Simone aveva prelevato dal suo conto in comune con la madre cento euro, fingendo che gli fossero serviti per comprarsi dei vestiti nuovi. Obbligò Manuel, ancora incerto sul da farsi, ad accettarli e lo seguì a casa sua per aiutarlo in caso di necessità.
Il maggiore entrò nel suo garage e aspettò l'arrivo di Sbarra, o più probabilmente del suo scagnozzo, che non lo fece attendere più di tanto.
«Ecco qui il pischelletto» disse infatti Zucca non appena questo gli aprì la porta. «Ndo stanno li sordi?» chiese con fare minaccioso.
«Eccoli» rispose il giovane tirando fuori duemila euro in contanti, nei quali erano compresi i cento prestati da Simone.
«Aspetta che 'i devo contà» gli disse entrando e iniziando la conta del denaro. «Bene, so' ggiusti. E questa-» continuò contanto trecento euro «è 'a parte tua, pagamento de Sbarra» concluse.
«Grazie» disse lui solamente.
«Poi domani devi passà a' 'o sfascio pecché Sbarra c'ha n'artro lavoretto pe'tte» gli comunicò.
«Senti, Zucca... io me vorrei tirà fòri da 'sta storia» annunciò Manuel cercando di non incontrare lo sguardo dell'omaccione di fronte a lui.
«Che, 'on te fanno più comodo li sordi?» domandò ridacchiando.
«Certo che me fanno comodo, è che sto a rischià troppo co' a pischella mia» mentì.
«Vabbè, 'on 'e faccio io 'e regole, devi parlà co' Sbarra» replicò lui. «Passa domani» disse infine, per poi nascondere i soldi nella sua giacca di pelle e andarsene.
Simone venne fuori dal suo nascondiglio e disse a Manuel: «Domani andiamo da Sbarra, ti accompagno, e gli dici tutto. Va bene?»
«Va bene» disse lui solamente, cercando di nascondere al meglio che poteva tutte le sue preoccupazioni a riguardo.
«Questi so' tuoi, comunque» disse Manuel dando a Simone un terzo dei soldi che gli aveva appena dato Zucca. Simone li prese, anche se controvoglia, e se li mise in tasca.
La giornata passò, così come la notte, molto lentamente. Manuel era preoccupato: a scuola non riuscì a concentrarsi, non prese neanche un appunto e non seguì nemmeno la lezione di Filosofia, che consisteva nella conclusione dell'argomento "Montaigne: chi siamo".
Subito dopo le lezioni, i due ragazzi si diressero verso lo sfasciacarrozze più illegale di Roma: volevano entrambi che questa storia arrivasse ad una fine il prima possibile.
«Tu m'aspetti qua, se te vedono pensano che c'ho paura e 'on 'o devono capì» gli comunicò tenendo gli occhi fissi sullo sfascio.
«Va bene, ma se solo provano a sfiorarti parto» rispose e, a quelle parole, Manuel cinse la vita del corvino con un braccio per stringerlo a sé. Non poteva baciarlo all'aperto, quindi trovò un metodo alternativo per dimostrargli la propria gratitudine.
«Vabbè, io vado» disse sentendo l'adrenalina scorrergli nelle vene.
«Mi raccomando: deciso» e, facendosi coraggio con queste parole, partì alla volta dell'ufficio, se così poteva chiamarsi, di Sbarra.
«Guarda chi abbiamo qui: alla fine ce l'hai fatta a finì er lavoretto a' 'a moto» disse lui, accogliendo il ragazzo con il suo tipico sorriso malefico.
«Sì, per fortuna a' 'a fine ho trovato 'n compratore.»
«E se mo sei qui, deduco che Zucca t'abbia detto dell'altro lavoretto che c'ho pe'tte» suppose, ma si sbagliava; non era lì per quel motivo. E si stupì anche del fatto che il suo segugio non gli avesse rivelato le sue intenzioni.

STAI LEGGENDO
alla fine eri tu, fin dall'inizio | simuel [◌]
Fiksi PenggemarAll'inizio del racconto Manuel è appena stato lasciato da Alice, la ragazza di cui crede essersi innamorato. La stessa notte cerca consolazione da Simone, ma dopo qualche birra e qualche canna le cose prendono una piega ben diversa. Come andrà a fin...