportava disonore per le famiglie.

Cazzo.

Ero nella merda fino al collo.

L'Apple Watch mi si illuminò al polso destro, sotto la stessa mano con cui stavo tenendo la pistola. Erano le due di pomeriggio.

Quei tre stronzi avevano fatto passare alle matricole quattro ore di inferno.

Quattro ore di straziante agonia dove nessuno sapeva cosa sarebbe accaduto.

Quattro ore in cui avevano eliminato dall'equazione molti giovani studenti volenterosi di soddisfare le proprie ambizioni e quelle famigliari.

Erano davvero Carnefici.

Erano davvero Oppressori.

Erano davvero Tiranni.

Sollevai a mia volta la pistola.

Potevo cambiare le cose, non mi importava del mio futuro, non avevo mai avuto davvero uno.

Le prove cambiavano in base al rappresentante dei gruppi, erano loro a decidere cosa far fare alle matricole.

Eliminare dal problema la variabile instabile. Era una delle frasi che per tutta la vita mio padre mi aveva sempre ripetuto.

Un ultimo respiro.

Un ultimo fiato abbandonato nei meandri della mia vita da persona "libera e fuori dalle sbarre".

Sparai.

Tre colpi.

Contro le tre bestie che avevo davanti. 

Madness (Wallstreet University Vol.1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora