I fratelli Van Rosenborne dominano Elkhart Lake, una cittadina incastonata tra le sponde di un lago smeraldino.
Per gli abitanti, sono l'incarnazione del privilegio e della perfezione: giovani, brillanti, e apparentemente intoccabili.
Edgar, il mag...
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Cazzo!
Con il cuore che mi pulsa in gola e nei polsi, mi allontano a passo svelto da Edgar Van Rosenborne, avvertendo la sua ombra oscura seguirmi da lontano, sento quasi afferrarmi per il collo, sbattermi contro il muro e spingere i canini nella mia pelle soffice, abbeverandosi di me.
Esatto, lo immagino come Nosferatu, il principe delle tenebre, assetato di sangue... assetato di vita e di ogni mia pulsazione.
Inizio a camminare più rapidamente, il ticchettio dei miei stivaletti echeggia nel corridoio silenzioso, mi porto una mano al collo, lì, dove la sua, con ferocia e perfidia, ha strappato via il mio cravattino, mozzandomi il respiro.
Giro svelta l'angolo e mi precipito nel bagno, chiudendomi la porta alle spalle. Una volta al sicuro, ritorno a respirare con naturalezza.
Un respiro. Due respiri. Tre respiri.
I miei occhi perlustrano la vasta stanza, dalle pareti di pietra all'alto soffitto dalle volte ogivali, ogni angolo della Kingly Academymi ricorda il castello di Hogwarts, ma non nel suo periodo fiorente... bensì quando fu presa d'assalto da Voldermort e i suoi seguaci.
Tutto si tinge di oscurità e decadenza, di terrore e magia nera che spaventa ma affascina.
Davanti allo specchio a passarsi del correttore sul viso, in un punto violaceo, proprio sotto l'occhio destro, c'è una bellissima ragazza bionda dall'aspetto angelico, mi pare di averla già vista... sì era presente anche lei alla festa dei Van Rosenborne. La osservo, tenendo la mano sul petto, come se potessi placare le pulsazioni impazzite del cuore, ma so bene che quel dannato muscolo ha vita propria e non mi dà ascolto. Mi concentro su altro, studiando l'aspetto della bionda. L'uniforme le calza a pennello, la sua giacca è impreziosita da una elegante spilla a forma di scarpette di danza, i capelli sono semi raccolti e ordinati, non ha una singola cosa fuori posto, se non fosse per quel brutto segno sulla faccia.
«Per quanto altro tempo vorresti restare lì a fissarmi con quella faccia inebetita, borsista?»
Distolgo in fretta lo sguardo, sentendomi a disagio e traggo un lungo sospiro, spostandomi accanto a lei, davanti a uno dei lavabi, e mi rifletto allo specchio notando l'ombra arrossata che quello psicopatico di Edgar mi ha lasciato sul collo quando mi ha strappato la cravatta.
«Il mio nome è Mavis, non mi chiamo borsista» puntualizzo. La bionda pesca dalla sua Chanel un lipgloss costoso e lo passa più volte sulle sue labbra turgide. «Pensi che me ne freghi qualcosa del tuo nome, o di te?» Alza un sopracciglio chiaro, spostando i suoi occhi celesti su di me, con un'aria di superiorità che mi fa attorcigliare lo stomaco.
«Ti consiglio di imparare ad annodarti la cravatta e di stare alla larga dai re di Elkhart Lake, se non vuoi diventare il loro nuovo giocattolo preferito» aggiunge. Poi mi rivolge un sorriso forzato, si aggiusta i ciuffi che le incorniciano il viso da angelo e si allontana, con passi aggraziati, quasi come se stesse danzando sul palco di un teatro e non lasciando il cesso di una dannata scuola. Afferro il bordo del lavabo con entrambe le mani, avvertendo la rabbia mista a paura prendere possesso delle mie vene, poi apro il rubinetto di ottone e faccio scorrere l'acqua, fin quando non diventa gelata, ne raccolgo un po' e me la schiaffo in faccia più e più volte.