Irlaviani, sergente maggiore Murrio Verdelli
Pianeta: Pritio Bis; città: Villa Pritiana, base imperiale
107M42La strigliata era arrivata.
Se lo aspettavano, ma era comunque una scocciatura. Oltre alla sfuriata di un maggiore basso e paffuto, che a Murrio ricordava uno topo obeso, si era aggiunto il confino fino a nuovo ordine.
Visto che dovevano spostarsi al fronte tra tre giorni, Murrio non si aspettava nuove visite al bar.
I Pritiani avevano gongolato mentre il loro ufficiale puniva il plotone, cementando l'idea di bambini che godono mentre il maestro rimprovera dei compagni di classe.
Il maresciallo Sidonia, in ogni caso, aveva promesso di levare personalmente la pelle a chiunque fosse stato trovato fuori dalla camerata.
Quello li aveva tenuti dentro.
Murrio, benedetto dall'avere una camera singola, si stava annoiando.
Era là dentro da solo un giorno, e già aveva esaurito tutto ciò che poteva fare. Aveva recuperato il sonno perso, aveva provato a leggere qualcosa, aveva perso a carte con il tenente Bianchini.
Scartoffie varie non ce n'erano, tutte quelle necessarie erano già state firmate, controfirmate e date agli Astropati perché fossero inoltrate.
Steso sulla branda, Murrio si stava limitando da ore a fissare il soffitto, provando a immmaginare come far crollare quella struttura.
Il motto dei genieri era "si può spaccare", e un passatempo comune al reparto era immaginare come demolire edifici nemici.
Aveva già preso in considerazione le cariche esplosive, l'indebolimento delle strutture portanti, e stava iniziando a elaborare come rimuovere le pareti esterne mantenendo il corpo centrale intatto.
Era un gioco noioso, sopratutto da soli, ma l'alternativa era fissare il soffitto e basta.
Quella situazione gli stava ricordando quando, da bambino, le tutrici dell'orfanotrofio lo sbattevano in punizione.
Se lo trovava stupido a sei anni, a ventitré Murrio non aveva ancora cambiato idea.
Il pensiero della struttura gli scacciò un po' la noia.
Lasciò vagare la mente in qualche ricordo veloce; la colta sorella Aquilia, con le sue interminabili storie su santi e martiri del Credo Imperiale, e le sue infinite litigate con la tecnoprete Gellia sul Culto Mechanicus.
Murrio adorava mettere zizzania tra le due, anche se spesso voleva dire una punizione doppia.
Ricordò anche la tutrice Nona, bassa, grassa, più larga che alta, e sempre disposta a farlo nascondere in cucina quando fuggiva da qualche marachella.
Il pensiero gli finì al vecchio Ulpio.
Da bambino gli aveva sempre fatto paura, con tutte le sue protesi cibernetiche che spuntavano da sotto la tunica grigia, ma ricordava anche i suoi sermoni appassionati sul Dio Macchina, sull'Omnissiah incarnata dall'Imperatore, sulla Forza Motrice che anima tutto.
Sospirando, Murrio tirò fuori dalla maglia un piccolo pendente, una catenina di ferro con legato il teschio del mechanicus, metà umano e metà macchina.
Glielo aveva dato Ulpio quando si era arruolato, come portafortuna; in cinque anni aveva fatto bene il suo lavoro.
Notando un alone di sporco sul ciondolo, il sergente maggiore si accorse anche di un certo odore che veniva da sé stesso.
Tra festeggiamenti e spostamenti, forse era una settimana intera che non faceva una doccia.
Visto che sarebbero stati trasferiti al fronte presto, tanto valeva approfittarne.
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Le Guerre di Pritio - Il Dovere di un Soldato
Science FictionIn riscrittura Storia ambientata nell'universo di Warhammer 40k Il pacifico mondo di Pritio viene sconvolto dalle fiamme della rivolta; stanchi del giogo dell'Imperium dell'Uomo, i suoi abitanti sono pronti a giurare fedeltà al Bene Superiore, l'ide...