Manuel l'aveva fatto davvero.
Qualche giorno prima aveva portato a Sbarra i primi mille euro e quel giorno stesso altri mille, chiedendogli di pagargli la prima parte, equivalente a trecento euro, in anticipo.
Finse di voler comprare un anello alla sua fidanzata, perché ogni volta che la nominava quell'uomo senza cuore, né un minimo di riguardo per niente e per nessuno, si inteneriva. Assurdo solo a credersi, ma era così.
Manuel avvisò sua madre con un biglietto lasciato sul proprio cuscino nel cuore della notte e poi uscì di casa. Non poteva credere neanche lui al fatto che non avesse chiesto aiuto a nessuno per quella pazzia che stava commettendo se non all'uomo che gli stava rovinando la vita; quando si tiene davvero ad una persona, si possono arrivare a compiere anche gesti molto estremi.
Una volta arrivato a destinazione, si chiese per l'ultima volta se stesse facendo la cosa giusta. Aveva paura. Ma la voglia di farsi perdonare per i suoi errori superava qualsiasi altra emozione, quindi smise di pensarci e andò avanti con le sue intenzioni.
Parlando con la madre, Simone si era finalmente convinto che non poteva perdere tutti quei giorni di scuola e stare lontano così a lungo dalla sua vita. Così, quella mattina, avrebbe voluto svegliarsi molto tardi siccome il giorno dopo sarebbe tornato alla sua vita di sempre a Roma.
Tuttavia, i suoi piani furono mandati all'aria dall'insistenza con cui il campanello di casa sua continuava a suonare.
Dopo qualche minuto, Simone si alzò guardando che ore fossero: le otto del mattino, decisamente troppo presto.
Cercando di togliersi l'espressione criminale che si era stampata sul suo volto, andò ad aprire imprecando contro qualsiasi oggetto si trovasse davanti.
Il campanello continuava a suonare e Simone, esasperato, aprì la porta senza neanche controllare chi fosse dallo spioncino, per far finire il prima possibile quella tortura.
Non poteva credere ai suoi occhi, era senza parole, completamente paralizzato di fronte alla figura che si stagliava di fronte a lui.
«Ciao, Simò» lo salutò Manuel sorridendo.
«M-Manuel» riuscì a dire solamente, balbettando. Oltre al sonno, anche lo stupore per quella visita inaspettata non stava giovando alle sue capacità comunicative. «Che-che ci fai qui?» disse dopo qualche attimo di pausa.
«Posso entrà prima? Glasgow 'on è proprio calda come Roma, soprattutto a quest'ora» chiese e il corvino si spostò dalla porta per permettere all'altro di passare.
«Allora?» domandò di nuovo il corvino.
«'on sapevo quanno saresti tornato e ho pensato de venì qua io. C'avevo bisogno de vedette» spiegò e Simone nascose un sorriso nel sentire queste parole.
«Sarei tornato domani in ogni caso» disse tuttavia.
«Sì, ma io 'on 'o sapevo. Che dovevo fà?»
«Manuel, io non... avrai speso una fortuna per venire fin qui.»
«'on te devi preoccupà pe' questo. L'ho fatto pecché dovevo vedette, parlatte... te volevo dimostrà che ce tengo, pe' davero Simò» disse il castano.
Simone sentì le lacrime spingere per uscire. Non poteva credere che Manuel fosse volato fin lì solamente per vederlo, questo davvero gli dimostrava quanto l'altro tenesse a lui.
«Manuel...» provò a parlare, ma l'altro lo fermò: «Aspetta, famme prima parlà. Riguardo ar bacio co' Chicca, spero che tu me creda che io 'on ho fatto nniente de nniente. Mentre co' Sbarra, giuro che finisco de vende' l'ultima robba solo pe' salvarme a pelle e poi 'o mollo, 'o mollo pe' sempre. E se me dice de continuà, troverò 'n modo pe' non farlo. T' 'o ggiuro, Simò, vojo fà 'e cose per bene, pe'tte» disse tutto d'un fiato, sperando di non mangiarsi le parole mentre parlava velocemente per riuscire a dire tutto.
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alla fine eri tu, fin dall'inizio | simuel [◌]
Hayran KurguAll'inizio del racconto Manuel è appena stato lasciato da Alice, la ragazza di cui crede essersi innamorato. La stessa notte cerca consolazione da Simone, ma dopo qualche birra e qualche canna le cose prendono una piega ben diversa. Come andrà a fin...