𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝟏.𝟐

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𝐋'𝐢𝐧𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐞 𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐨𝐦𝐞𝐬𝐬𝐚

Jason riaprì gli occhi e si ritrovò su un divano a due posti color cachi. Si trovava in una stanza sommersa di luce e libri, che sembrava essere uno studio.

Era solo, nella stanza non c'era nessuno. Si guardò intorno con sguardo più curioso che spaventato, vide numerose librerie a muro in legno antico che circondavano la stanza lasciando solo una parete libera, quella occupata da una grossa vetrata.

Si trovava piuttosto in alto, riusciva a vedere all'orizzonte delle montagne e qualche lago e proprio sotto l'edificio in cui si trovava, circa 200 metri più in basso si estendeva per qualche chilometro un regno. Che si trovasse sulla torre più alta di un castello medievale?

Eppure il ragazzo non riusciva a capire che fosse finito lì.

La misteriosa figura che nella radura aveva riso di lui l'aveva immaginata? Era la stessa persona artefice del suo svenimento e che quindi l'aveva portata in quel posto? Ma dov'era questo posto?! Jason si guardò ancora intorno cercando altri indizi che gli facessero capire dove miseria si trovasse ma non trovò nulla.

Prese uno dei tanti libri poggiati sul tavolino da caffè posto proprio davanti al divano e provò a leggerne il titolo, non era una lingua a lui comprensibile... osservando attentamente non gli sembrava neanche una lingua ancora in uso al giorno d'oggi.

Notò avanti a lui il camino acceso, si rese conto solo in quel momento di avere sulle spalle il mantello blu cobalto che aveva visto di sfuggita prima di perdere coscienza. Effettivamente nonostante le premure percepiva ancora un po' di freddo, eppure era estate...

Il flusso di coscienza di Jason fu interrotto dal rumore di passi che si avvicinavano, la porta della stanza si aprì e ne comparve la figura possente del re dei Goblin. Lo aveva riconosciuto dal suo sogno ricorrente, aveva gli stessi capelli bruni e lunghi fino alle spalle, indossava una corona in argento a fasciargli la testa e abiti in lana. Una sopravveste blu con maniche ampie e bordi ricamati gli copriva le spalle ma nonostante questa si poteva notare la sua corporatura atletica ed infine indossava una stretta cintura che gli fasciava la vita.

Inizialmente il suo sorriso sempre rassicurante era ombrato da pensieri infelici, ma appena notò il suo giovane ospite sveglio e attento a studiarlo, cambiò istantaneamente espressione mettendo su il suo classico sorriso caloroso.

"Sei sveglio finalmente, sei stato bene in mia assenza?" Il re chiuse la porta dietro di sé ed avanzò di qualche passo. Jason non gli rispose, troppo confuso per parlare e ancora impegnato a studiare i dettagli di quel viso che piano piano stava imparando a conoscere.

"Sarai un po' scosso immagino, è normale... mi sembra però di vedere che tu sia in ottime condizioni Jason. Mi riempie di gioia constatarlo." Gli sorrise, tutto il suo volto emanava felicità.

"Questo è un sogno, vero?" Chiese lentamente il bambino.

"Beh una specie... a te sembrerà di aver sognato."

"Prima mi hai chiamato Jason, come fai a sapere che è il mio nome? Non ci conosciamo." Prima di rispondergli il re mise su un sorriso furbo simile ad un ghigno.

"Hai ragione piccoletto, però pur non essendoci mai presentati io so che anche tu conosci il mio nome, vero?" Jason si sentì come smascherato e provò un leggero imbarazzo che gli fece distogliere lo sguardo. Re Silas prese quel gesto come una piccola vittoria.

Ancora ghignante si avvicinò ad una delle grandi librerie e prese tra le mani un libro verde, poi si girò e si avvicinò al divano dove era ancora seduto il più giovane.

Bolle di SaponeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora