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«Ethan, hai già scopato e te la sei data a gambe?» mi ferma Addison che è seduta sulla panchina con il suo solito libro.

«Sei gelosa?» la infastidisco.

Alza gli occhi al cielo e riprende la lettura ignorandomi.

«Quante volte l'hai letto?» chiedo curioso.

«Ho perso il conto. È l'unica cosa che ho di mio fratello.» si rattristisce.

«É davvero importante per te.» ipotizzo.

«Tanto. Philip era l'unica persona che mi stava accanto nel bene e nel male.» si sfoga.

«Philip Sells?»

«Sì Ethan, eravamo i tuoi vicini di casa. So che non sapevi avessero due figli, immagino che pensavi fossi morta alla nascita o qualche stronzata simile.» si sfoga ancora.

«Ti hanno nascosta per più di cinquant'anni?» chiedo ancora.

«Sei curioso eh!» ridacchia. «Sì, anche il mio fidanzato, cioè ex marito mi ha nascosta con il loro aiuto.» confessa. «Nessuno vuole una bambina e poi moglie con un problema al cervello a causa del quale può sentire anche a distanza di km e legge nel pensiero random.» continua tutto d'un fiato.

Ora capisco perché è così acida. Ha vissuto una vita di merda, dove nessuno le ha voluto bene veramente a parte suo fratello. Si é creata un muro davanti a sé e non intende abbatterlo per non soffrire ancora.
So che in questo momento starà sentendo tutto ciò che sto pensando tra me e me, ma non sto dicendo niente di male, solo la verità.
Sapevo fosse una brava ragazza, in fondo.
Sento che piano piano si sbloccherà e riuscirà a distruggere il muro.
Mi guarda, accenna un sorriso e poi ritorna con gli occhi sul suo amato libro.

Suona una specie di allarme, tutti iniziano a camminare verso la sala comune in cui ero poco fa con Addison, li seguo a mia volta e il Dottor Brown prende un microfono tra le mani; ha un annuncio per tutti noi.

«Oggi è il giorno dell'osservazione: verrete chiamati uno alla volta attraverso il numero a voi assegnato e insieme alla signorina Sarah andrete in una stanza dell'ala destra e procederemo con una visita non invasiva per controllare che stiate bene.» afferma per poi andare via subito.

«Si certo, una visita...» sussurra Addison con tono diffidente.

«Che hai?»

«Lasciami stare, per favore.» implora.

Un minuto prima mi racconta tutta la sua vita e un minuto dopo non vuole nemmeno parlarmi. Le ragazze sono tutte psicopatiche.

Quando va via arrabbiata con quel bellissimo culo sodo che si ritrova mi fa impazzire.
Cosa diavolo sto dicendo?
É insopportabile.

«Amico, Addison è irraggiungibile.» afferma un tizio.

«Non mi interessa, è insopportabile.» dico.

«Ho provato a scoparmela così tante volte quella troietta...» dice ridendo di gusto.

Istintivamente gli do un pugno sul naso che comincia subito a sanguinare. Da questo momento parte una rissa con questo tizio sconosciuto, potrebbe anche uccidermi potenzialmente, non so che "poteri" abbia e non vorrei scoprirlo per difendere quella vipera.
All'improvviso dalle sue unghie escono dieci artigli affilati, cerco di schivarli fino allo sfinimento, ma dopo avermi dato un calcio fortissimo sullo stomaco sono a terra e i suoi artigli sono dentro di me. Li esce velocemente e mi fulmina con lo sguardo. Fino a quando il Dottor Brown corre verso di noi con una barella e mi porta dentro una stanza simile a quella di un'ospedale.

«Se volevi essere il primo ad essere osservato, bastava chiedere.» ridacchia.

Non c'è niente da ridere, sto per morire per difendere una ragazza di cui non me ne frega niente e questo se la ride contento.

«Morirò?» chiedo.

«Non sei morto per ventidue volte, è la ventitreesima che dovrebbe preoccuparci?» ride ancora.

«L'ultima volta sono stato in coma per quasi quarant'anni, non è stato divertente.»

«Non sei stato in coma a causa dell'incidente d'auto.» spiega. «Sei stato in coma perché i tuoi genitori hanno voluto così.» confessa.

Questa confessione mi ha destabilizzato.
I miei genitori si sono tolti dai piedi il peso di avere un figlio "malato" mettendomi in coma farmacologico su richiesta e il dottore invece di consigliare loro di tenersi stretto il proprio figlio, ha accordato questa follia.
Inizio a pensare che la mia vita è stata un'intera farsa.

«Questa volta nessuna operazione. La ferita si è ricucita da sola. Mi ringrazierai per averti consigliato di venire qui.» ammicca.

Esco dall'ala destra e sto bene.
Neanche un graffio.
Il tizio che mi ha picchiato rimane sconvolto e allo stesso tempo si sta cagando addosso.

«Non ti ucciderò.» lo tranquillizzo. «Non oggi.» ammicco.

Addison mi corre contro e mi abbraccia spontaneamente per poi scostarsi imbarazzata.

«Ammettilo, mi volevi morto.» la prendo in giro.

«David è un coglione.» dice.

«Ha detto-»

«So cosa ha detto, ma non dovevi difendermi, so difendermi da sola.»

«Non sono riuscito a controllarmi.» sostengo.

«La lezione di quella vecchia non era poi così inutile allora!» scherza.

In questo posto le emozioni sono amplificate, fuori di qui non avrei picchiato quel tizio per avere insultato una perfetta sconosciuta.
Mi capitava di fare a botte con qualcuno, ma perché partecipavo a degli incontri di lotta clandestina e non perché l'istinto mi diceva di farlo.

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