Five

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Enea inserì la chiave nella serratura e aprì la porta. Con un tonfo leggero, questa si richiuse alle loro spalle, isolandoli dal rumore della strada. La luce fioca proveniente dalla mezzaluna sopra l'architrave illuminava appena una rampa di scale che si estendeva di fronte a loro.

"Ecco," disse Enea, indicando le scale. "Dobbiamo salire all'ultimo piano."

Salirono lentamente le sei rampe di scale, due per ogni piano. Enea sentiva il cuore battere velocemente, come se volesse scappare dal petto. Ogni gradino era come un passo verso un territorio sconosciuto, eppure familiare.

Alla fine dell'ultima rampa di scale, la porta del suo appartamento si ergeva di fronte a loro. La luce che filtrava dalle finestre illuminava appena il corridoio deserto.

"Senti..." Artyom interruppe il silenzio improvvisamente. La sua voce, calma e gentile, risuonava nel silenzio circostante, ma il suo tono face tremare le viscere di Enea. "Spero che tu non ti sia fatto l'idea sbagliata."

Enea, teso come una corda di violino, sospirò profondamente. "Non sono sicuro di cosa pensare, sinceramente," rispose, aprendo la porta del suo appartamento.

Mentre la porta dell'appartamento si apriva, mossa dalla mano del più alto, un'atmosfera carica di tensione si diffondeva nell'aria.

Artyom si fermò un istante sul pianerottolo, scrutando l'entrata dell'appartamento con un'espressione indecifrabile.

"Non so davvero che idea mi sono fatto... Io voglio.. ," ripeté Enea, quasi sottovoce, come se stesse cercando di riportare il suo stesso pensiero alla ragione.

Artyom annuì lentamente, come se comprendesse. "Non voglio che tu pensi che io... voglia approfittare di te o qualcosa del genere," disse sinceramente. "Voglio solo... passare del tempo con te."

Il pasticcere fece un sospiro profondo "Tu mi piaci un sacco, Artyom," ammise sinceramente. "Insomma, vorrei conoscerti, io... era un po' che volevo una scusa per parlarti. Non era così che pensavo che sarebbe andata, ma se vuoi fare sesso io posso-"

Prima che potesse finire la sua frase, Artyom lo interruppe con una dolcezza inaspettata. "Hey... Hey..." sussurrò gentilmente. "Mi hai frainteso, bambino. Dai, entriamo."

Il salotto di Enea era accogliente, con tonalità calde e morbide che rendevano l'ambiente confortevole. Un grande divano di pelle scura dominava la stanza, affiancato da poltrone comode e un tavolino basso al centro. Sopra il camino, una serie di fotografie incorniciate raccontavano la storia della sua famiglia. Una finestra era rimasta aperta, e il vento fresco della notte aveva raffreddato la stanza.

Il più alto si avvicinò alla finestra, chiudendola con un sospiro di sollievo, mentre Artyom esplorava curiosamente la stanza, osservando gli oggetti con interesse.

Il silenzio tra di loro era confortante, ma la tensione sembrava ancora persistere. Nonostante ciò, l'intimità delle mura che li circondavano rendeva il tutto più sopportabile.

"Siediti pure, se vuoi," disse Enea, invitando Artyom a prendere posto sul divano con un gesto della mano, mentre lui stesso si sedeva di fronte a lui.

Artyom esitò per un istante prima di parlare. "Enea..."

Il tono del russo era serio, quasi solenne, e il suo sguardo si posò intensamente su di lui, come se volesse penetrare nell'animo del pasticcere.

"Vuoi qualcosa da bere?" tentò di distogliere l'attenzione Enea, cercando di spezzare la tensione, mentre si alzava per raggiungere il mobile bar.

Ma Artyom non lo interruppe, continuando a fissarlo intensamente.
"Calmati, Enea," disse infine, posando delicatamente una mano sulla spalla di Enea per rassicurarlo.

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