Parte Terza

2 0 0
                                    

29

Il carcere romano di Princeps Legis era stato edificato agli inizi degli anni Duemila, più che altro per spalmare il numero eccessivo di detenuti presenti nei luoghi detentivi già esistenti. Nonostante l'altisonante nome, il sedicente "Principe Della Legge" era amministrato da Teodoro Carmineo, losco personaggio che era riuscito ad ottenerne la direzione. Un tizio meritevole di esser disturbato una volta ogni tanto, visto l'edificio che si trovava ad amministrare. I suoi disturbatori, oltre a forze dell'ordine e magistrati, erano anche i giornalisti ficcanaso come Michele Longone, forse l'unico ad aver fatto qualcosa per evidenziare le storture del penitenziario e, soprattutto, di Carmineo stesso. I problemi di quel posto erano sostanzialmente due: i metodi da mazziere, che il direttore aveva conservato dalla sua scalmanata giovinezza ed impartito alle guardie che lavoravano lì, e giri di bustarelle. Per dirigere ed amministrare un penitenziario occorre una laurea con annessa specialistica e bisogna avere la fedina penale pulita. Carmineo aveva avuto tutte e tre le cose. Fu proprio quella professione, a fargli sporcare le mani.

Quel sei febbraio, verso il tardo pomeriggio/sera presto, il signor Carmineo aveva ricevuto una telefonata anonima all'apparecchio fisso del suo studio.

"Signor Carmineo? Nella sua struttura ci sono tale Magrini Francesco, un certo Crimi Paolo e... -la voce da cartone animato aveva tentennato un attimo- un certo Ulco. Ora il nome non mi sovviene, egregio signor direttore, ma lei saprà bene di chi parlo. Tutti loro sono qui, vero?"

Carmineo era sbiancato in volto e sudava freddo. Gli tremavano le mani e le ginocchia, anche per quella voce grottescamente contraffatta.

"S-sì...ma chi parla? Guardi che sto registrando la telefonata! È un mio dovere!" aveva detto terrorizzato.

"Non sono affari che la riguardano, Carmineo. Lei manderà i suoi secondini a togliere di mezzo i gentiluomini che ho nominato prima. Cosa sono se non feccia? Non è d'accordo?" aveva risposto la voce da cartone animato.

Carmineo aveva ansimato al telefono, in segno di replica a quella domanda forcaiola del suo interlocutore, ma non aveva proferito parola, tanta era l'angoscia. Da piccolo aveva visto quel cazzo di film, "Merletto Di Mezzanotte" (1960), dove una donna veniva terrorizzata al telefono da un maniaco. Il film di David Miller lo aveva terrorizzato, avendolo visto a otto anni. Quella voce gli era parsa molto simile a quella dello psicopatico della pellicola.

"Le conviene esaudire le mie richieste, direttore! –aveva detto ancora la voce- Nessuno sa chi ha ucciso Longone. Quanto rompeva, quel ragazzo. Le ha dato anche filo da torcere in un suo articolo, mi pare..."

Carmineo aveva annuito, come se il suo interlocutore fosse stato di fronte a lui.

"Arguisco che lei stia annuendo, direttore-bello! Arguisco anche che, non avendo ancora scoperto l'assassino di Longone il ficcanaso, è un tutti contro tutti, nella folta schiera della brava gente che ha accusato nelle sue inchieste. Lo sa cosa vuol dire? Vuol dire che qualcuno dei tre gentiluomini che le ho citato prima potrebbe parlare e accusare LEI, di quel delitto. Poco importa se lo ha ucciso lei in persona, anche se io avrei alcune cosette pronte ad incastrarla. Li uccida, direttore, se non vuole passare dall'altra parte del gabbio! Non minaccio di far male ai suoi, perché lei non ha nessuno!"

Poi aveva chiuso la chiamata. Carmineo si era seduto un momento in poltrona a riflettere. O ammazzava dei suoi detenuti o finiva al gabbio, incastrato da quell'odiosa voce da cartone animato, per l'omicidio di Longone. Un bluff? Può darsi, ma la lista dei nemici del giornalista ucciso era arcinota, specie fra i nemici stessi. Aveva preso, poi, la cornetta del telefono fisso nel suo ufficio e aveva interpellato tre fra i suoi secondini più esaltati e cattivi.

Michele Longone, giornalistaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora