Capitolo 5

536 26 2
                                    


POV'S PIETRO

Mi sono ritrovato molte volte a pensare a come sarebbe potuta andare se solo avessi trovato quella briciola di coraggio, quella minuscola piccola parte di coraggio, per spiegare come mi stessi sentendo.

Lasciare Leo è stata una delle decisioni più difficili degli ultimi tempi.

Tutt'ora non riesco a definire i motivi che mi hanno portato a compiere quel gesto, era un periodo strano.

Non sono mai stato un ragazzo tranquillo, l'ansia e le paranoie mi avevano sempre accompagnato. Tutto questo successo all'improvviso mi aveva destabilizzato, probabilmente ne avrò avuto anche paura, sì.

Provai a parlarne con Leo, ma ogni volta le parole mi morivano in bocca. Passavo pomeriggi ad ascoltarle ripetere per i compiti in classe, stesi sul letto e lei fra le mie gambe. Brevi rimproveri quando capiva che non l'ascoltavo più e le accarezzavo solo i capelli.

Non ce la facevo a dirle cosa stessi attraversando, non quando la vedevo così concentrata.

E forse dentro di me, quella situazione mi frustava.

In qualche modo lei avrebbe dovuto capirmi.

Anche se non parlavi, coglione?, continuò la mia coscienza mentre afferravo le chiavi della macchina e mi tiravo dietro il portone di casa.

La testa ancora mi scoppiava per i postumi della sera prima, l'alcool aveva fatto la sua parte ma era Eleonora che si era insidiata nella mia mente.

È stata una delle notti più belle.

Mi era mancato il suo viso arrossato, la pelle morbida, quelle labbra piene, quelle sensazioni che provavo quando ero con lei.

Eleonora mi faceva sentire un ragazzino. La volevo, sempre, subito, non tolleravo i "no" e mi spazientivo senza le sue attenzioni, lanciavo frecciatine per punzecchiarla.

L'unica ragazza per cui mi sono preso un occhio nero.

L'unica che mi ha fatto iniziare a chiedere "scusa" quando ero in torto.

L'unica che aveva ispirato buona parte delle mie strofe.

Perderla è stato da stupidi.

Continuavo a rimuginare su questi pensieri mentre scalavo le marce e guidavo proprio verso casa sua.

Con i ragazzi avevamo pianificato di fare un salto all'ottobit, incontrandoci proprio sotto casa di Andrea, sì la stessa casa da cui ero stato cacciato la stessa mattina.

Scesi, e mi accorsi che l'ultimo.

"Oh il principino ci degna della sua presenza" mi accolse Marco venendomi incontro e azzuffando i miei capelli.

"Coglione" risi "Avevo bisogno di riposare"

"Ci credo, ieri sera non riuscivi nemmeno a parlare. Eri un puzzle" continuò invece Dario.

"Nah, era comunque in grado di agire" disse lapidario Andrea.

Incrociai il suo sguardo.

Quella mattina non mi aveva parlato, si era limitato a guardarmi e richiudersi in stanza.

Io, dal canto mio, non mi fermai a cercargli di spiegare la situazione. Me ne andai, ancora incazzato per le parole di Leo.

Non avevo idea di cosa si fossero detti loro due, e forse non ero nemmeno sicuro di volerlo sapere. Andrea è un fratello per me, ma la consapevolezza di aver deluso anche lui qualche tempo prima ancora mi appesantiva. Con il tempo, aveva ricominciato a parlarmi, avevamo ristabilito dei rapporti civili.

nero mascaraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora