1.2 - aperture

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Era passata più di una settimana da quando i due ragazzi si erano sentiti l'ultima volta, ma non passò giorno senza che Manuel telefonasse all'altro o gli riempisse il cellulare di messaggi.

Simone era andato a Glasgow dalla madre, era partito il giorno dopo aver scoperto che Manuel stava continuando a frequentare i suoi giri loschi.

Era partito senza avvertire nessuno, se non suo padre – il quale, ovviamente, cercò di dissuaderlo e farlo ragionare, senza però ottenere alcun risultato –, e continuava a ignorare qualsiasi chiamata o messaggio gli arrivasse da parte del castano.

La madre gli chiese il motivo della visita inaspettata, ma Simone inizialmente non si confidò. Lo fece la settima sera, quando si sentiva particolarmente triste, più del dovuto.

Stava soffrendo per quella situazione, perché lui per primo avrebbe voluto andasse diversamente.

Quella sera, era comodamente sdraiato sul divano davanti alla televisione, pronto a iniziare una nuova serie tv giusto per passare il tempo, e la madre si sedette accanto a lui portandogli una tisana.

«Grazie» disse solamente il ragazzo.

«Simone» iniziò la madre. «Vuoi dirmi per favore che cos'hai? Prima o poi dovrai tornare a Roma, tornare a scuola... tornare alla tua vita. Sfogati con me finché sei qui» gli chiese. Voleva aiutare il figlio, ma non poteva farlo se tutto ciò che si dicevano era "Ciao", "Come stai?" e "Com'è andata oggi a lavoro?"

«Messaggio ricevuto, domani torno a Roma» rispose lui scorrendo le serie di Netflix.

«Non ho detto questo... vorrei solamente aiutarti» disse avvicinandosi a lui e dandogli una carezza delicata.

«Non mi serve aiuto.»

«E allora perché sei scappato da casa rifugiandoti qua senza alcun piano di rientro?»

«Avevo bisogno di staccare un po'» rispose e non era del tutto falso.

«Da papà?» e a quella domanda il ragazzo voleva mentire, dire che il problema fosse lui, ma non ci riuscì. Sentiva che la madre stava colpendo tutti i suoi punti, stava riuscendo a far dirompere la piena che si portava dentro da una settimana e più.

«No, sembrerà strano, ma per una volta papà non c'entra niente» rispose posando il telecomando e girando il suo corpo nella direzione della madre. «Devo dirti una cosa, mamma» annunciò in tono grave.

Finalmente stava per confessare a un essere umano che non fosse Manuel la sua sessualità. Non si era mai sentito così agitato come in quel momento.

«Sai che tua madre è qui per ascoltarti. Basta che parli, però» scherzò facendo sorridere il piccolo.

«Non ho mai cercato le parole per dire a qualcuno quello che sto per dire a te, perché credevo che non ne avrei mai avuto bisogno, o almeno non per il momento... quindi andrò diretto per togliermi subito questo peso» iniziò. Fece una pausa, durante la quale madre e figlio si guardarono negli occhi per istanti che parvero eterni, e poi parlò di nuovo: «Mi sono innamorato» annunciò.

«Oh... e lei non ricambia?» domandò la madre, perdendo il contatto con lo sguardo del figlio, poiché a quella risposta era emigrato verso il vuoto. «Ah» disse poi. «È un ragazzo» continuò.

Simone annuì, non trovando la voce – né il coraggio – per continuare la conversazione.

«Beh, Simone, se era questa la tua paura non devi assolutamente preoccupartene. Io ti amerò sempre per quello che sei, l'importante è che tu stia bene» lo rassicurò la madre.

«Non ti dispiace che non avrai mai un nipotino?» domandò Simone ironico per tastare il territorio.

«Da un po' di anni esiste l'adozione, non ne hai mai sentito parlare?» rispose lei sorridendo.

alla fine eri tu, fin dall'inizio | simuel [◌]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora