Prologo

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"A chi danza tra le ombre, a chi trova bellezza nell'imperfezione e poesia nel caos. Questa storia è per te che ami i cattivi, perché sono più reali, più umani, più veri. Perché  l'oscurità non spaventa, ma affascina. Che tu possa perderti tra queste pagine e scoprire che anche nell'abisso più buio e gelido, c'è luce"





Un anno prima

La chiazza cremisi si espanse lenta e vorace, divorando il pregiato parquet della zona relax del sottoscala. Un angolo di lusso, dove ogni sabato sera i fratelli Van Rosenborne si rilassavano tra il ticchettio delle stecche da biliardo e il calore del costosissimo bourbon rubato dalla collezione di loro padre Edward.

Edgar, il maggiore dei fratelli, non tradiva emozioni. Calmo come un oceano al tramonto, osservava la chiazza di sangue espandersi senza battere ciglio, mentre gli altri si lasciavano sopraffare dal panico.

I suoi occhi scuri, due sfere di onice, scrutavano il disastro senza nemmeno un sussulto, come se fosse solo un dettaglio insignificante. La mente di Edgar era già al di là della carneficina, oltre l'immediato.

Vincent, il più giovane, era una polveriera pronta a esplodere. Con i suoi occhi nocciola in burrasca e le mani tremanti, cominciò a dare calci e pugni ai mobili e alle pareti, il suo respiro affannato e rabbioso echeggiava tra le mura dorate della villa. Era sempre stato così, la pecora nera della famiglia. Il suo temperamento collerico non faceva che peggiorare la situazione.

I gemelli, Hugh e Harry, respiravano a fatica, i loro occhi cerulei fissi nel vuoto. Sembravano un'unica persona spezzata in due, l'immagine del terrore che si stava facendo strada tra di loro. Un brivido ghiacciato si diramava dietro le loro nuche, erano incapaci di reagire.

Solo il battito del loro cuore era più forte della paura che li avvolgeva.
«Cazzo, cazzo, cazzo! Cosa facciamo adesso? Perde ancora sangue» esclamò Vincent passandosi con frustrazione le dita tatuate tra i capelli biondi e ondulati, mentre lo sguardo di Edgar non si distoglieva dal corpo steso sul pavimento.
«Sta calmo, Vin, e non toccare niente» intimò Edgar, arrotolando con estrema eleganza le maniche della camicia cucita su misura. La calma apparente del primogenito nascondeva una mente che già lavorava a una soluzione. Un passo avanti, sempre.
«Calmo? È morta, cazzo! È morta» urlò Vincent, la voce rotta dalla frustrazione.
Hugh e Harry si scambiarono uno sguardo spiritato e poi uno dei due si allontanò di poco e diede di stomaco nel cestino della carta.
L'altro gemello crollò a sedere sul divano incapace di proferire una singola sillaba.

Edgar fece un sospiro profondo, cercando di mantenere il controllo. L'odore del sangue gli bruciava le narici, ma non c'era spazio per il panico. Non c'era mai spazio per il panico.

«Pensi che io non me ne sia accorto?» disse, la sua voce gelida e autoritaria. «Ripeto, urge calma e concentrazione. I gemelli sono fin troppo agitati e tu stai per esplodere, in questo modo rischieremo di perdere tutto. Tutto».
Edgar non avrebbe mai rinunciato al suo potere, all'agio, e alla ricchezza, e avrebbe fatto di tutto per proteggere i suoi fratelli.
Avvertiva gravare sulle sue larghe spalle un'enorme responsabilità ma non era un peso per lui, era il suo destino.
Lui. Il primogenito, l'erede del patrimonio sconfinato di suo padre Edward, che sin da bambino gli avevano impartito saldi valori sulla famiglia, la fratellanza e il potere.
Usando maniere non proprio gentili, alcune, forse addirittura disumane.

Vincent emise un altro grugnito, scuotendo la testa con disprezzo, ma non disse altro. Invece, Hugh, con un gesto nervoso, si portò una mano al volto, come a voler nascondere la vergogna. Ma nulla avrebbe potuto nascondere ciò che avevano fatto. Edgar lo sapeva. Sapeva che nulla sarebbe stato più lo stesso.
«Dobbiamo sbarazzarci del corpo e ripulire tutto» mormorò Vincent, come se la sua mente stesse cercando di razionalizzare l'irreparabile.
«C...cosa?» balbettò Hugh, sotto shock.
Vincent lo fissò con uno sguardo infuocato. «Vuoi tenerla qui in bella mostra?».

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